Paramenti verdi.
Se questa Domenica
fosse impedita dalla Settuagesima, né potrà esser recuperata dopo Pentecoste, la
si anticipa al sabato con tutti i privilegi propri della Domenica e perciò si
dice il Gloria in excelsis, il Credo e il Praefatio de Sanctissima Trinitate.
La
Santa Messa della Terza Domenica dopo l'Epifania si riallaccia al Tempo di
Natale, pertanto l'Introitus, il Graduale, l'Alleluja, l'Offertorium e il Communio ci
manifestano che Nostro Signore Gesù Cristo è vero Dio e vero Uomo, che opera
prodigi, e che bisogna adorarlo. La Santa Chiesa continua, infatti, in questo Tempo dopo l'Epifania, a dichiarare la divinità di Cristo e quindi la sua
regalità su tutti gli uomini. È il Re dei Giudei, è il Re dei Gentili. Così la Santa
Chiesa sceglie in San Matteo una pericope evangelica nella quale Gesù opera un doppio miracolo
per provare agli uni e agli altri d'essere veramente il Figlio di Dio. Il primo
miracolo è per un lebbroso, il secondo per un centurione. Il lebbroso
appartiene al popolo di Dio, e deve sottostare alla legge di Mosè. Il
centurione, invece, non è della razza d'Israele, a testimonianza del Salvatore.
Una parola di Gesù purifica il lebbroso, e la sua guarigione sarà constatata
ufficialmente dal Sacerdote, perché sia loro testimonianza della divinità di
Gesù (Evangelium). Quanto al centurione - ufficiale che comandava cento soldati
della legione romana -, questi attesta con le sue parole umili e confidenti che
la Santa Chiesa mette ogni giorno sulle nostre labbra alla Santa Messa, che
Cristo è Dio. Lo dichiara anche con la sua argomentazione tratta dalla carica
che egli ricopre: Gesù non ha che da dare un ordine, perché la malattia gli
obbedisca. E la sua fede ottiene il grande miracolo che implora. Tutti i popoli
prenderanno dunque parte al banchetto celeste nel quale la divinità sarà il
cibo delle loro anime. E come nella sala di un festino tutto è luce e calore,
le pene dell'inferno, castigo a quelli che avranno negato la divinità di Cristo, sono
figurate con il freddo e la notte che regnano al di fuori, da queste «tenebre
esteriori» che sono in contrasto con lo splendore della sala delle nozze. Alla
fine del discorso sulla montagna «che riempì gli uomini d'ammirazione» (Matt
7:28), San Matteo pone i due miracoli dei quali ci parla l'Evangelium. Essi
stanno dunque a confermare che veramente «dalla bocca di un Dio viene questa
dottrina che aveva già suscitato l'ammirazione» nella Sinagoga di Nazaret
(Communio).
Facciamo
atti di fede nella divinità di Nostro Signore Gesù Cristo, e, per entrare nel
suo regno, accumuliamo, con la nostra carità, sul capo di quelli che ci odiano
dei carboni di fuoco (Epistola), cioè sentimenti di confusione che loro
verranno dalla nostra magnanimità, che non daranno ad essi riposo finché non
avranno espiato i loro torti. Così realizzeremo in noi il mistero dell'Epifania
che è il mistero della regalità di Nostro Signore Gesù Cristo su tutti gli
uomini. Uniti nella fede in Cristo, devono quindi tutti amarsi come fratelli.
«La grazia della fede in Gesù opera la carità» dice Sant'Agostino (II Notturno
del Mattutino).
Dall'Esposizione
di Sant'Agostino Vescovo sull'Epistola ai Galati.
Prefazione,
tomo 4.
La causa, per cui
l'Apostolo scrive ai Galati, è questa: far comprendere che effetto della grazia
di Dio è che non siano più sotto il giogo della legge. Infatti, quando fu loro
annunziata la grazia del Vangelo, non mancarono certuni provenienti dalla circoncisione (giudaismo), i quali, sebbene Cristiani di nome ma che non apprezzavano ancora
pienamente il beneficio della grazia, volevano rimanere ancora soggetti alle
prescrizioni onerose della legge, che il Signore Dio aveva imposto non a dei
servi della giustizia, ma a degli schiavi del peccato, dando cioè una legge
giusta ad uomini ingiusti, non per purificarli dei loro peccati, ma per farli
loro conoscere. Ebbene solo la grazia della fede, che opera mediante la carità,
cancella i peccati.
Sebbene i Galati
fossero già stabiliti sotto il giogo di questa grazia, quelli volevano
ricondurli sotto il giogo della legge, affermando che nulla sarebbe loro
giovato il Vangelo, se non venivano circoncisi, e se non adottavano le altre
osservanze esteriori del rito giudaico. E quindi avevano cominciato a ritenere
sospetto l'Apostolo Paolo, che aveva loro predicato il Vangelo, come uno che
non seguiva la stessa regola degli altri Apostoli, che obbligavano i Gentili a
praticare i riti giudaici.
Di simile
questione si tratta pure nell'Epistola ai Romani; tuttavia pare che ci sia una
qualche diversità, perché in quella scioglie le contestazioni e compone le
dissensioni sorte fra i Cristiani venuti dal Giudaismo e quelli che erano
venuti dal Gentilesimo: pretendendo i primi che il Vangelo era stato loro
annunziato in ricompensa dei meriti delle opere che avevano fatto sotto la
legge, e che agli incirconcisi, non meritando questa ricompensa, non si doveva
dare; mentre questi pretendevano d'esser preferiti ai Giudei siccome uccisori
del Signore. Ma in questa lettera scrive a quelli che erano già stati turbati
dall'autorità dei Giudaizzanti, che li spingevano alle osservanze legali.
INTROITUS
Ps
96:7-8. Adoráte
Deum, omnes Angeli ejus: audívit, et laetáta est Sion: et exsultavérunt fíliae Judae. Ps 96:1. Dóminus regnávit,
exsúltet terra: laeténtur ínsulae multae. ℣. Glória Patri, et Fílio, et Spirítui
Sancto. ℞. Sicut erat in princípio, et nunc, et semper, et in saecula
saeculórum. Amen. Adoráte Deum, omnes Angeli ejus: audívit, et laetáta est Sion:
et exsultavérunt fíliae Judae.
Ps
96:7-8. Adorate Dio, voi tutti Angeli suoi: Sion ha udito e se ne è rallegrata:
ed hanno esultato le figlie di Giuda. Ps 96:1. Il Signore regna, esulti la
terra: si rallegrino le molte genti. ℣. Gloria al Padre e al Figlio e allo
Spirito Santo. ℞. Come era nel principio e ora e sempre nei secoli dei secoli.
Amen. Adorate Dio, voi tutti Angeli suoi: Sion ha udito e se ne è rallegrata:
ed hanno esultato le figlie di Giuda.
Gloria (non si dice quando tale Santa Messa si riprende nei giorni feriali)
ORATIO
Orémus.
Omnípotens
sempitérne Deus, infirmitatem nostram propítius réspice: atque, ad protegéndum
nos, déxteram tuae majestátis exténde. Per Dominum nostrum Jesum Christum,
Filium tuum, qui tecum vivit et regnat in unitate Spiritus Sancti Deus, per
omnia saecula saeculorum. Amen.
Preghiamo.
Onnipotente e
sempiterno Iddio, volgi pietoso lo sguardo alla nostra debolezza, e a nostra
protezione stendi il braccio della tua potenza. Per il nostro Signore Gesù
Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, in unità con lo Spirito
Santo, per tutti i secoli dei secoli. Amen.
L'Epistola
ai Romani, che la Santa Chiesa in questo periodo liturgico legge nella Santa Messa, è
consacrata a mostrare che Giudei e Gentili sono chiamati a far parte del regno di
Cristo e ad essere gli uni e gli altri, membri del corpo mistico di cui Cristo
è il Capo. Tutti, essendo oggetto della misericordia divina, e un sol corpo in
Gesù Cristo, devono amarsi come fratelli e lasciare a Dio il pensiero di
vendicare il male che loro vien fatto; perché dopo la misericordia di Gesù,
verrà la giustizia ed allora Gesù renderà a ciascuno secondo le proprie opere.
LECTIO
Léctio Epístolae Beáti
Pauli Apóstoli ad Romános.
Rom
12:16-21.
Fratres: Nolíte
esse prudéntes apud vosmetípsos: nulli malum pro malo reddéntes: providéntes
bona non tantum coram Deo, sed étiam coram ómnibus homínibus. Si fíeri potest,
quod ex vobis est, cum ómnibus homínibus pacem habéntes: Non vosmetípsos
defendéntes, caríssimi, sed date locum irae. Scriptum est enim: Mihi vindícta:
ego retríbuam, dicit Dóminus. Sed si esuríerit inimícus tuus, ciba illum: si
sitit, potum da illi: hoc enim fáciens, carbónes ignis cóngeres super caput
ejus. Noli vinci a malo, sed vince in bono malum.
Lettura
dell'Epistola del Beato Paolo Apostolo ai Romani.
Rom
12:16-21.
Fratelli, non vogliate essere sapienti ai vostri occhi: non rendete male per male:
abbiate cura di fare bene non solo agli occhi di Dio, ma anche davanti agli
uomini. Se è possibile, per quanto sta da voi, siate in pace con tutti: non
difendete voi stessi, carissimi, ma date luogo all'ira. Sta scritto infatti:
Mia è la vendetta: io farò ragione, dice il Signore. Se il tuo nemico ha fame,
dagli da mangiare, se ha sete, dagli da bere: poiché, così facendo, radunerai
carboni ardenti sopra la sua testa. Non voler esser vinto dal male, ma vinci il
male col bene.
GRADUALE
Ps 101:16-17. Timébunt
gentes nomen tuum, Dómine, et omnes reges terrae glóriam tuam. ℣. Quóniam aedificávit Dóminus Sion, et vidébitur in majestáte sua.
Ps 101:16-17. Le genti temeranno il tuo nome, o Signore: tutti i re della terra la
tua gloria. ℣. Poiché il Signore ha edificato Sion: e si è mostrato nella sua
potenza.
ALLELUJA (si dice anche quando tale Santa Messa si riprende nei giorni feriali)
Allelúja, allelúja.
Ps 96:1. ℣.
Dóminus regnávit, exsúltet terra: laeténtur ínsulae multae. Allelúja.
Alleluia,
alleluia. Ps 96:1. ℣. Il Signore regna, esulti la terra: si rallegrino le molte
genti. Alleluia.
Dopo
il sermone della montagna, il Signore guarì il lebbroso. San Girolamo rileva
che «bene a proposito, dopo la predicazione e l'istruzione, si presenti
l'occasione di un prodigio, affinché per la forza del miracolo sia confermata
«presso gli uditori» la parola che avevano ascoltato. Il Signore stende la mano
sull'infermo (cfr. Offertorium) e subito la lebbra scompare. Gesù dice: lo
voglio (Volo) e comanda: sii guarito (mundare)».
I
due miracoli di Nostro Signore Gesù Cristo, di cui parla l'Evangelium, provano la sua divinità e fanno
vedere quello che Egli ha fatto per i Giudei e per i Gentili, essendo egli
venuto a guarirli dalla lebbra e dalla paralisi del peccato. Beati quelli che
avranno creduto in Gesù, e saranno stati guariti da Lui. Gli altri saranno
espulsi dal suo regno, quando questo Re sovrano ritornerà alla fine dei secoli
per castigare i cattivi e compensare i buoni.
EVANGELIUM
Sequéntia ✠
sancti Evangélii secúndum Matthaeum.
Matt
8:1-13.
In illo témpore:
Cum descendísset Jesus de monte, secútae sunt eum turbae multae: et ecce, leprósus
véniens adorábat eum, dicens: Dómine, si vis, potes me mundáre. Et exténdens Jesus manum, tétigit eum, dicens: Volo. Mundáre. Et conféstim mundáta est lepra
ejus. Et ait illi Jesus: Vide, némini díxeris: sed vade, osténde te sacerdóti,
et offer munus, quod praecépit Móyses, in testimónium illis. Cum autem
introísset Caphárnaum, accéssit ad eum centúrio, rogans eum et dicens: Dómine,
puer meus jacet in domo paralýticus, et male torquetur. Et ait illi Jesus: Ego
véniam, et curábo eum. Et respóndens centúrio, ait: Dómine, non sum dignus, ut
intres sub tectum meum: sed tantum dic verbo, et sanábitur puer meus. Nam et
ego homo sum sub potestáte constitútus, habens sub me mílites, et dico huic:
Vade, et vadit; et alii: Veni, et venit; et servo meo: Fac hoc, et facit.
Audiens autem Jesus, mirátus est, et sequéntibus se dixit: Amen, dico vobis,
non inveni tantam fidem in Israël. Dico autem vobis, quod multi ab Oriénte et
Occidénte vénient, et recúmbent cum Abraham et Isaac et Jacob in regno
coelórum: fílii autem regni ejiciéntur in ténebras exterióres: ibi erit fletus
et stridor déntium. Et dixit Jesus centurióni: Vade et, sicut credidísti, fiat
tibi. Et sanátus est puer in illa hora.
Seguito
✠ del santo Vangelo secondo Matteo.
Matt
8:1-13.
In
quel tempo, essendo Gesù disceso dal monte, lo seguirono molte turbe: ed ecco
un lebbroso che, accostatosi, lo adorava, dicendo: Signore, se vuoi, puoi
mondarmi. Gesù, stesa la mano, lo toccò, dicendo: Lo voglio. Sii Mondato. E
tosto la sua lebbra fu guarita. E Gesù gli disse: Guarda di non dirlo ad alcuno:
ma va', mostrati al sacerdote, e offri quanto prescritto da Mosè, onde serva a
loro di testimonianza. Entrato poi in Cafarnao, andò a trovarlo un centurione,
raccomandandosi e dicendo: Signore, il mio servo giace in casa, paralitico, ed
è malamente tormentato. E Gesù gli rispose: Verrò, e lo guarirò. E il
centurione disse: Signore, non son degno che tu entri sotto il mio tetto, ma
di' solo una parola e il mio servo sarà guarito. Perché anch'io, sebbene
soggetto ad altri, ho sotto di me dei soldati, e dico a uno: Va', ed egli va; e
all'altro: Vieni, ed egli viene; e al mio servo: Fai questo, ed egli lo fa.
Gesù, udite queste parole, ne restò ammirato, e a coloro che lo seguivano,
disse: Non ho trovato fede così grande in Israele. Vi dico perciò che molti
verranno da Oriente e da Occidente e siederanno con Abramo, Isacco e Giacobbe
nel regno dei cieli, ma i figli del regno saranno gettati nelle tenebre
esteriori: ove sarà pianto e stridore di denti. Allora Gesù disse al
centurione: Va', e ti sia fatto come hai creduto. E in quel momento il servo fu
guarito.
Omelia
di San Girolamo, Prete.
Libro
1 Commento al cap. 8 di Matteo.
Discendendo il
Signore dal monte, gli si fanno incontro le turbe, perché non avevano potuto
salire in alto. E per primo gli si fa innanzi un lebbroso: infatti, a motivo della
lebbra, non aveva potuto ancora udire sul monte il gran discorso del Salvatore.
Ed è da notare, che egli è il primo guarito in particolare; in secondo luogo, il servo del
centurione; in terzo luogo, la suocera di Pietro colpita da febbre in Cafarnao; in quarto
luogo, gli indemoniati che gli furono presentati e dai quali con una parola
scacciò gli spiriti, circostanza in cui guarì ancora tutti gli altri
malati.
Quand'ecco un
lebbroso si accosta e gli si prostra innanzi dicendo (Matt 8:2). Rettamente
dopo la predicazione e l'istruzione si offre l'occasione di un miracolo,
affinché per l'autorità del miracolo sia confermato presso gli uditori il
discorso tenuto dianzi. Signore, se vuoi, puoi mondarmi (Matt 8:2). Chi
prega di volere, non dubita del potere. E Gesù, stesa la mano, lo toccò
dicendo: Lo voglio, sii mondato (Matt 8:3). Nello stendere il Signore la
mano, subito andò via la lebbra. E allo stesso tempo osserva, che risposta umile e senza
iattanza. Quello aveva detto: Se vuoi; il Signore risponde: Lo voglio.
Quello aveva premesso: Puoi mondarmi; il Signore soggiunge e dice: Sii
mondato. Non dunque, come credono molti Latini, si deve congiungere e leggere: Voglio che sii mondato; ma separatamente, così che dica prima: Lo voglio;
poi ordini: Sii mondato.
E Gesù gli disse: Guardati dal dirlo ad alcuno (Matt 8:4). E in verità, che necessità c'era
di ostentare colla parola ciò che mostrava col corpo medesimo? Ma va' e mostrati al sacerdote (Ibi). Per più ragioni lo manda dal sacerdote: primo,
per umiltà, per mostrare che egli rendeva deferente onore ai sacerdoti. Difatti
la legge prescriveva, che quelli che erano stati mondati dalla lebbra, facessero
offerta ai sacerdoti. Poi, affinché, vedendo il lebbroso mondato, essi o
credessero al Salvatore o non ci credessero: se credessero, si salvassero; se
non ci credessero, fossero inescusabili. E anche perché, come l'accusavano
spessissimo, non sembrasse che violasse la legge.
Credo
OFFERTORIUM
Ps 117:16; 117:17. Déxtera
Dómini fecit virtutem, déxtera Dómini exaltávit me: non móriar, sed vivam, et
narrábo ópera Dómini.
Ps
117:16; 117:17. La destra del Signore ha fatto prodigi, la destra del Signore mi ha
esaltato: non morirò, ma vivrò e narrerò le opere del Signore.
SECRETA
Haec hóstia,
Dómine, quaesumus, emúndet nostra delícta: et, ad sacrifícium celebrándum,
subditórum tibi córpora mentésque sanctíficet. Per Dominum nostrum Jesum
Christum, Filium tuum, qui tecum vivit et regnat in unitate Spiritus Sancti
Deus, per omnia saecula saeculorum. Amen.
Quest'ostia,
o Signore, Te ne preghiamo, ci mondi dai nostri delitti e, santificando i corpi
e le anime dei tuoi servi, li disponga alla celebrazione del sacrificio. Per il
nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, in
unità con lo Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. Amen.
PRAEFATIO
DE SANCTISSIMA TRINITATE
Vere dignum et
justum est, aequum et salutáre, nos tibi semper et ubíque grátias ágere: Dómine
sancte, Pater omnípotens, aetérne Deus: Qui cum unigénito Fílio tuo et Spíritu
Sancto unus es Deus, unus es Dóminus: non in uníus singularitáte persónae, sed
in uníus Trinitáte substántiae. Quod enim de tua glória, revelánte te,
crédimus, hoc de Fílio tuo, hoc de Spíritu Sancto sine differéntia discretiónis
sentímus. Ut in confessióne verae sempiternaeque Deitátis, et in persónis
propríetas, et in esséntia únitas, et in majestáte adorétur aequálitas. Quam
laudant Angeli atque Archángeli, Chérubim quoque ac Séraphim: qui non cessant
clamáre cotídie, una voce dicéntes: Sanctus, Sanctus, Sanctus Dóminus, Deus
Sábaoth. Pleni sunt coeli et terra glória tua. Hosánna in excélsis. Benedíctus,
qui venit in nómine Dómini. Hosánna in excélsis.
È
veramente degno e giusto, conveniente e salutare, che noi, sempre e in ogni
luogo, Ti rendiamo grazie, o Signore Santo, Padre Onnipotente, Eterno Iddio:
che col Figlio tuo unigenito e con lo Spirito Santo, sei un Dio solo ed un solo
Signore, non nella singolarità di una sola persona, ma nella Trinità di una
sola sostanza. Così che quanto per tua rivelazione crediamo della tua gloria,
il medesimo sentiamo, senza distinzione, e di tuo Figlio e dello Spirito Santo.
Affinché nella professione della vera e sempiterna Divinità, si adori: e la
proprietà nelle persone e l'unità nell'essenza e l'uguaglianza nella maestà. La
quale lodano gli Angeli e gli Arcangeli, i Cherubini e i Serafini, che non
cessano ogni giorno di acclamare, dicendo ad una voce: Santo, Santo, Santo il
Signore Dio degli eserciti. I cieli e la terra sono pieni della tua gloria.
Osanna nell'alto dei cieli. Benedetto colui che viene nel nome del Signore.
Osanna nell'alto dei cieli.
Nei
giorni feriali in cui si riprende tale Santa Messa, si dice:
PRAEFATIO
COMMUNIS
Vere dignum et
justum est, aequum et salutáre, nos tibi semper et ubíque grátias agere: Dómine
sancte, Pater omnípotens, aetérne Deus: per Christum, Dóminum nostrum. Per quem
majestátem tuam laudant Angeli, adórant Dominatiónes, tremunt Potestátes. Coeli
coelorúmque Virtútes ac beáta Séraphim sócia exsultatióne concélebrant. Cum
quibus et nostras voces ut admitti jubeas, deprecámur, súpplici confessione
dicéntes: Sanctus, Sanctus, Sanctus Dóminus, Deus Sábaoth. Pleni sunt coeli et
terra glória tua. Hosánna in excélsis. Benedíctus, qui venit in nómine Dómini.
Hosánna in excélsis.
È
veramente cosa buona e giusta, nostro dovere e fonte di salvezza, rendere
grazie sempre e dovunque a Te, Signore, Padre santo, Dio onnipotente ed eterno,
per Cristo nostro Signore. Per mezzo di lui gli Angeli lodano la tua gloria, le
Dominazioni Ti adorano, le Potenze Ti venerano con tremore. A Te inneggiano i
Cieli, gli Spiriti celesti e i Serafini, uniti in eterna esultanza. Al loro
canto concedi, o Signore, che si uniscano le nostre umili voci nell'inno di
lode: Santo, Santo, Santo il Signore Dio degli eserciti. I cieli e la terra
sono pieni della tua gloria. Osanna nell'alto dei cieli. Benedetto colui che
viene nel nome del Signore. Osanna nell'alto dei cieli.
COMMUNIO
Luc
4:22. Mirabántur
omnes de his, quae procedébant de ore Dei.
Luc
4:22. Si meravigliavano tutti delle parole che uscivano dalla bocca di Dio.
POSTCOMMUNIO
Orémus.
Quos tantis,
Dómine, largíris uti mystériis: quaesumus; ut efféctibus nos eórum veráciter
aptáre dignéris. Per Dominum nostrum Jesum Christum, Filium tuum, qui tecum
vivit et regnat in unitate Spiritus Sancti Deus, per omnia saecula saeculorum.
Amen.
Preghiamo.
O
Signore, che ci concedi di partecipare a tanto mistero, degnati, Te ne
preghiamo, di renderci atti a riceverne realmente gli effetti. Per il nostro
Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, in unità con
lo Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. Amen.