Stazione a San
Pietro.
Doppio di I classe
con Ottava privilegiata di II ordine. Semidoppio (infra l'Ottava: 7-12 gennaio).
Paramenti bianchi.
La
solennità dell'Epifania di Nostro Signore Gesù Cristo, celebrata in Oriente sin
dal III secolo ed estesasi in Occidente verso la fine del IV secolo, nel suo
impianto liturgico generale, vuole celebrare la Manifestazione - ecco ciò che significa la parola «Epifania» - del divin Verbo Incarnato
nell'adorazione tributatagli dai Magi d'Oriente, nel Battesimo impartito a
Nostro Signore Gesù Cristo da San Giovanni Battista nel Giordano e, infine, nel
primo miracolo di Nostro Signore Gesù Cristo presso le nozze di Cana. Il
suddetto triplice significato risuona nell'Officio dei Secondi Vespri di tale
solennità: «Tre miracoli hanno illustrato il santo giorno che celebriamo: oggi
la stella condusse i Magi al presepio: oggi fu cambiata l'acqua in vino alle
nozze: oggi Cristo volle essere battezzato nel Giordano da Giovanni per salvar
noi, alleluia» (Antifona al Magnificat).
Come
il Natale anche l'Epifania è il mistero di un Dio che si fa visibile; ma non
più soltanto ai Giudei, bensì anche ai Gentili, cui in questo giorno Dio rivela
il suo Figlio (Oratio). Il profeta Isaia scorge in una grandiosa visione, la Santa
Chiesa, rappresentata da Gerusalemme, alla quale «accorrono i re, le nazioni,
la moltitudine dei popoli. Essi vengono di lontano con le loro numerose
carovane, cantando le lodi del Signore e offrendogli oro e incenso» (Epistola).
«I re della terra adoreranno Dio e le nazioni gli saranno sottomesse» (Offertorium).
Questa profezia si realizza nel mistero, oggi celebrato e su cui la Santa
Chiesa Romana pone l'enfasi: l'adorazione
dei Magi (Evangelium), che indica la rivelazione del vero Dio ai Gentili e
la vocazione universale alla salvezza in Nostro Signore Gesù Cristo mediante la
Santa Chiesa che è il vero popolo eletto formato da tutti coloro, Ebrei e
Pagani, che credono in Nostro Signore Gesù Cristo. Quello stesso Nostro Signore
Gesù Cristo che i doni dei Magi proclamano Re
da amare (oro), Dio da adorare
(incenso) e Uomo dei dolori che per
la sua Passione e Morte ci ha redenti (mirra).
Inoltre,
tale solennità ha un'altra peculiarità: mentre il Natale celebra l'unione della
divinità con l'umanità di Cristo, l'Epifania celebra l'unione mistica delle
anime con Nostro Signore Gesù Cristo.
Ad
Alessandria d'Egitto pubblicavasi ogni anno, il 6 gennaio, l'Epistola Festalis, lettera pastorale in
cui il vescovo annunziava la festa di Pasqua dell'anno corrente. Di qui nacque
l'uso delle lettere pastorali in principio di Quaresima. In Occidente, il IV
sinodo di Orléans (541) ed il sinodo d'Auxerre (tra il 573 e il 603)
introdussero la stessa usanza. Nel Medioevo vi si aggiunse la data di tutte le
feste mobili. Il Pontificale Romano prescrive di cantar oggi solennemente, dopo
il Vangelo, detto annunzio.
Oggi
si tiene la Stazione nella Basilica di San Pietro in Vaticano: il Principe
degli Apostoli ha infatti ricevuto in eredità e in custodia tutte le genti, per
indicar loro il Salvatore unico dell'umanità, Nostro Signore Gesù Cristo.
(Cfr.
Liturgia, Paris, Bloud et Gay, 1931, pag. 628 sg.; Epifania del Signore, blog
Sardinia Tridentina).
6 GENNAIO
Sermone
di San Leone, Papa.
Sermone
2 sull'Epifania.
Gioite nel
Signore, o dilettissimi, di nuovo dico, gioite, perché, dopo breve intervallo
di tempo dalla solennità della Nascita di Cristo, risplendé la festa della sua
manifestazione; e colui che in quel giorno la Vergine diede alla luce, il mondo
l'ha riconosciuto quest'oggi. Infatti il Verbo fatto uomo dispose il suo
ingresso nel mondo in tal maniera, che il bambino Gesù fosse manifestato ai
credenti e occultato ai suoi persecutori. Fin d'allora dunque i cieli
proclamarono la gloria di Dio, e il suono della verità si sparse per tutta la
terra (Ps 18:1), quando una schiera
d'Angeli apparve ai pastori per annunziare loro la nascita del Salvatore, e una
stella fu di guida ai Magi per venire ad adorarlo; affinché dall'oriente fino
all'occidente risplendesse la venuta del vero Re, perché anche i regni
d'Oriente appresero dai Magi gli elementi della fede, ed essi non rimasero
nascosti all'impero Romano.
Certamente anche
la crudeltà d'Erode, che voleva soffocare in sul nascere il Re che gli era
sospetto, serviva, a sua insaputa, a questa diffusione della fede; ché, mentre
intento a un atroce delitto perseguitava, con un massacro generale di bambini,
l'ignoto bambino, ovunque più solennemente si spargeva la fama della nascita
annunziata del dominatore del cielo, rendendola più pronta e più atta alla
divulgazione, sia la novità d'un segno nuovo nel cielo sia l'empietà del
crudelissimo persecutore. Allora pertanto il Salvatore fu portato anche in
Egitto, affinché questo popolo, in preda a vecchi errori, fosse preparato, con
una grazia segreta, a ricevere la sua prossima salute; e affinché, prima ancora
d'aver bandito dall'animo la superstizione, ricevesse già ospite la stessa
verità.
Riconosciamo
dunque, o dilettissimi, nei Magi adoratori di Cristo, le primizie della nostra
vocazione e della nostra fede; e con animo esultante celebriamo i princìpi di
questa beata speranza. Infatti, fin d'allora cominciammo ad entrare nell'eterna
eredità; fin d'allora ci si scoprirono i passi misteriosi della Scrittura
intorno a Cristo; e la verità, che la cecità dei Giudei non accolse, sparse la
sua luce in tutte le nazioni. Onoriamo dunque questo santissimo giorno in cui
l'Autore della nostra salute s'è fatto conoscere; e quello che i Magi adorarono
bambino nella culla, noi adoriamolo onnipotente nei cieli. E come quelli coi
loro tesori offrirono al Signore dei mistici doni, così ancor noi sappiamo
cavare dai nostri cuori dei doni degni di Dio.
7 GENNAIO
Sermone
di Sant'Agostino, Vescovo.
Sermone
2 sull'Epifania, che è il 30 del Tempo.
I Magi sono venuti
dall'Oriente ad adorare il bambino della Vergine. Questo il giorno che oggi
celebriamo: a questa solennità noi offriamo il tributo di un sermone. Questo
giorno che prima risplendé per essi, ricorre a noi in una festa annuale. Essi
erano le primizie della Gentilità, noi siamo il popolo di essa Gentilità. A noi
l'annunziò la lingua degli Apostoli, ad essi una stella quasi lingua dei cieli;
a noi gli stessi Apostoli, quasi altri cieli, hanno annunziato la gloria di
Dio.
Grande mistero:
egli giaceva in una mangiatoia, e conduceva i Magi dall'Oriente. Era nascosto
in una stalla, e veniva proclamato dal cielo; affinché così proclamato nel
cielo, fosse riconosciuto nella stalla, e questo giorno ricevesse il nome
d'Epifania, che in Latino può tradursi con manifestazione; giorno che mostra la
grandezza e l'umiltà di lui, affinché, colui che era rivelato grande dagli
astri lungi nel cielo, e che era bramato, fosse trovato in un angusto abituro
sotto l'apparenza della debolezza, con membra di un neonato, avvolto in fasce
di fanciullo, e (così) fosse adorato dai Magi e temuto dai cattivi.
Il re Erode infatti
lo temé allorché ne ebbe l'annunzio dai Magi, ancora in cerca di questo bambino
appena nato, di cui il cielo aveva loro attestato la nascita. Che sarà mai il
tribunale di lui giudice, se la culla di lui infante faceva tremare dei re
superbi? Quanto meglio ispirati sono i re, allorché lo cercano, non come Erode
per ucciderlo, ma per adorarlo come i Magi; ora soprattutto che egli ha
sofferto per gli stessi nemici, e da parte di essi nemici, la morte che il
nemico desiderava infliggergli, e, subendola nel suo proprio corpo, l'ha uccisa.
Se un re empio lo temé quando ancora succhiava il latte materno, i re ne abbiano
un santo timore ora ch'egli siede alla destra del Padre.
8 GENNAIO
Dal
Sermone di Sant'Agostino, Vescovo.
Sermone
2 sull'Epifania.
Di tanti re che
sono nati e che sono morti fra i Giudei, ce n'è forse alcuno che dei Magi
abbiano cercato per adorarlo? No, perché nessun altro fu conosciuto con
linguaggio celeste. Tuttavia non bisogna dimenticare come questa illuminazione
dei Magi fu una gran prova della cecità dei Giudei. Quelli infatti vennero a
cercare nel loro paese quello che questi non riconobbero appunto.
Quelli lo
trovarono in mezzo ad essi sotto forma di un bambino, questi si rifiutarono di
credere in lui (quando lo videro) fra di loro. Degli stranieri accorsi da lungi
adorarono nella Giudea Cristo bambino che non pronunziava ancora parola, mentre
essi, suoi concittadini, lo crocifissero nel vigore dell'età mentre faceva
miracoli. Gli uni l'adorarono come Dio, sebbene in piccole membra; gli altri
non ebbero riguardo neppure alla sua umanità, nonostante la grandezza delle sue
opere: essi (rimasero increduli) come se fosse stato maggior prodigio vedere
risplendere una nuova stella al suo nascere, piuttosto che vedere il sole
oscurarsi alla sua morte.
Orbene la stella
che condusse i Magi al luogo dove era il Dio bambino colla Vergine madre, e che
poteva sicuramente condurli sino alla città ov'era nato, tuttavia scomparve, né
si mostrò più finché non ebbero interrogati gli stessi Giudei intorno alla
città in cui doveva nascere il Cristo, ed i Giudei medesimi non l'ebbero
indicata secondo la testimonianza della divina Scrittura, dicendo: In Betlemme
di Giuda. Perché ecco ciò che sta scritto: E tu, Betlemme, terra di Giuda, non
sei appunto la più piccola tra i capoluoghi di Giuda; perché da te uscirà il
Duce che guiderà il mio popolo Israele (Mich
5:2). Che altro mostrò con ciò la divina provvidenza, se non che i Giudei
non conservavano che i santi libri, e ch'essi se ne servissero per illuminare i
Gentili e accecare se stessi?
9 GENNAIO
Sermone
di San Leone, Papa.
Sermone
1 sull'Epifania.
Celebrato il
giorno beato in cui la Vergine purissima diede alla luce il Salvatore del
genere umano, la veneranda solennità dell'Epifania ci porta ora, o
dilettissimi, una continuazione di gioie: affinché queste due vicine solennità
che ci rappresentano misteri di cui l'uno è come il seguito dell'altro, non
lascino raffreddare la vivacità della nostra allegrezza e il fervore della
nostra fede. Infatti, è in vista della salvezza di tutti gli uomini, che
l'infanzia del mediatore fra Dio e gli uomini veniva già manifestata al mondo
intero, allorquando era ancora rinchiusa in un piccolo villaggio.
Sebbene infatti
egli avesse scelto il popolo d'Israele e una sola famiglia di questo popolo per
prendere la natura dell'intera umanità, non volle però che i primordi della sua
nascita rimanessero nascosti negli stretti confini dell'abitazione materna; ma
volle essere subito conosciuto da tutti, essendosi degnato di nascere per
tutti. Pertanto una stella d'un chiarore affatto nuovo apparisce in Oriente a
tre Magi, più splendente e più bella delle altre stelle, che attrasse
facilmente a sé gli sguardi e l'attenzione dei riguardanti: così che si
comprendesse subito che un'apparizione sì straordinaria doveva avere qualche
significato.
Pertanto colui che
diede questo segno, aprì l'intelligenza di quelli che lo contemplavano: e ciò
che fece comprendere, lo fece cercare, e, cercato, s'offrì ad essere trovato. I
tre uomini si mettono in cammino sotto la scorta di questa luce celeste, e
fissi gli occhi all'astro che li precede, ne seguono la strada ch'esso traccia
loro, e sono condotti dallo splendore della grazia alla conoscenza della
verità: essi che sotto l'impressione d'un sentimento suggerito dalla ragione
umana, s'immaginarono che bisognava cercare nella città regale il Re neonato.
Ma colui che aveva preso la forma di servo, ed era venuto non per giudicare, ma
per essere giudicato, prescelse Betlemme per la sua nascita, Gerusalemme per la
sua passione.
10 GENNAIO
Sermone
di San Massimo, Vescovo.
Omelia
1 sull'Epifania.
In questa
solennità, o dilettissimi, come c'insegna la tradizione venutaci dai padri,
dobbiamo rallegrarci per la celebrazione di più misteri insieme. Si vuole
infatti che quest'oggi Cristo nostro Signore fu adorato dai Magi che aveva
guidati la stella; che invitato a nozze, cambiò l'acqua in vino; che dopo
essere stato battezzato da Giovanni, consacrò le acque del Giordano, e purificò
insieme il Battista che lo battezzava.
Ma che cosa siasi
propriamente compiuto in questo giorno, lo sa colui che l'operò: noi tuttavia
dobbiamo credere, senza alcun dubbio, che qualunque cosa essa sia, fu operata
per noi. Infatti dal momento che i Caldei, invitati dai raggi d'una stella più
fulgente, adorarono il vero Dio, i Gentili ricevettero la speranza di adorarlo.
Nelle acque che furono cambiate in vino con un ordine nuovo, ci fu dato un saggio
del sacramento della nuova bevanda. E perché l'Agnello di Dio fu battezzato,
abbiamo ricevuto il benefizio d'un battesimo che ci rigenera a salvezza.
Quindi dobbiamo, o
fratelli, per onorare il nostro Salvatore, di cui abbiamo da poco celebrato la
nascita con una santa esultanza, festeggiare ancora con ogni devozione le
primizie dei suoi miracoli. E con ragione questi tre misteri sono proposti in
un sol giorno, a noi i quali confessiamo che le persone della ineffabile
Trinità sono un solo Dio! Per questi miracoli, dunque, Cristo Signore e Redentore
nostro volle rivelarsi agli occhi dei mortali, affinché l'invisibile sua
divinità, che si celava nella sua nuova natura (umana), si manifestasse nelle
sue opere.
11 GENNAIO
Sermone
di San Fulgenzio, Vescovo.
Sermone
5, ch'è sull'Epifania, al principio.
Dio stesso, che
nel vecchio testamento aveva ordinato che gli fossero offerte le primizie,
fattosi uomo, domandò che gli fossero consacrate anche le primizie dei Gentili.
I pastori furono le primizie dei Giudei, i Magi divennero le primizie dei
Gentili. Quelli furono attirati da vicino, questi condotti da lontano. Dov'è,
domandano, il Re dei Giudei ch'è nato? (Matt
2:2). Erode, re dei Giudei, aveva già dei figli. Archelao era nato in un
palazzo, Cristo in un tugurio. Archelao, appena nato, fu adagiato sopra un
letto d'argento, ma Cristo neonato è deposto in un'angustissima mangiatoia: e
pure quello nato in un palazzo è negletto, questo nato in un ricovero è
cercato; quello non è neppure nominato dai Magi, questo, trovato, è
supplichevolmente adorato.
Chi è questo Re
dei Giudei? Egli è povero e ricco, umile e sublime. Chi è questo Re dei Giudei
ch'è portato come un bambino, ed è adorato come un Dio? Egli è piccolo nella
mangiatoia, immenso nel cielo: vile nelle fasce, e gloriosamente manifestato
dalle stelle. Perché ti conturbi così, o Erode? Questo Re che è nato non viene
per vincere i re con muovere loro guerra, ma per soggiogarli mirabilmente col
morire. Egli non è nato per succederti, ma affinché il mondo creda fedelmente
in lui. Viene dunque non per combattere nella sua vita, ma per trionfare colla
sua morte.
Questo bambino,
che ora dai Magi è chiamato il Re dei Giudei, è anche il Creatore e Signore
degli Angeli. Perciò se temi l'infanzia di questo neonato, devi assai più
temere la sua onnipotenza nel giudicarti. Non temerlo come un successore nel
tuo regno, ma temi in lui il giustissimo giudice che condannerà la tua
infedeltà. Andate, disse, e fatemelo sapere, affinché io pure venga ad adorarlo
(Matt 2:8). Oh perfida astuzia, o
empia incredulità, o ipocrita malvagità! Il sangue degli Innocenti, che hai
sparso sì crudelmente, ben attesta ciò che volevi fare di questo bambino.
12 GENNAIO
Sermone
di San Leone, Papa.
Sermone
4 sull'Epifania cap. 1.
È giusto e
ragionevole, o dilettissimi, è un atto di vera pietà il gioire di tutto cuore
nei giorni che attestano le opere della divina misericordia, e il celebrare
solennemente quanto fu operato per la nostra salute; e a compiere questo pio
dovere siamo invitati dalla disposizione stessa del tempo liturgico, la quale,
dopo averci fatto celebrare il giorno in cui il Figlio di Dio coeterno al Padre
nacque dalla Vergine, colloca a breve intervallo la festa dell'Epifania
consacrata alla manifestazione del Signore.
Nella qual festa
la divina provvidenza ci fa trovare un grande soccorso per la nostra fede:
perché mentre si onorano con festa solenne le adorazioni che l'infanzia del
Salvatore ricevé fin dai suoi inizi, abbiamo dagli stessi documenti originali
la prova che Cristo aveva realmente, nascendo, la natura umana. Ecco infatti
ciò che rende giusti gli empi, ciò che rende santi i peccatori: il credere cioè
che in un solo e medesimo Gesù Cristo Signor nostro si trovano veramente sia la
Divinità sia l'umanità. La Divinità, per la quale prima di tutti i secoli egli
è uguale al Padre nella forma di Dio; l'umanità, per la quale negli ultimi
tempi s'è unito all'uomo nella forma di servo.
Per corroborare
dunque questa fede ch'era proclamata contro tutti gli errori, fu stabilito da
un disegno dell'immensa bontà divina, che un popolo abitante in una lontana
regione d'Oriente, popolo assai versato nella scienza dell'astronomia,
ricevesse un segno della nascita del bambino che doveva regnare su tutto
Israele. Infatti una stella d'uno splendore affatto nuovo e incomparabilmente
bella, apparve ai Magi, e col suo meraviglioso splendore riempì di sì viva
ammirazione gli animi loro, che la contemplavano, ch'essi credettero non
potersi affatto rifiutare di cercare quanto si annunciava loro con segno sì
straordinario.
L'Epifania di Nostro Signore Gesù Cristo, Messale Romano 1943. |
INTROITUS
Malach
3:1; 1Par 29:12.
Ecce, advénit dominátor Dóminus: et regnum in manu ejus et potéstas et impérium.
Ps 71:1. Deus, judícium tuum Regi da:
et justítiam tuam Fílio Regis. ℣. Glória Patri, et Fílio, et Spirítui Sancto.
℞. Sicut erat in princípio, et nunc, et semper, et in saecula saeculórum. Amen.
Ecce, advénit dominátor Dóminus: et regnum in manu ejus et potéstas et impérium.
Malach
3:1; 1Par 29:12. Ecco, giunge il sovrano Signore: e ha nelle sue mani il regno,
la potestà e l'impero. Ps 71:1. O Dio, concedi al re il tuo giudizio, e la tua
giustizia al figlio del re. ℣. Gloria al Padre e al Figlio e allo Spirito
Santo. ℞. Come era nel principio e ora e sempre nei secoli dei secoli. Amen.
Ecco, giunge il sovrano Signore: e ha nelle sue mani il regno, la potestà e
l'impero.
Gloria
ORATIO
Orémus.
Deus, qui hodiérna
die Unigénitum tuum géntibus stella duce revelásti: concéde propítius; ut, qui
jam te ex fide cognóvimus, usque ad contemplándam spéciem tuae celsitúdinis
perducámur. Per eundem Dominum nostrum Jesum Christum Filium tuum, qui tecum
vivit et regnat in unitate Spiritus Sancti, Deus, per omnia saecula saeculorum.
Amen.
Preghiamo.
O
Dio, che oggi rivelasti alle genti il tuo Unigenito con la guida di una stella,
concedi benigno che, dopo averti conosciuto mediante la fede, possiamo giungere
a contemplare lo splendore della tua maestà. Per il medesimo nostro Signore
Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, in unità con lo
Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. Amen.
Queste
parole del profeta Isaia si riferiscono alla Gerusalemme celeste, perché da
questo giorno dell'Epifania comincia il movimento delle Nazioni verso la Santa
Chiesa, la vera Gerusalemme.
LECTIO
Léctio Isaíae
Prophétae.
Is
60:1-6.
Surge, illumináre,
Jerúsalem: quia venit lumen tuum, et glória Dómini super te orta est. Quia
ecce, ténebrae opérient terram et caligo pópulos: super te autem oriétur
Dóminus, et glória ejus in te vidébitur. Et ambulábunt gentes in lúmine tuo, et
reges in splendóre ortus tui. Leva in circúitu óculos tuos, et vide: omnes isti
congregáti sunt, venérunt tibi: fílii tui de longe vénient, et fíliae tuae de
látere surgent. Tunc vidébis et áfflues, mirábitur et dilatábitur cor tuum,
quando convérsa fúerit ad te multitúdo maris, fortitúdo géntium vénerit tibi.
Inundátio camelórum opériet te, dromedárii Mádian et Epha: omnes de Saba
vénient, aurum et thus deferéntes, et laudem Dómino annuntiántes.
Lettura
del Profeta Isaia.
Is
60:1-6.
Sorgi,
o Gerusalemme, sii raggiante: poiché la tua luce è venuta, e la gloria del
Signore è spuntata sopra di te. Mentre le tenebre si estendono sulla terra e le
ombre sui popoli: ecco che su di te spunta l'aurora del Signore e in te si
manifesta la sua gloria. Alla tua luce cammineranno le genti, e i re alla luce
della tua aurora. Leva gli occhi e guarda intorno a te: tutti costoro si sono
riuniti per venire a te: da lontano verranno i tuoi figli, e le tue figlie
sorgeranno da ogni lato. Quando vedrai ciò sarai raggiante, il tuo cuore si
dilaterà e si commuoverà: perché verso di te affluiranno i tesori del mare e a
te verranno i beni dei popoli. Sarai inondata da una moltitudine di cammelli,
dai dromedari di Madian e di Efa: verranno tutti i Sabei portando oro e
incenso, e celebreranno le lodi del Signore.
GRADUALE
Is
60:6; 60:1. Omnes
de Saba vénient, aurum et thus deferéntes, et laudem Dómino annuntiántes. ℣.
Surge et illumináre, Jerúsalem: quia glória Dómini super te orta est.
Is
60:6; 60:1. Verranno tutti i Sabei portando oro e incenso, e celebreranno le
lodi del Signore. ℣. Sorgi, o Gerusalemme, e sii raggiante: poiché la gloria
del Signore è spuntata sopra di te.
ALLELUJA
Allelúja, allelúja.
Matt 2:2. ℣. Vídimus stellam ejus in
Oriénte, et vénimus cum munéribus adoráre Dóminum. Allelúja.
Alleluia,
alleluia. Matt 2:2. ℣. Abbiamo visto la sua stella in Oriente, e siamo venuti
con doni per adorare il Signore. Alleluia.
«Colui
che i Magi hanno adorato bambino nella culla, dice San Leone, adoriamolo
onnipotente nei Cieli. E, come i re offrirono al Signore dai loro tesori
mistici doni, così anche noi cerchiamo di trovare nei nostri cuori doni degni
di essere offerti a Dio» (II Notturno del Mattutino dell'Epifania).
EVANGELIUM
Sequéntia ✠ sancti Evangélii secúndum
Matthaeum.
Matt
2:1-12.
Cum natus esset
Jesus in Béthlehem Juda in diébus Heródis regis, ecce, Magi ab Oriénte venerunt
Jerosólymam, dicéntes: Ubi est, qui natus est rex Judaeórum? Vidimus enim
stellam ejus in Oriénte, et vénimus adoráre eum. Audiens autem Heródes rex,
turbatus est, et omnis Jerosólyma cum illo. Et cóngregans omnes principes
sacerdotum et scribas pópuli, sciscitabátur ab eis, ubi Christus nasceretur. At
illi dixérunt ei: In Béthlehem Judae: sic enim scriptum est per Prophétam: Et
tu, Béthlehem terra Juda, nequaquam mínima es in princípibus Juda; ex te enim
éxiet dux, qui regat pópulum meum Israël. Tunc Heródes, clam vocátis Magis,
diligénter dídicit ab eis tempus stellae, quae appáruit eis: et mittens illos
in Béthlehem, dixit: Ite, et interrogáte diligénter de púero: et cum
invenéritis, renuntiáte mihi, ut et ego véniens adórem eum. Qui cum audíssent
regem, abiérunt. Et ecce, stella, quam víderant in Oriénte, antecedébat eos,
usque dum véniens staret supra, ubi erat Puer. Vidéntes autem stellam, gavísi
sunt gáudio magno valde. Et intrántes domum, invenérunt Púerum cum María Matre
ejus, (hic genuflectitur) et procidéntes adoravérunt eum. Et, apértis thesáuris
suis, obtulérunt ei múnera, aurum, thus et myrrham. Et responso accépto in
somnis, ne redírent ad Heródem, per aliam viam revérsi sunt in regiónem suam.
Seguito
✠ del santo Vangelo secondo Matteo.
Matt
2:1-12.
Nato
Gesù, in Betlemme di Giuda, al tempo del re Erode, ecco arrivare dei Magi
dall'Oriente, dicendo: Dov'è nato il Re dei Giudei? Abbiamo visto la sua stella
in Oriente e siamo venuti per adorarlo. Sentite tali cose, il re Erode si
turbò, e con lui tutta Gerusalemme. E, adunati tutti i sommi sacerdoti e gli
scribi del popolo, voleva sapere da loro dove doveva nascere il Cristo. E
questi gli risposero: A Betlemme di Giuda, perché così è stato scritto dal
Profeta: E tu Betlemme, terra di Giuda, non sei la minima tra i principi di
Giuda: poiché da te uscirà il duce che reggerà il mio popolo Israele. Allora
Erode, chiamati a sé di nascosto i Magi, si informò minutamente circa il tempo
dell'apparizione della stella e, mandandoli a Betlemme, disse loro: Andate e
cercate diligentemente il bambino, e quando l'avrete trovato fatemelo sapere,
affinché io pure venga ad adorarlo. Quelli, udito il re, partirono: ed ecco che
la stella che avevano già vista ad Oriente li precedeva, finché, arrivata sopra
il luogo dov'era il bambino, si fermò. Veduta la stella, i Magi gioirono di
grandissima gioia, ed entrati nella casa trovarono il bambino con Maria sua
madre, (qui ci si genuflette) e prostratisi, lo adorarono. E aperti i loro
tesori, gli offrirono in dono oro, incenso e mirra. Avvertiti poi in sogno di
non passare da Erode, tornarono al loro paese per un'altra strada.
6-9
GENNAIO
Omelia
di San Gregorio, Papa.
Omelia
10 sui Vangeli.
Come avete udito,
fratelli carissimi, nella lettura del Vangelo, un re della terra si turba alla
nascita del Re del cielo: ciò perché ogni grandezza terrena rimane confusa
allorché si manifesta la grandezza del cielo. Ma noi dobbiamo cercare: perché,
alla nascita del Redentore, un Angelo apparve ai pastori nella Giudea, mentre
non un Angelo, ma una stella condusse i Magi d'Oriente ad adorarlo? Perché senza dubbio ai Giudei, servendosi della ragione per conoscerlo, era giusto che lo
annunziasse loro una creatura ragionevole, vale a dire, un Angelo; mentre
invece i Gentili, perché non sapevano servirsi della ragione, vennero condotti
a conoscere il Signore non per mezzo d'una voce, ma con dei segni. Onde anche
Paolo dice: Le profezie sono date ai fedeli e non agli infedeli; i segni al
contrario agli infedeli e non ai fedeli (1Cor 14:22). E così a quelli sono state date le profezie, perché erano fedeli,
non già infedeli; e a questi sono stati dati i segni, perché erano infedeli, e
non fedeli.
Ed è da notare che, allorquando il nostro Redentore sarà giunto all'età d'uomo perfetto, gli Apostoli
lo predicheranno agli stessi Gentili, mentre bambino e non ancora capace di
parlare con gli organi corporali, una stella lo annunzia alla Gentilità: ciò
senza dubbio perché l'ordine della ragione richiedeva che fossero dei
predicatori che parlassero per farci conoscere il Signore, quando lui stesso
avesse parlato, e che dei muti elementi l'annunziassero quando egli non parlava
ancora. Ma in tutti i prodigi che apparvero sia alla nascita del Signore, sia
alla morte di lui, noi dobbiamo considerare quale fu la durezza di cuore di
quei Giudei, i quali non lo riconobbero né mediante il dono della profezia, né mediante
i suoi miracoli.
Tutti infatti gli
elementi resero testimonianza alla venuta del loro autore. E per parlare di
essi secondo il linguaggio umano: i cieli lo riconobbero Dio, perché inviarono
subito la stella. Lo riconobbe il mare, perché sotto i suoi piedi si addimostrò
traversabile. Lo riconobbe la terra, perché tremò alla morte di lui. Lo
riconobbe il sole, perché nascose la luce dei suoi raggi. Lo riconobbero i
sassi e le pareti, perché al momento della sua morte si spezzarono. Lo
riconobbe l'inferno, perché restituì i morti che teneva. E tuttavia, colui che
tutti gli insensibili elementi riconobbero per Signore, i cuori degli infedeli
Giudei ancora non lo riconoscono per Dio, e, più duri dei sassi, non si
vogliono aprire al pentimento.
Appresa la nascita
del nostro Re, Erode ricorre all'astuzia; e per timore d'essere privato d'un
regno terreno, domanda che gli venga fatto sapere dove si trovi il bambino. Fa
mostra di volerlo adorare, affin di sopprimerlo, se riesce a trovarlo. Ma che
vale la malizia umana contro i disegni di Dio? Infatti sta scritto: Non c'è
sapienza, non c'è prudenza, non c'è accorgimento contro il Signore (Prov 21:20). Infatti, la stella ch'era
apparsa, guida i Magi: essi trovano il Re neonato, gli offrono dei doni; e sono
avvisati in sogno di non ripassare da Erode. E così avviene, che Erode non può
trovare Gesù che cerca. Di chi è immagine questo principe, se non degli
ipocriti, i quali, perché cercano fintamente il Signore, non meritano mai di
trovarlo?
Ora è da sapere,
tra l'altro, che gli eretici Priscillianisti credono che ogni uomo nasca sotto
l'influenza di certe costellazioni: e a comprova del loro errore recano il
fatto della nuova stella che apparve quando il Signore venne al mondo,
immaginandosi che questa stella fosse il suo destino. Ma se esaminiamo le
parole del Vangelo, che dice di questa stella: Finché, giunta sul luogo ove era
il bambino, si fermò; (vediamo) che non fu il bambino che corse alla stella, ma
la stella al bambino; e, s'è lecito esprimersi così, non già la stella fu il
destino del bambino, ma il bambino che apparve fu il destino della stella.
Ma sia lungi dai
cuori dei fedeli il dire che il destino sia qualche cosa. Perché la vita degli
uomini, solo il Creatore, che l'ha prodotta, la governa. Difatti non l'uomo è
stato fatto per le stelle, ma le stelle per l'uomo; e dire che una stella è il
destino di un uomo, sarebbe affermare che l'uomo è sottoposto a ciò ch'è stato creato
per servirlo. Certo, quando Giacobbe, nell'uscire dal seno materno, teneva
colla mano il piede del fratello maggiore, questi non era ancora interamente
venuto al mondo, che già l'altro cominciava a nascere; eppure, benché la madre
li mettesse al mondo ambedue nello stesso tempo e nello stesso momento, non fu
la stessa la vita dell'uno e quella dell'altro.
Or bene, i Magi
portano oro, incenso e mirra. L'oro infatti conviene a un Re, l'incenso si
offre a Dio nel sacrificio, colla mirra si profumano i corpi dei defunti. I
Magi adunque anche con questi mistici doni fanno conoscere chi è colui che
adorano: con l'oro dichiarano ch'egli è Re, con l'incenso ch'è Dio, colla mirra
ch'è mortale. Ma ci sono degli eretici che credono alla sua Divinità, ma non
ammettono che regni dappertutto. Questi per certo gli offrono l'incenso, ma non
vogliono offrirgli anche l'oro. Degli altri riconoscono ch'egli è Re, ma negano
che sia Dio. Questi tali gli offrono l'oro, ma non vogliono offrirgli
l'incenso.
E ci sono degli
altri ancora che lo confessano Dio e Re, ma negano che abbia assunto un corpo
mortale. Questi tali per certo gli offrono oro ed incenso, ma non vogliono
offrirgli la mirra, emblema dell'assunta umanità. Noi pertanto offriamo al
neonato Signore l'oro, riconoscendo ch'egli regna dovunque; offriamogli
l'incenso, credendo che colui ch'è apparso nel tempo, era Dio prima d'ogni
tempo; offriamogli la mirra, credendo ch'egli impassibile nella sua divinità,
fu mortale nella nostra carne.
Ma all'oro,
incenso e mirra si può dare anche un'altra significazione. Dacché con l'oro
viene indicata la sapienza, secondo quanto attesta Salomone quando dice: Un
tesoro desiderabile riposa sulla bocca del saggio (Prov 21:20). Coll'incenso, che si brucia in onore di Dio, si
esprime la virtù della preghiera, secondo quanto attesta il Salmista che dice: Salga
la mia preghiera come l'incenso al tuo cospetto (Ps 140:2). Nella mirra poi è figurata la mortificazione della
nostra carne. Onde la santa Chiesa parlando dei suoi operai che combattono per
Iddio fino alla morte, dice: Le mie mani stillarono mirra (Cant 5:5).
I Magi ci danno
una lezione di grande importanza ritornando al loro paese per altra via.
Obbedendo all'ordine ricevuto, essi ci fanno senza dubbio intendere quel che
dobbiamo far noi. La nostra patria è il paradiso: ed ora che abbiamo conosciuto
Gesù, ci è proibito di tornare per la via per cui siamo venuti. Noi ci siamo
allontanati dalla patria nostra coll'insuperbire, col disobbedire, coll'amare
le cose visibili e col gustare il frutto vietato; onde è necessario che
torniamo ad essa piangendo, obbedendo, disprezzando le cose visibili e frenando
gli appetiti della carne.
Noi ritorniamo
dunque al nostro paese per altra via: perché noi che ci siamo allontanati dalle
gioie del paradiso in cerca di piaceri, possiamo ritornarvi coi gemiti. Onde è
necessario, fratelli carissimi, che sempre timorosi e sempre cauti, teniamo
davanti agli occhi del cuore, da una parte le nostre colpe, dall'altra il
rigore dell'ultimo giudizio. Pensiamo con quanta severità verrà questo giudice,
che ora ci minaccia di giudizio, ma rimane nascosto; che minaccia terrori ai
peccatori, e tuttavia ancora li sopporta; e che non differisce di venire
giudice, se non per trovare meno da condannare.
Espiamo le nostre
colpe con lacrime, e, secondo la voce del Salmista, presentiamoci a lui colla
confessione (Ps 94:2). Non lasciamoci
dunque sedurre né da voluttà fallaci, né da vane gioie. Giacché è vicino il
giudice, che ha detto: Guai a voi, che ora ridete; perché vi lamenterete e
piangerete (Luc 6:25). Onde Salomone
dice: Il riso sarà mescolato al dolore (Prov
14:13); e: In fondo alla gioia c'è il lutto (Eccli 2:2). Quindi è che dice ancora: Stimai errore il riso, e alla
gioia ho detto: Perché ti vai inutilmente ingannando? Perciò dice ancora: Il
cuore dei saggi sta dov'è la tristezza: e il cuore degli stolti dov'è
l'allegria (Eccli 7:5).
10
GENNAIO
Omelia
di San Girolamo, Prete.
Libro
1 Commento al cap. 2 di Matteo.
Poiché abbiam
visto la sua stella in Oriente (Matt 2:2).
Affinché, a loro confusione, i Giudei apprendessero dai Gentili la natività di
Cristo, in Oriente spuntò la stella annunziata loro dalla profezia di Balaam,
di cui essi erano i successori. Leggi il libro dei Numeri. Seguendo
l'indicazione della stella i Magi si portano nella Giudea, affinché i
sacerdoti, interrogati dai Magi sul luogo della nascita di Cristo, fossero
inescusabili intorno alla sua venuta.
Ed essi gli
risposero: In Betlemme di Giudea (Matt 2:5).
Qui c'è un errore dei copisti. Noi crediamo che l'Evangelista abbia scritto da
principio, come vediamo nell'Ebraico stesso, “di Giuda”, e non di “Giudea”.
Difatti quale altra Betlemme straniera c'è che, per distinguerla, sia
necessario dire qui “di Giudea”? Ma qui si specifica “di Giuda” perché c'è
un'altra Betlemme in Galilea. Leggi il libro di Gesù, figlio di Nave. Di più
nel passo stesso citato, ch'è preso dal profeta Michea, si ha: E tu, Betlemme,
terra di Giuda (Mich 5:2).
E aperti i loro
tesori, gli offrirono in dono oro, incenso e mirra. Con molta eleganza il Prete
Giovenco esprime il significato misterioso di questi doni con poetico
linguaggio: Essi offrono l'incenso a Dio, l'oro al Re, la mirra all'uomo. Avvertiti
poi in sogno di non ripassare da Erode, per altra strada se ne tornarono al loro
paese (Matt 2:12). Essi che avevano
portato dei doni al Signore, ricevono di conseguenza risposta, non da un
Angelo, ma dallo stesso Signore: affinché così fosse manifesto il privilegio
usato ai meriti di Giuseppe. Se ne ritornano poi per altra strada: perché
dovevano rimanere totalmente estranei all'infedeltà dei Giudei.
11
GENNAIO
Omelia
di Sant'Ambrogio, Vescovo.
Libro
2 al cap. 2 di Luca, dopo il principio.
Che sono mai
questi doni di fede vera? L'oro è offerto come a Re, l'incenso come a Dio, la
mirra come a un defunto. Altro infatti è l'insegna d'un Re, altro il simbolo
della potenza divina, e altro l'onore d'una sepoltura, che, lungi dal lasciar
corrompere il corpo del morto, lo conserva. Noi pure, che ascoltiamo e leggiamo
queste cose, o fratelli, caviamo dai nostri tesori di simili doni. Abbiamo invero
un tesoro in vasi di creta (2Cor 4:7).
Se dunque ciò che sei in te stesso non devi stimarlo come un bene che provenga
da te, ma da Cristo: quanto più devi stimare in Cristo ciò che non è tuo, ma di
Cristo?
I Magi dunque
offrono dei doni dei loro scrigni. Volete sapere la grazia che ne meritarono?
Essi vedono la stella: ma dov'è Erode non si vede appunto; dove è Cristo si
vede di nuovo ed essa mostra la via. Questa stella è dunque una via, e la via è
Cristo: perché a proposito del mistero dell'incarnazione Cristo è detto stella.
Spunterà una stella da Giacobbe, e sorgerà un uomo da Israele (Num 24:17). Infine dove è Cristo, ivi
pure è la stella. Egli infatti è la stella splendida del mattino. Egli stesso
dunque si fa conoscere colla sua luce.
Eccoti un altro
insegnamento. I Magi vennero per una via e se ne tornano per un'altra. Perché
essi avevano visto Cristo, avevano riconosciuto Cristo; essi se ne ritornano
certo migliori di quello ch'erano venuti. Ci sono infatti due vie: una che
conduce alla morte; l'altra che conduce al regno. L'una è quella dei peccatori,
e conduce ad Erode; l'altra è Cristo stesso e per essa si ritorna in patria. Quaggiù
il nostro pellegrinaggio, infatti, è temporaneo, come sta scritto: Lungamente
esule è stata l'anima mia (Ps 119:6).
12
GENNAIO
Omelia
di San Giovanni Crisostomo.
Omelia
8 su Matteo, n. 1.
I Magi, entrati
nella casa, videro il bambino con Maria sua madre. E, prostratisi, lo adorarono
e, aperti i loro tesori, gli offrirono in dono oro, incenso e mirra (Matt 2:1). Ma che cosa li determinò a
prostrarsi davanti al bambino? Né la Vergine offriva nulla di straordinario, né
la casa era splendida, né c'era là qualche altra cosa che potesse colpirli o
attirarli. E pure non soltanto lo adorano, ma, aperti i loro scrigni, gli offrono
dei doni, e dei doni che non si offrono appunto a un uomo, ma solo a Dio.
L'incenso e la mirra infatti convengono soltanto alla Divinità. Qual fu dunque
il loro movente? Quello stesso che li aveva spinti a lasciare la patria e a
intraprendere sì lungo viaggio: cioè la stella e la luce interiore infusa loro
da Dio, e che li condusse a poco a poco alla piena conoscenza.
Se non fosse stato
così, quanto si vedeva là non essendo che umile e povero, giammai essi gli
avrebbero reso simile omaggio. Ed è anche per questo che là non si vedeva
alcuna grandezza materiale, bensì una mangiatoia, una stalla, una madre spoglia
di tutto; affinché tu comprenda la pura filosofia dei Magi, (questa sublime
fede) che mostra loro nel bambino non un uomo soltanto ma ancora un Dio, il
benefattore per eccellenza. Per questo non arrestandosi per nulla alle cose
esteriori, essi lo adorarono; e gli offrirono i loro doni molto diversi dalla
religiosità grossolana dei Giudei. Difatti essi non gli immolarono né pecore né
vitelli, ma quanto si riavvicinava alla filosofia che distingue la Chiesa: cioè
gli offrivano la scienza, l'ubbidienza e l'amore.
Avvertiti poi in
sogno di non ripassar da Erode, per altra strada se ne tornarono al loro paese (Matt 2:12). Osserva qui con me la loro
fede, come non si offendono, ma rimangono quieti e obbedienti senza appunto
turbarsi, senza dirsi l'un altro: Veramente, se questo bambino è qualche cosa
di grande, se ha qualche potere, che necessità di fuggire e di partire
clandestinamente? Perché l'Angelo ci fa partire dalla città come dei fuggitivi,
noi che ci siamo presentati apertamente e senza timore davanti a un tal popolo,
sfidando il furore del suo re? Ma niente di simile essi dissero, o pensarono. Infatti,
è soprattutto una conseguenza della fede di compiere l'azione prescritta senza
domandare ragione dell'ordine ricevuto.
Credo
OFFERTORIUM
Ps
71:10-11. Reges
Tharsis, et ínsulae múnera ófferent: reges Arabum et Saba dona addúcent: et
adorábunt eum omnes reges terrae, omnes gentes sérvient ei.
Ps
71:10-11. I re di Tharsis e le genti offriranno i doni: i re degli Arabi e di
Saba gli porteranno regali: e l'adoreranno tutti i re della terra: e tutte le
genti gli saranno soggette.
SECRETA
Ecclésiae tuae,
quaesumus, Dómine, dona propítius intuére: quibus non jam aurum, thus et myrrha
profertur; sed quod eisdem munéribus declarátur, immolátur et súmitur, Jesus
Christus, Fílius tuus, Dóminus noster: Qui tecum vivit et regnat in unitate
Spiritus Sancti Deus per omnia saecula saeculorum. Amen.
Guarda
benigno, o Signore, Te ne preghiamo, alle offerte della tua Chiesa, con le
quali non si offre più oro, incenso e mirra, bensì Colui stesso che, mediante
le medesime, è rappresentato, offerto e ricevuto, Gesù Cristo tuo Figlio e
nostro Signore: Lui che è Dio, e vive e regna con te, in unità con lo Spirito
Santo, per tutti i secoli dei secoli. Amen.
PRAEFATIO
DE EPIPHANIA DOMINI
Vere dignum et
justum est, aequum et salutáre, nos tibi semper et ubique grátias agere: Dómine
sancte, Pater omnípotens, aetérne Deus: Quia, cum Unigenitus tuus in substántia
nostrae mortalitátis appáruit, nova nos immortalitátis suae luce reparávit. Et
ídeo cum Angelis et Archángelis, cum Thronis et Dominatiónibus cumque omni
milítia coeléstis exércitus hymnum glóriae tuae cánimus, sine fine dicentes: Sanctus,
Sanctus, Sanctus Dóminus, Deus Sábaoth. Pleni sunt coeli et terra glória tua.
Hosánna in excélsis. Benedíctus, qui venit in nómine Dómini. Hosánna in
excélsis.
È
veramente degno e giusto, conveniente e salutare, che noi, sempre e in ogni
luogo, Ti rendiamo grazie, o Signore Santo, Padre Onnipotente, Eterno Iddio:
Poiché quando il tuo Unigenito apparve nella nostra natura mortale, ci riparò
con la luce nuova della sua immortalità. E perciò con gli Angeli e gli
Arcangeli, con i Troni e le Dominazioni, e con tutta la milizia dell'esercito
celeste, cantiamo l'inno della tua gloria, dicendo senza fine: Santo, Santo,
Santo il Signore Dio degli eserciti. I cieli e la terra sono pieni della tua
gloria. Osanna nell'alto dei cieli. Benedetto colui che viene nel nome del
Signore. Osanna nell'alto dei cieli.
COMMUNICANTES
DE EPIPHANIA DOMINI
Communicántes, et
diem sacratíssimum celebrántes, quo Unigenitus tuus, in tua tecum glória coaetérnus,
in veritáte carnis nostrae visibíliter corporális appáruit: sed et memóriam
venerántes, in primis gloriósae semper Vírginis Maríae, Genitrícis ejúsdem Dei
et Dómini nostri Jesu Christi: sed et beatórum Apostolórum ac Mártyrum tuórum,
Petri et Pauli, Andréae, Jacóbi, Joánnis, Thomae, Jacóbi, Philíppi,
Bartholomaei, Matthaei, Simónis et Thaddaei: Lini, Cleti, Cleméntis, Xysti, Cornélii,
Cypriáni, Lauréntii, Chrysógoni, Joánnis et Pauli, Cosmae et Damiáni: et ómnium
Sanctórum tuórum; quorum méritis precibúsque concédas, ut in ómnibus
protectiónis tuae muniámur auxílio. Per eúndem Christum, Dóminum nostrum. Amen.
Uniti
in comunione celebriamo il giorno santissimo in cui il tuo Unigenito, a Te
coeterno nella tua gloria, apparve visibilmente uomo nella realtà della nostra
carne: di più veneriamo la memoria, anzitutto della gloriosa sempre Vergine
Maria, Madre del medesimo Dio e Signore nostro Gesù Cristo: e dei tuoi beati
Apostoli e Martiri, Pietro e Paolo, Andrea, Giacomo, Giovanni, Tommaso,
Giacomo, Filippo, Bartolomeo, Matteo, Simone e Taddeo, Lino, Cleto, Clemente,
Sisto, Cornelio, Cipriano, Lorenzo, Crisogono, Giovanni e Paolo, Cosma e
Damiano, e di tutti i tuoi Santi; per i meriti e per le preghiere dei quali
concedi che in ogni cosa siamo assistiti dall'aiuto della tua protezione. Per
il medesimo Cristo nostro Signore. Amen.
COMMUNIO
Matt
2:2. Vídimus
stellam ejus in Oriénte, et vénimus cum munéribus adoráre Dóminum.
Matt
2:2. Abbiamo visto la sua stella in Oriente, e siamo venuti con doni ad adorare
il Signore.
POSTCOMMUNIO
Orémus.
Praesta, quaesumus,
omnípotens Deus: ut, quae solémni celebrámus officio, purificátae mentis
intellegéntia consequámur. Per Dominum nostrum Jesum Christum, Filium tuum, qui
tecum vivit et regnat in unitate Spiritus Sancti Deus, per omnia saecula
saeculorum. Amen.
Preghiamo.
Concedici,
Te ne preghiamo, o Dio onnipotente, che i misteri oggi solennemente celebrati,
li comprendiamo con l'intelligenza di uno spirito purificato. Per il nostro
Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, in unità con
lo Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. Amen.