domenica 30 dicembre 2018

Domenica infra l'Ottava del Natale di Nostro Signore Gesù Cristo

Semidoppio.
Paramenti bianchi.

La Santa Messa ci dice che «il Verbo disceso dal Cielo durante la notte» di Natale (Introitus) è «il Figlio di Dio venuto per renderci partecipi della sua eredità come figli adottivi» (Epistola). Prima di Lui, l'uomo era infatti come «un erede, che, nella sua minorità, non differisce da un servo» (Epistola). Ora, invece, che la legge nuova l'ha emancipato dalla tutela dell'antica, «egli non è più servitore, ma figlio» (Epistola).
Rivelandoci questa paternità soprannaturale di Nostro Signore Gesù Cristo, che colpisce più specialmente le nostre anime in questo tempo di Natale, la liturgia fa risplendere ai nostri occhi la Divinità sotto l'aspetto di Paternità. Così il culto dei figli di Dio si riassume in questa parola detta con Nostro Signore Gesù Cristo, con labbra pure e retto cuore: «Padre!» (Epistola). L'Evangelium ci mostra anche quale sarà in avvenire la missione grandiosa di questo Bambino divino che comincia a manifestarsi oggi nel Tempio. «È il Re» (Graduale) «il regno del quale» (Alleluja) «penetrerà fino all'intimo dei cuori» (Evangelium). Per tutti sarà una pietra di salvezza; pietra d'inciampo per quelli che lo perseguiteranno (Communio), pietra angolare «per molti in Israele» (Evangelium).
L'Introitus parla della notte nella quale l'angelo di Dio colpì i primogeniti degli Egiziani (Sap 18:14), preparando la liberazione d'Israele, immagine della notte santa nella quale la Beatissima Vergine Maria mise alla luce il Salvatore (Communicantes de Nativitate Domini), venuto per liberare l'umanità.

Sermone di San Leone, Papa.
Sermone 9 sulla Natività del Signore.
La grandezza dell'opera divina eccede, o dilettissimi, e supera grandemente le risorse dell'umana eloquenza: e la difficoltà d'esprimersi nasce proprio là donde sorge la ragione di non tacere. Perché le parole del profeta: Chi spiegherà la sua generazione? (Is 53:8), riguardano non solo la divina essenza di Gesù Cristo Figlio di Dio, ma ancora la sua natura umana. Difatti se non si crede per fede che le due nature si sono unite in una sola persona, la parola non riesce a spiegarlo. E perciò non manca mai materia di lode, perché la facondia di chi loda sarà sempre insufficiente.
Rallegriamoci pertanto di essere impari a parlare di questo grande mistero di misericordia; e se non possiamo penetrare la profondità del mistero della nostra salute, stimiamoci felici di essere vinti dall'immensità di tanto beneficio. Nessuno infatti si avvicina di più alla conoscenza della verità di colui che comprende rimanergli sempre molto da indagare nelle cose divine, anche quando profitta molto. Poiché chi presumesse d'essere giunto là dove tende, non ha già trovato ciò che cercava, sibbene è venuto meno nella sua ricerca.
E affinché non ci turbiamo dei limiti in cui è ristretta la nostra debolezza, ci vengono in soccorso le parole del Vangelo e dei profeti; le quali c'illuminano e istruiscono siffattamente da farci considerare la natività del Signore, nella quale il Verbo s'è fatto uomo, non tanto la celebrazione d'una cosa passata, quanto la visione d'un fatto presente. Difatti quello che l'Angelo annunziò ai pastori che vegliavano alla custodia del loro gregge, è risuonato anche alle nostre orecchie e noi siamo ora a capo del gregge del Signore, perché conserviamo nel fondo del cuore le parole che furono pronunziate da parte di Dio; quasi si dicesse ancora nell'odierna festività: Vi dò una grande notizia che sarà di grande allegrezza a tutto il popolo, cioè che oggi è nato per noi nella città di David, un Salvatore che è Cristo Signore (Luc 2:10).




I due versetti dell'Introitus, tratti dal libro della Sapienza, alludono all'angelo di Dio che, a mezzo della notte, sterminò i primogeniti degli Egiziani oppressori, liberando così il suo popolo eletto. Anche Nostro Signore Gesù Cristo, il Verbo di Dio, a mezzo della notte nasce sulla terra, per liberarci dalla morte eterna.

INTROITUS
Sap 18:14-15. Dum médium siléntium tenérent ómnia, et nox in suo cursu médium iter háberet, omnípotens Sermo tuus, Dómine, de coelis a regálibus sédibus venit. Ps 92:1. Dóminus regnávit, decórem indútus est: indútus est Dóminus fortitúdinem, et praecínxit se. ℣. Glória Patri, et Fílio, et Spirítui Sancto. ℞. Sicut erat in princípio, et nunc, et semper, et in saecula saeculórum. Amen. Dum médium siléntium tenérent ómnia, et nox in suo cursu médium iter háberet, omnípotens Sermo tuus, Dómine, de coelis a regálibus sédibus venit.

Sap 18:14-15. Mentre tutto era immerso in profondo silenzio, e la notte era a metà del suo corso, l'onnipotente tuo Verbo, o Signore, discese dal celeste trono regale. Ps 92:1. Il Signore regna, rivestito di maestà: Egli si ammanta e si cinge di potenza. ℣. Gloria al Padre e al Figlio e allo Spirito Santo. ℞. Come era nel principio e ora e sempre nei secoli dei secoli. Amen. Mentre tutto era immerso in profondo silenzio, e la notte era a metà del suo corso, l'onnipotente tuo Verbo, o Signore, discese dal celeste trono regale.

Gloria

ORATIO
Orémus.
Omnípotens sempitérne Deus, dírige actus nostros in beneplácito tuo: ut in nómine dilécti Fílii tui mereámur bonis opéribus abundáre: Qui tecum vivit et regnat in unitate Spiritus Sancti Deus per omnia saecula saeculorum. Amen.

Preghiamo.
Onnipotente e sempiterno Iddio, indirizza i nostri atti secondo il tuo beneplacito, affinché possiamo abbondare in opere buone, in nome del tuo diletto Figlio: Lui che è Dio, e vive e regna con te, in unità con lo Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. Amen.

Si fa la commemorazione dell'Ottava di Natale.

Orémus.
Concéde, quaesumus, omnípotens Deus: ut nos Unigéniti tui nova per carnem Natívitas líberet; quos sub peccáti jugo vetústa sérvitus tenet. Per eundem Dominum nostrum Jesum Christum Filium tuum, qui tecum vivit et regnat in unitate Spiritus Sancti, Deus, per omnia saecula saeculorum. Amen.

Preghiamo.
Concedici, Te ne preghiamo, o Dio onnipotente, che la nuova nascita secondo la carne del tuo Unigenito, liberi noi, che l'antica schiavitù tiene sotto il gioco del peccato. Per il medesimo nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, in unità con lo Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. Amen.

Solo quando è giunto all'età maggiore il figlio entra in possesso dell'eredità di cui ha diritto. Prima di questo tempo egli è in qualche modo schiavo di coloro che amministrano in suo nome il suo patrimonio. Così era per i Giudei sotto la legge mosaica. Essi avevano come prospettiva il ricco patrimonio della Nuova Legge, ma erano sottomessi ai riti e alle prescrizioni dell'Antica Alleanza, che erano rudimentali ed avevano in vista soprattutto i bisogni passeggeri e provvisori di questo mondo. Il Figlio di Dio si è dunque fatto uomo nascendo da una donna, e si è sottomesso alla servitù della legge per elevarci alla dignità dei figli di Dio e per liberarci dalla schiavitù della legge. E, come pegno di questa figliazione divina, Dio Padre ci ha dato lo Spirito Santo, che è lo Spirito del suo Figlio, in maniera che, divenuti figli di Dio con Nostro Signore Gesù Cristo, siamo pur divenuti con Lui eredi dei beni eterni. Con i tempi messianici, la legge Mosaica cessa ed ha principio invece la maggiorità del popolo di Dio, al quale noi apparteniamo col Battesimo.

LECTIO
Lectio Epístolae Beati Pauli Apóstoli ad Gálatas.
Gal 4:1-7.
Fratres: Quanto témpore heres párvulus est, nihil differt a servo, cum sit dóminus ómnium: sed sub tutóribus et actóribus est usque ad praefinítum tempus a patre: ita et nos, cum essémus párvuli, sub eleméntis mundi erámus serviéntes. At ubi venit plenitúdo témporis, misit Deus Fílium suum, factum ex mulíere, factum sub lege, ut eos, qui sub lege erant, redímeret, ut adoptiónem filiórum reciperémus. Quóniam autem estis fílii, misit Deus Spíritum Fílii sui in corda vestra, clamántem: Abba, Pater. Itaque jam non est servus, sed fílius: quod si fílius, et heres per Deum.

Lettura dell'Epistola del Beato Paolo Apostolo ai Galati.
Gal 4:1-7.
Fratelli, fin quando l'erede è minore di età, benché sia padrone di tutto, non differisce in nulla da un servo, ma sta sotto l'autorità dei tutori e degli amministratori, fino al tempo prestabilito dal padre. Così anche noi, quando eravamo minori d'età, eravamo servi degli elementi del mondo. Ma quando venne la pienezza dei tempi, Dio mandò il suo Figlio, nato da donna, nato sotto la legge, affinché redimesse quelli che erano sotto la legge, e noi ricevessimo l'adozione in figli. Ora, poiché siete figli, Iddio ha mandato lo Spirito del suo Figlio nei vostri cuori, il quale grida: Abba, Padre. Perciò, ormai nessuno è più schiavo, ma figlio, e se è figlio, è anche erede, per la grazia di Dio.

GRADUALE
Ps 44:3; 44:2. Speciósus forma prae filiis hóminum: diffúsa est gratia in lábiis tuis. ℣. Eructávit cor meum verbum bonum, dico ego ópera mea Regi: lingua mea cálamus scribae, velóciter scribéntis.

Ps 44:3; 44:2. Tu sei bello fra i figli degli uomini: la grazia è diffusa sulle tue labbra. ℣. Mi erompe dal cuore una buona parola, al re canto i miei versi: la mia lingua è come la penna di un veloce scrivano.

ALLELUJA
Allelúja, allelúja. Ps 92:1. ℣. Dóminus regnávit, decórem índuit: índuit Dóminus fortitúdinem, et praecínxit se virtúte. Allelúja.

Alleluia, alleluia. Ps 92:1. ℣. Il Signore regna, si ammanta di maestà: il Signore si ammanta di fortezza e di potenza. Alleluia.

Questo Evangelium è la continuazione di quello della festa della Purificazione (2 febbraio). Il vecchio San Simeone e la profetessa Sant'Anna, la quale aveva più di 80 anni e passava intieri i suoi giorni nel Tempio, rendono testimonianza a Nostro Signore Gesù Cristo: è Lui il Messia e la sua venuta porta necessariamente una separazione o un giudizio. I pensieri segreti di ogni uomo in rapporto a Nostro Signore Gesù Cristo saranno rivelati all'ultimo giorno, perché Egli scruta le reni ed i cuori (VIII Lezione del Mattutino). Coloro, che nel loro orgoglio e nella loro viltà avranno rigettato il Figlio di Dio, saranno a loro volta rigettati da Lui e coloro che l'avranno accolto parteciperanno alla sua gloria, perché Nostro Signore Gesù Cristo è venuto a salvare il suo popolo. Sin da principio il Bambino divino fu ripieno della sapienza del Padre e la sua anima ricevette la pienezza della grazia santificante.

EVANGELIUM
Sequéntia sancti Evangélii secundum Lucam.
Luc 2:33-40.
In illo témpore: Erat Joseph et María Mater Jesu, mirántes super his quae dicebántur de illo. Et benedíxit illis Símeon, et dixit ad Maríam Matrem ejus: Ecce, pósitus est hic in ruínam et in resurrectiónem multórum in Israël: et in signum, cui contradicétur: et tuam ipsíus ánimam pertransíbit gládius, ut reveléntur ex multis córdibus cogitatiónes. Et erat Anna prophetíssa, fília Phánuel, de tribu Aser: haec procésserat in diébus multis, et víxerat cum viro suo annis septem a virginitáte sua. Et haec vídua usque ad annos octogínta quátuor: quae non discedébat de templo, jejúniis et obsecratiónibus sérviens nocte ac die. Et haec, ipsa hora supervéniens, confitebátur Dómino, et loquebátur de illo ómnibus, qui exspectábant redemptiónem Israël. Et ut perfecérunt ómnia secúndum legem Dómini, revérsi sunt in Galilaeam in civitátem suam Názareth. Puer autem crescébat, et confortabátur, plenus sapiéntia: et grátia Dei erat in illo.

Seguito del santo Vangelo secondo Luca.
Luc 2:33-40.
In quel tempo, Giuseppe e Maria, madre di Gesù, restavano meravigliati delle cose che si dicevano di lui. E Simeone li benedisse, e disse a Maria, sua madre: Ecco egli è posto per la rovina e per la resurrezione di molti in Israele, e sarà bersaglio di contraddizioni, e una spada trapasserà la tua stessa anima, affinché restino svelati i pensieri di molti cuori. C'era inoltre una profetessa, Anna, figlia di Fanuel, della tribù di Aser, molto avanti negli anni, vissuta per sette anni con suo marito. Rimasta vedova fino a ottantaquattro anni, non usciva dal tempio, servendo Dio notte e giorno con preghiere e digiuni. E nello stesso tempo ella sopraggiunse, e dava gloria al Signore, parlando di lui a quanti aspettavano la redenzione di Israele. E quando ebbero compiuto tutto secondo la legge del Signore, se ne tornarono in Galilea, nella loro città di Nazaret. E il fanciullo cresceva e si irrobustiva, pieno di sapienza: e la grazia di Dio era con lui.

Omelia di Sant'Ambrogio, Vescovo.
Libro 2 al cap. 2 di Luca, verso la fine.
Tu vedi che colla nascita del Signore la grazia è stata abbondantemente comunicata a tutti e la profezia fu rifiutata agl'increduli, ma non ai giusti. Ond'ecco Simeone profetizzare il Signore Gesù Cristo essere venuto per la rovina e la risurrezione di molti, per discernere i meriti dei giusti e degli iniqui; e per decretarci secondo la qualità delle nostre opere, egli giudice verace e giusto, o la ricompensa o il supplizio.
Per te sarà una spada che ti trapasserà l'anima (Luc 2:35). Né la scrittura, né la storia ci dicono che Maria sia morta di morte violenta. Poiché non l'anima, ma il corpo può essere trapassato da spada materiale. Onde ciò prova che la sapienza di Maria non ignorava il mistero celeste. Infatti la parola di Dio è viva ed efficace, e più affilata di ogni spada acutissima, e penetrante fino alla divisione dell'anima e dello spirito, e delle giunture e delle midolle, e scruta i pensieri del cuore e i secreti dell'anima, perché tutto è nudo e palese al Figlio di Dio (Hebr 4:12), al quale non sfuggono i secreti della coscienza.
Profetò adunque Simeone, aveva profetato una vergine, aveva profetato una maritata; dové profetare anche una vedova, affinché nessuna condizione o sesso venisse escluso. E perciò Anna, che sia per l'uso che fece della sua vedovanza sia per i suoi costumi ci apparisce affatto degna di fede, annunziava che il Redentore di tutti era venuto. Ma avendo noi parlato delle sue virtù nell'esortazione alle vedove, non crediamo dover ripeterci ora, dovendo parlare di altro.

Credo

OFFERTORIUM
Ps 92:1-2. Deus firmávit orbem terrae, qui non commovébitur: paráta sedes tua, Deus, ex tunc, a saeculo tu es.

Ps 92:1-2. Iddio ha consolidato la terra, che non vacillerà: il tuo trono, o Dio, è stabile fin da principio, tu sei da tutta l'eternità.

SECRETA
Concéde, quaesumus, omnípotens Deus: ut óculis tuae majestátis munus oblátum, et grátiam nobis piae devotiónis obtineat, et efféctum beátae perennitátis acquírat. Per Dominum nostrum Jesum Christum, Filium tuum, qui tecum vivit et regnat in unitate Spiritus Sancti Deus, per omnia saecula saeculorum. Amen.

Concedi, Te ne preghiamo, o Dio onnipotente, che questa offerta, presentata alla tua maestà, ci ottenga la grazia di una fervida pietà e ci assicuri il possesso dell'eternità beata. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, in unità con lo Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. Amen.

Si fa la commemorazione dell'Ottava di Natale.

Obláta, Dómine, múnera, nova Unigéniti tui Nativitáte sanctífica: nosque a peccatórum nostrórum máculis emúnda. Per eundem Dominum nostrum Jesum Christum Filium tuum, qui tecum vivit et regnat in unitate Spiritus Sancti, Deus, per omnia saecula saeculorum. Amen.

Santifica, o Signore, con la nuova nascita del tuo Unigenito, i doni offerti, e purificaci dalle macchie dei nostri peccati. Per il medesimo nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, in unità con lo Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. Amen.

PRAEFATIO DE NATIVITATE DOMINI
Vere dignum et justum est, aequum et salutáre, nos tibi semper et ubíque grátias ágere: Dómine sancte, Pater omnípotens, aetérne Deus: Quia per incarnáti Verbi mystérium nova mentis nostrae óculis lux tuae claritátis infúlsit: ut, dum visibíliter Deum cognóscimus, per hunc in invisibílium amorem rapiámur. Et ideo cum Angelis et Archángelis, cum Thronis et Dominatiónibus cumque omni milítia coeléstis exércitus hymnum glóriae tuae cánimus, sine fine dicentes: Sanctus, Sanctus, Sanctus Dóminus, Deus Sábaoth. Pleni sunt coeli et terra glória tua. Hosánna in excélsis. Benedíctus, qui venit in nómine Dómini. Hosánna in excélsis.

È veramente degno e giusto, conveniente e salutare, che noi, sempre e in ogni luogo, Ti rendiamo grazie, o Signore Santo, Padre Onnipotente, Eterno Iddio: Poiché mediante il mistero del Verbo incarnato rifulse alla nostra mente un nuovo raggio del tuo splendore, così che mentre visibilmente conosciamo Dio, per esso veniamo rapiti all'amore delle cose invisibili. E perciò con gli Angeli e gli Arcangeli, con i Troni e le Dominazioni, e con tutta la milizia dell'esercito celeste, cantiamo l'inno della tua gloria, dicendo senza fine: Santo, Santo, Santo il Signore Dio degli eserciti. I cieli e la terra sono pieni della tua gloria. Osanna nell'alto dei cieli. Benedetto colui che viene nel nome del Signore. Osanna nell'alto dei cieli.

COMMUNICANTES DE NATIVITATE DOMINI
Communicántes, et diem sacratíssimum celebrántes, quo beátae Maríae intemeráta virgínitas huic mundo édidit Salvatórem: sed et memóriam venerántes, in primis ejúsdem gloriósae semper Vírginis Maríae, Genitrícis ejúsdem Dei et Dómini nostri Jesu Christi: sed et beatórum Apostolórum ac Mártyrum tuórum, Petri et Pauli, Andréae, Jacóbi, Joánnis, Thomae, Jacóbi, Philíppi, Bartholomaei, Matthaei, Simónis et Thaddaei: Lini, Cleti, Cleméntis, Xysti, Cornélii, Cypriáni, Lauréntii, Chrysógoni, Joánnis et Pauli, Cosmae et Damiáni: et ómnium Sanctórum tuórum; quorum méritis precibúsque concédas, ut in ómnibus protectiónis tuae muniámur auxílio. Per eúndem Christum, Dóminum nostrum. Amen.

Uniti in una stessa comunione, celebriamo il giorno santissimo nel quale l'intemerata verginità della beata Maria diede a questo mondo il Salvatore; e veneriamo anzitutto la memoria della stessa gloriosa sempre Vergine Maria, Madre del medesimo nostro Dio e Signore Gesù Cristo: e dei tuoi beati Apostoli e Martiri, Pietro e Paolo, Andrea, Giacomo, Giovanni, Tommaso, Giacomo, Filippo, Bartolomeo, Matteo, Simone e Taddeo, Lino, Cleto, Clemente, Sisto, Cornelio, Cipriano, Lorenzo, Crisogono, Giovanni e Paolo, Cosma e Damiano, e di tutti i tuoi Santi; per i meriti e per le preghiere dei quali concedi che in ogni cosa siamo assistiti dall'aiuto della tua protezione. Per il medesimo Cristo nostro Signore. Amen.

COMMUNIO
Matt 2:20. Tolle Púerum et Matrem ejus, et vade in terram Israël: defúncti sunt enim, qui quaerébant ánimam Púeri.

Matt 2:20. Prendi il bambino e sua madre, e va nella terra di Israele: quelli che volevano farlo morire sono morti.

POSTCOMMUNIO
Orémus.
Per hujus, Dómine, operatiónem mystérii, et vitia nostra purgéntur, et justa desidéria compleántur. Per Dominum nostrum Jesum Christum, Filium tuum, qui tecum vivit et regnat in unitate Spiritus Sancti Deus, per omnia saecula saeculorum. Amen.

Preghiamo.
Per l'efficacia di questo mistero, o Signore, siano distrutti i nostri vizi e compiuti i nostri giusti desideri. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, in unità con lo Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. Amen.

Si fa la commemorazione dell'Ottava di Natale.

Orémus.
Praesta, quaesumus, omnípotens Deus: ut natus hódie Salvátor mundi, sicut divínae nobis generatiónis est auctor; ita et immortalitátis sit ipse largítor: Qui tecum vivit et regnat in unitate Spiritus Sancti Deus per omnia saecula saeculorum. Amen.

Preghiamo.
Fa', Te ne preghiamo, o Dio onnipotente, che il Salvatore del mondo, oggi nato, come è l'autore della nostra divina rigenerazione, così ci sia anche datore dell'immortalità. Lui che è Dio, e vive e regna con te, in unità con lo Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. Amen.

sabato 29 dicembre 2018

San Tommaso Becket, Arcivescovo di Canterbury e Martire

Doppio.
Paramenti rossi.

Il tempo di Natale, manifestandoci la filiazione divina del Bambino del presepio, ci mostra che Egli è Sacerdote, poiché fu unto dell'unzione medesima della divinità. Il suo sacerdozio consiste nell'offrire a Dio la sua vita per salvare le anime e nel difendere, così i diritti divini della Santa Chiesa, sua amata sposa. San Tommaso Becket che oggi festeggiamo imitò perfettamente nel sacerdozio Nostro Signore Gesù Cristo in questa somma opera.
Tommaso Becket nacque a Londra, in Inghilterra, il 21 dicembre 1118, dal mercante Gilberto Becket di Thierville e Matilda di Mondeville, stabilitisi in Inghilterra sotto il re Guglielmo il Conquistatore. Venne avviato sin dall'infanzia alla carriera ecclesiastica: dopo la prima formazione ricevuta presso l'abbazia di Merton, approfondì gli studi a Parigi e, tornato in patria, entrò a servizio dell'arcivescovo di Canterbury, Teobaldo di Bec. Questi, riconosciutene le capacità, ne fece uno dei suoi più stretti collaboratori: lo inviò ad approfondire lo studio del diritto canonico a Bologna e ad Auxerre; Tommaso accompagnò l'arcivescovo al concilio tenutosi a Reims nel 1148 e, nel 1154, venne ordinato diacono e nominato prevosto di Beverley e Arcidiacono della Cattedrale.
Enrico II, re d'Inghilterra, consigliato dal clero, lo nominò Cancelliere del Regno, subito dopo l'incoronazione. Tommaso Becket era la persona più vicina al sovrano, e, custode del sigillo reale. Contro le aspettative dell'episcopato e dei baroni che ne avevano assecondato la nomina, il nuovo cancelliere assecondò la grande opera riformatrice del sovrano, tesa a limitare l'indipendenza dei feudatari e a ristabilire l'ordine e l'autorità monarchica: Enrico II si servì della buona conoscenza che Tommaso aveva del diritto romano per creare un'amministrazione centralizzata, controllata dalla Curia regis.
Nel 1162 Tommaso Becket, succeduto al su menzionato Teobaldo di Bec, divenne Arcivescovo di Canterbury e Primate d'Inghilterra: egli che prima aveva esercitato con onore la carica di cancelliere, si mostrò forte e invitto nei doveri dell'episcopato. Quando infatti Enrico II, re d'Inghilterra, convocati a sé in un'assemblea i vescovi e i grandi del suo regno, voleva portare delle leggi contrarie all'interesse e alla dignità della Santa Chiesa, egli si oppose alla cupidigia del re per la difesa della giustizia e dell'immunità ecclesiastica con tanta costanza, che non essendosi piegato né con promesse né con minacce, si vide obbligato a ritirarsi segretamente per non essere gettato in carcere. Quindi tutti i suoi parenti d'ogni età, amici e fautori vennero cacciati dal regno, dopo aver fatto giurare a tutti quelli cui lo permetteva l'età, che sarebbero andati a trovare Tommaso, affine di scuoterlo, colla vista dello stato pietoso dei suoi, dalla santa risoluzione, che non era stato possibile vincere colla minaccia delle personali sofferenze. Ma egli non ebbe riguardo né della carne né del sangue, né alcun sentimento umano scosse la sua costanza pastorale.
Egli pertanto si recò da papa Alessandro III, il quale lo ricevé con bontà e lo raccomandò ai monaci del monastero di Pontigny, dell'ordine dei Cistercensi, presso i quali si recò. Il re Enrico II, avendolo saputo, mandò delle lettere minacciose al capitolo dei Cistercensi per costringerli a cacciar Tommaso fuori dal monastero di Pontigny. Quindi il sant'uomo temendo che per sua cagione l'ordine Cistercense non avesse a soffrire qualche male, se ne partì da se stesso e si ritirò presso Luigi VII, re di Francia, che lo aveva invitato; quivi rimase finché, per l'intervento del sommo Pontefice e dello stesso re richiamato dall'esilio, rientrò in Inghilterra, il 1 dicembre 1170, con grande soddisfazione di tutto il regno. Ma mentre si applicava senza timori a compiere i doveri d'un buon pastore, ecco dei calunniatori riportare al re ch'egli macchinava molte cose contro il regno e la tranquillità pubblica; così che il re si lamentava spesso che nel suo regno non c'era che un vescovo col quale non potesse aver pace.
Per le quali parole del re, sperando alcuni empi sgherri di far cosa grata al re se avessero tolto di mezzo Tommaso, datisi convegno segretamente a Canterbury, aggredirono il vescovo nella cattedrale mentre celebrava l'ufficio del vespro. E mentre il clero si sforzava a chiuder loro l'entrata del tempio, egli invece correva ad aprirne la porta, dicendo ai suoi queste parole: «La Chiesa di Dio non deve essere custodita come un accampamento; io soffrirò volentieri la morte per la Chiesa di Dio». Poi rivolto ai soldati: «Da parte di Dio vi proibisco di far male ad alcuno dei miei». Indi postosi in ginocchio, raccomandata la Santa Chiesa e se stesso a Dio, alla beata Vergine Maria, a san Dionigi, e agli altri santi patroni della sua cattedrale, presentò la sacra testa al ferro sacrilego colla stessa costanza onde aveva resistito alle leggi dell'iniquissimo re, il 29 dicembre dell'anno del Signore 1170; il suo cervello sprizzò su tutto il pavimento del tempio. Così, Martire di Nostro Signore Gesù Cristo, passò all'eterna gloria. Illustrato poi da molti miracoli, lo stesso papa Alessandro III l'iscrisse nell'albo dei Santi, il 21 febbraio 1173.
La festa di San Tommaso Becket ci mostra come, partecipando alla dignità sacerdotale di Nostro Signore Gesù Cristo, questo Arcivescovo di Canterbury, seppe come il divin Pastore, difendere il suo gregge contro il lupo rapace (Evangelium). Alle mire del sovrano Enrico II di fargli sanzionare degli usi contrari alla libertà della Santa Chiesa, San Tommaso, sapendo che rendere questa società divina, dipendente dalla potenza secolare, sarebbe stato attentare alla sua stessa costituzione, dichiarò che «Sacerdote di Gesù Cristo, avrebbe sofferto volentieri la morte per difendere la Chiesa di Dio».
Contro coloro che cercano di asservire la Santa Chiesa, non usiamo né l'abilità politica, né le armi omicide, ma, secondo l'esempio «del glorioso Tommaso caduto sotto la spada degli empi per difendere la Chiesa» (Oratio) sappiamo resistere apertamente con tutta la forza che dà la difesa dei diritti di Dio.


San Tommaso Becket nella Cappella del Venerabile Collegio Inglese, Roma (Lazio).


INTROITUS
Gaudeámus omnes in Dómino, diem festum celebrántes sub honóre beáti Thomae Mártyris: de cujus passióne gaudent Angeli et colláudant Fílium Dei. Ps 32:1. Exsultáte, justi, in Dómino: rectos decet collaudátio. ℣. Glória Patri, et Fílio, et Spirítui Sancto. ℞. Sicut erat in princípio, et nunc, et semper, et in saecula saeculórum. Amen. Gaudeámus omnes in Dómino, diem festum celebrántes sub honóre beáti Thomae Mártyris: de cujus passióne gaudent Angeli et colláudant Fílium Dei.

Rallegriamoci tutti nel Signore celebrando questo giorno di festa in onore del beato Martire Tommaso! Della sua passione gioiscono gli angeli, e insieme lodano il Figlio di Dio. Ps 32:1. Esultate, o giusti, nel Signore, ai buoni si addice la lode. ℣. Gloria al Padre e al Figlio e allo Spirito Santo. ℞. Come era nel principio e ora e sempre nei secoli dei secoli. Amen. Rallegriamoci tutti nel Signore celebrando questo giorno di festa in onore del beato Martire Tommaso! Della sua passione gioiscono gli angeli, e insieme lodano il Figlio di Dio.

Gloria

ORATIO
Orémus.
Deus, pro cujus Ecclésia gloriósus Póntifex Thomas gládiis impiórum occúbuit: praesta, quaesumus; ut omnes, qui ejus implórant auxílium, petitiónis suae salutárem consequántur efféctum. Per Dominum nostrum Jesum Christum, Filium tuum, qui tecum vivit et regnat in unitate Spiritus Sancti Deus, per omnia saecula saeculorum. Amen.

Preghiamo.
O Dio, per la cui Chiesa il glorioso Pontefice Tommaso è caduto sotto la spada degli empi, fa' che tutti quelli che implorano il suo aiuto, ottengano il benefico effetto della loro preghiera. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, in unità con lo Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. Amen.

Si fa la commemorazione dell'Ottava di Natale.

Orémus.
Concéde, quaesumus, omnípotens Deus: ut nos Unigéniti tui nova per carnem Natívitas líberet; quos sub peccáti jugo vetústa sérvitus tenet. Per eundem Dominum nostrum Jesum Christum Filium tuum, qui tecum vivit et regnat in unitate Spiritus Sancti, Deus, per omnia saecula saeculorum. Amen.

Preghiamo.
Concedici, Te ne preghiamo, o Dio onnipotente, che la nuova nascita secondo la carne del tuo Unigenito, liberi noi, che l'antica schiavitù tiene sotto il gioco del peccato. Per il medesimo nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, in unità con lo Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. Amen.

LECTIO
Léctio Epístolae Beáti Pauli Apóstoli ad Hebraeos.
Hebr 5:1-6.
Fratres: Omnis póntifex ex homínibus assúmptus, pro homínibus constitúitur in iis, quae sunt ad Deum: ut ófferat dona, et sacrifícia pro peccátis: qui condolére possit iis, qui ígnorant et errant: quóniam et ipse circúmdatus est infirmitáte: et proptérea debet, quemádmodum pro pópulo, ita étiam et pro semetípso offérre pro peccátis. Nec quisquam sumit sibi honórem, sed qui vocátur a Deo, tamquam Aaron. Sic et Christus non semetípsum clarificávit, ut Póntifex fíeret: sed qui locútus est ad eum: Fílius meus es tu, ego hódie génui te. Quemádmodum et in álio loco dicit: Tu es sacérdos in aetérnum, secúndum órdinem Melchísedech.

Lettura dell'Epistola del Beato Paolo Apostolo agli Ebrei.
Hebr 5:1-6.
Fratelli, ogni pontefice è scelto tra gli uomini ed è costituito a pro degli uomini in tutto ciò che riguarda Dio affinché offra doni e sacrifici in espiazione dei peccati; e affinché sappia compatire gli ignoranti e gli erranti: essendo anch'egli assediato da debolezza. Ecco perché egli deve, come per il popolo, così anche per se stesso offrir sacrificio per i peccati. Tale dignità però nessuno può assumerla di suo arbitrio, ma solo chi è chiamato da Dio, come Aronne. Così anche Cristo non prese da se stesso la gloria d'esser fatto pontefice: ma l'ebbe da Colui che disse: Mio figlio sei tu, io oggi ti ho generato. Come anche altrove dice: Tu sei sacerdote per sempre, secondo l'ordine di Melchisedech.

GRADUALE
Eccli 44:16. Ecce sacérdos magnus, qui in diébus suis plácuit Deo. Eccli 44:20. ℣. Non est invéntus símilis illi, qui conserváret legem Excélsi.

Eccli 44:16. Ecco il grande sacerdote, che nella sua vita piacque a Dio. Eccli 44:20. ℣. Non si trovò alcuno simile a lui nell'osservare la legge dell'Eccelso.

ALLELUJA
Allelúja, allelúja. Joann 10:14. ℣. Ego sum pastor bonus: et cognósco oves meas, et cognóscunt me meae. Allelúja.

Alleluia, alleluia. Joann 10:14. ℣. Io sono il buon Pastore: io conosco le mie pecorelle ed esse conoscono me. Alleluia.

EVANGELIUM
Sequéntia sancti Evangélii secundum Joannem.
Joann 10:11-16.
In illo témpore: Dixit Jesus pharisaeis: Ego sum pastor bonus. Bonus pastor ánimam suam dat pro óvibus suis. Mercenárius autem, et qui non est pastor, cujus non sunt oves própriae, videt lupum veniéntem, et dimíttit oves et fugit: et lupus rapit et dispérgit oves; mercenárius autem fugit, quia mercenárius est et non pértinet ad eum de óvibus. Ego sum pastor bonus: et cognósco meas et cognóscunt me meae. Sicut novit me Pater, et ego agnósco Patrem, et ánimam meam pono pro óvibus meis. Et álias oves hábeo, quae non sunt ex hoc ovíli: et illas opórtet me addúcere, et vocem meam áudient, et fiet unum ovíle et unus pastor.

Seguito del santo Vangelo secondo Giovanni.
Joann 10:11-16.
In quel tempo, disse Gesù ai Farisei: Io sono il buon pastore. Il buon pastore dà la sua vita per le sue pecore. Il mercenario, invece, che non è pastore, al quale non appartengono le pecore, se vede venire il lupo, abbandona le pecore e fugge; allora il lupo rapisce e disperde le pecore. II mercenario fugge, perché è mercenario, e non gli importa delle pecore. Io sono il buon pastore, e conosco le mie pecore, e le mie pecore conoscono me, come il Padre conosce me, e io conosco il Padre; e io dò la mia vita per le mie pecore. Ed ho altre pecore, che non sono di quest'ovile: anche quelle devo condurre: e ascolteranno la mia voce, e si farà un solo gregge ed un solo pastore.

Omelia di San Giovanni Crisostomo.
Omelia 59 su Giovanni.
È una gran cosa, dilettissimi, è una gran cosa, dico, la dignità di prelato nella Chiesa, e che esige molta sapienza e coraggio come l'ha proposto Cristo che cioè sacrifichiamo la vita per le pecore, e non le abbandoniamo mai; e che resistiamo generosamente al lupo. Poiché questa è la differenza fra il pastore e il mercenario: l'uno, non curandosi delle pecore, pensa solo alla propria salute; l'altro, non curante della propria salute, veglia sempre al benessere delle pecore. Mostrata dunque la caratteristica del pastore, accenna a due ingannatori: al ladro che ammazza e rapisce le pecore, e al mercenario che permette ciò senza difendere le pecore affidategli.
Ciò che altra volta strappava a Ezechiele queste invettive: Guai ai pastori d'Israele: non pascono essi forse se stessi? non è forse dei pastori pascere i greggi? (Ezech 34:2). Ma essi facevano il contrario, condotta delle più criminali e causa d'infiniti mali. Perciò dice: Non sollevavano le cadute; né cercavano le traviate; né fasciavano le membra rotte, né curavano le malate, solleciti com'erano non di pascere il gregge, ma solo di sé (Ezech 34:4). Lo stesso esprime Paolo in altri termini: Tutti cercano il proprio interesse, non quello di Gesù Cristo (Philipp 2:21).
Ma Cristo si dimostra ben diverso da tutti e due: da quelli cioè che vengono per la rovina altrui, dichiarando d'esser egli venuto perché abbiano la vita e l'abbiano abbondantemente (Joann 10:10); e da quelli che permettevano colla loro negligenza ai lupi di rapir le pecore, dichiarando ch'egli dava la sua vita, perché le sue pecore non perissero (Joann 10:15). Difatti benché i Giudei cercassero di ucciderlo, non per questo cessò d'insegnare né abbandonò i suoi discepoli, ma rimase al suo posto, e soffrì la morte; perciò ripete spesso: Io sono il buon pastore (Joann 10:11). Ma queste cose non vedendosi provate (che desse infatti la sua vita, si avverò solo qualche tempo dopo; e che avessero la vita, e l'avessero sovrabbondantemente, non doveva realizzarsi che nel secolo futuro), egli conferma l'una cosa coll'altra.

Credo

OFFERTORIUM
Ps 20:4-5. Posuísti, Dómine, in capite ejus corónam de lápide pretióso: vitam pétiit a te, et tribuísti ei, allelúja.

Ps 20:4-5. O Signore, gli hai posto in capo una corona di pietre preziose: Ti chiese la vita e tu gliela desti, alleluia.

SECRETA
Múnera tibi, Dómine, dicáta sanctífica: et, intercedénte beáto Thoma Mártyre tuo atque Pontífice, per éadem nos placátus inténde. Per Dominum nostrum Jesum Christum, Filium tuum, qui tecum vivit et regnat in unitate Spiritus Sancti Deus, per omnia saecula saeculorum. Amen.

Santifica, Signore, i doni a te consacrati: e per questi medesimi doni, intercedendo il beato Tommaso Martire tuo e Vescovo, guardaci con clemenza. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, in unità con lo Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. Amen.

Si fa la commemorazione dell'Ottava di Natale.

Obláta, Dómine, múnera, nova Unigéniti tui Nativitáte sanctífica: nosque a peccatórum nostrórum máculis emúnda. Per eundem Dominum nostrum Jesum Christum Filium tuum, qui tecum vivit et regnat in unitate Spiritus Sancti, Deus, per omnia saecula saeculorum. Amen.

Santifica, o Signore, con la nuova nascita del tuo Unigenito, i doni offerti, e purificaci dalle macchie dei nostri peccati. Per il medesimo nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, in unità con lo Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. Amen.

PRAEFATIO DE NATIVITATE DOMINI
Vere dignum et justum est, aequum et salutáre, nos tibi semper et ubíque grátias ágere: Dómine sancte, Pater omnípotens, aetérne Deus: Quia per incarnáti Verbi mystérium nova mentis nostrae óculis lux tuae claritátis infúlsit: ut, dum visibíliter Deum cognóscimus, per hunc in invisibílium amorem rapiámur. Et ideo cum Angelis et Archángelis, cum Thronis et Dominatiónibus cumque omni milítia coeléstis exércitus hymnum glóriae tuae cánimus, sine fine dicentes: Sanctus, Sanctus, Sanctus Dóminus, Deus Sábaoth. Pleni sunt coeli et terra glória tua. Hosánna in excélsis. Benedíctus, qui venit in nómine Dómini. Hosánna in excélsis.

È veramente degno e giusto, conveniente e salutare, che noi, sempre e in ogni luogo, Ti rendiamo grazie, o Signore Santo, Padre Onnipotente, Eterno Iddio: Poiché mediante il mistero del Verbo incarnato rifulse alla nostra mente un nuovo raggio del tuo splendore, così che mentre visibilmente conosciamo Dio, per esso veniamo rapiti all'amore delle cose invisibili. E perciò con gli Angeli e gli Arcangeli, con i Troni e le Dominazioni, e con tutta la milizia dell'esercito celeste, cantiamo l'inno della tua gloria, dicendo senza fine: Santo, Santo, Santo il Signore Dio degli eserciti. I cieli e la terra sono pieni della tua gloria. Osanna nell'alto dei cieli. Benedetto colui che viene nel nome del Signore. Osanna nell'alto dei cieli.

COMMUNICANTES DE NATIVITATE DOMINI
Communicántes, et diem sacratíssimum celebrántes, quo beátae Maríae intemeráta virgínitas huic mundo édidit Salvatórem: sed et memóriam venerántes, in primis ejúsdem gloriósae semper Vírginis Maríae, Genitrícis ejúsdem Dei et Dómini nostri Jesu Christi: sed et beatórum Apostolórum ac Mártyrum tuórum, Petri et Pauli, Andréae, Jacóbi, Joánnis, Thomae, Jacóbi, Philíppi, Bartholomaei, Matthaei, Simónis et Thaddaei: Lini, Cleti, Cleméntis, Xysti, Cornélii, Cypriáni, Lauréntii, Chrysógoni, Joánnis et Pauli, Cosmae et Damiáni: et ómnium Sanctórum tuórum; quorum méritis precibúsque concédas, ut in ómnibus protectiónis tuae muniámur auxílio. Per eúndem Christum, Dóminum nostrum. Amen.

Uniti in una stessa comunione, celebriamo il giorno santissimo nel quale l'intemerata verginità della beata Maria diede a questo mondo il Salvatore; e veneriamo anzitutto la memoria della stessa gloriosa sempre Vergine Maria, Madre del medesimo nostro Dio e Signore Gesù Cristo: e dei tuoi beati Apostoli e Martiri, Pietro e Paolo, Andrea, Giacomo, Giovanni, Tommaso, Giacomo, Filippo, Bartolomeo, Matteo, Simone e Taddeo, Lino, Cleto, Clemente, Sisto, Cornelio, Cipriano, Lorenzo, Crisogono, Giovanni e Paolo, Cosma e Damiano, e di tutti i tuoi Santi; per i meriti e per le preghiere dei quali concedi che in ogni cosa siamo assistiti dall'aiuto della tua protezione. Per il medesimo Cristo nostro Signore. Amen.

COMMUNIO
Joann 10:14. Ego sum pastor bonus: et cognósco oves meas, et cognóscunt me meae.

Joann 10:14. Io sono il buon Pastore: io conosco le mie pecorelle ed esse conoscono me.

POSTCOMMUNIO
Orémus.
Haec nos commúnio, Dómine, purget a crímine: et, intercedénte beáto Thoma Mártyre tuo atque Pontífice, coeléstis remédii fáciat esse consórtes. Per Dominum nostrum Jesum Christum, Filium tuum, qui tecum vivit et regnat in unitate Spiritus Sancti Deus, per omnia saecula saeculorum. Amen.

Preghiamo.
Questa comunione ci mondi dalla colpa, o Signore, e per l'intercessione del beato Tommaso Martire tuo e Vescovo, ci renda perennemente partecipi del rimedio celeste. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, in unità con lo Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. Amen.

Si fa la commemorazione dell'Ottava di Natale.

Orémus.
Praesta, quaesumus, omnípotens Deus: ut natus hódie Salvátor mundi, sicut divínae nobis generatiónis est auctor; ita et immortalitátis sit ipse largítor: Qui tecum vivit et regnat in unitate Spiritus Sancti Deus per omnia saecula saeculorum. Amen.

Preghiamo.
Fa', Te ne preghiamo, o Dio onnipotente, che il Salvatore del mondo, oggi nato, come è l'autore della nostra divina rigenerazione, così ci sia anche datore dell'immortalità. Lui che è Dio, e vive e regna con te, in unità con lo Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. Amen.

venerdì 28 dicembre 2018

I Santi Innocenti, Martiri

Stazione a San Paolo fuori le mura.
Doppio di II classe con Ottava semplice.
Paramenti violacei.

La festa dei Santi Innocenti rimonta al V secolo circa. Il massacro di questi fanciulli manifesta la regalità di Nostro Signore Gesù Cristo. Il re Erode vede un rivale nel Bambino di Betlemme perché crede alla parola dei Magi e a quella dei capi dei Sacerdoti che ha consultato; perciò perseguita con gelosia questo «Re dei Giudei che è nato ora» (Evangelium dell'Epifania). Ma canta la Santa Chiesa: «crudele Erode, che temi tu da un Dio che viene a regnare? Non abbatte gli scettri mortali, Egli, che dà i regni celesti» (Inno dei Vespri dell'Epifania). «È questo Dio-Re che gli Innocenti testimoniano con la loro morte» (Oratio). «La loro passione è l'esaltazione di Cristo» (III Notturno del Mattutino). E la lode che essi rendono a Dio è per i nemici di Nostro Signore Gesù Cristo motivo di confusione (Introitus), perché, invece di raggiungere il loro scopo, essi compiono semplicemente le profezie che annunciavano: «il Figlio dell'Uomo tornerà dall'Egitto» (Evangelium) e si udiranno da Betlemme i lamenti delle madri piangenti i loro figli. Per dipingerci con colori più vivi la loro disperazione, il profeta Geremia evoca Rachele, che riempie dei suoi lamenti i dintorni di Rama (città situata a due ore a nord di Gerusalemme, nell'antico territorio di Beniamino, figlio di Rachele), perché i suoi figli sono morti. Come una madre compassionevole, la Santa Chiesa fa suo il lutto delle madri betlemite; inoltre, a motivo della temporanea pena del danno che subirono gli Innocenti nel Limbo dei Padri sopprime il canto del Gloria e dell'Alleluja, e riveste i suoi sacerdoti di paramenti di dolore, violacei, riservando i rossi al giorno ottavo (4 gennaio).
La Santa Chiesa tiene la sua Stazione nella Basilica di San Paolo fuori le mura, ove si venerano alcune reliquie dei Santi Innocenti.
Attestiamo con una vita senza vizi la divinità di Nostro Signore Gesù Cristo, che queste anime innocenti hanno confessato con la loro morte (Oratio).

Sermone di Sant'Agostino, Vescovo.
Sermone 10 sui Santi.
Quest'oggi, fratelli carissimi, noi celebriamo il natale di quei bambini che il testo del Vangelo ci dice essere stati uccisi dal crudelissimo re Erode. E perciò con somma gioia esulti la terra, madre feconda di questi celesti soldati e di tali prodigi. Certo, l'empio tiranno non avrebbe potuto giovare tanto a questi fanciulli col suo affetto quanto giovò loro coll'odio. Perché, come manifesta la sacra solennità di questo giorno, quanto più grande fu l'iniquità contro i beati fanciulli, tanto più copiosa discese su di essi la grazia e la benedizione.
Beata te, o Betlemme, terra di Giuda, che soffristi la crudeltà del re Erode nella strage dei tuoi fanciulli; che nello stesso tempo meritasti di offrire a Dio una candida moltitudine di imbelle infanzia. Giustamente pertanto celebriamo il natale di quelli che il mondo, facendoli nascere all'eterna vita, rese più felici di quello che facessero le loro madri generandoli alla terra. Perché furono trovati degni della vita eterna, prima ancora d'aver fatto uso della vita presente.
La morte preziosa di altri Martiri merita lode per la confessione, quella di questi è gloriosa per l'immolazione; poiché ai primordi d'una vita incipiente, la morte che mise fine alla vita presente, valse loro subito d'entrare in possesso della gloria. Essi che l'empietà di Erode strappò ancora lattanti dal seno delle madri, sono a buon diritto chiamati fiori dei Martiri, perché, sbocciati in mezzo al freddo dell'incredulità, la brina della persecuzione li seccò come prime tenere gemme della Chiesa.

Sermone di Sant'Agostino, Vescovo.
Sermone 1 sugli Innocenti.
Colla nascita del Signore incomincia un lutto, non in cielo, ma in terra: le madri si lamentano, gli Angeli esultano, dei fanciulli son tolti dal mondo. È nato un Dio: si devono delle vittime Innocenti a Lui che viene per condannare la malizia del mondo. Si devono immolare degli agnelli, perché l'Agnello che toglie i peccati del mondo, dovrà essere crocifisso. Ma le pecore, loro madri, urlano, perché perdono i loro agnelli che sanno appena belare. Grande martirio, crudele spettacolo! Si sguaina la spada, ma senza alcun motivo: sola strilla la gelosia, perché colui che è nato non commette alcuna violenza. Ma consideriamo le madri che si lamentano sui loro agnelli. Una voce s'è udita in Rama, gran pianti e urla (Jer 31:15). Esse (si vedono private) di un pegno che non hanno solo ricevuto in custodia, ma generato; non viene dato in deposito, ma è esposto (al macello).
È testimone la stessa natura, che lottava contro i Martiri, quando il tiranno gettava gli infanti. La madre si strappava i capelli del capo, la quale perdeva l'ornamento del capo. In quanti modi voleva nascondere l'infante, e lo stesso bambinello si palesava! Non sapeva tacere, perché non aveva ancora imparato a temere. La madre lottava, ed anche il carnefice: egli tirava, ella tratteneva. La madre gridava al carnefice: Perché me lo togli, che l'ho generato da me? Il ventre l'ha generato, egli non rimase, quando visse, invano torcendo per il latte le mie poppe. Lo trasportai con cura, mentre lo vedo da te essere gettato con mano crudele. Lo hanno appena rilasciato le mie viscere, e tu lo sbatti a terra.
Esclamava un'altra madre, mentre l'esattore furfante non obbligava che fosse insieme al piccolo uccisa la madre: Perché mi lasci incolume? Se c'è colpa, è mia; se non c'è crimine, congiungi la morte, e libera la madre. Un'altra diceva: Che cercate? Cercate uno, ed uccidete molti; e all'uno, che è uno, non potete giungere. Un'altra al contrario gridava: Vieni già, vieni Salvatore del mondo, quanto aspetti? Non temi nessuno: ti veda il soldato, e non uccida i nostri infanti. Si mescolava il lamento delle madri, e l'offerta dei piccoli se ne andava al cielo.




INTROITUS
Ps 8:3. Ex ore infántium, Deus, et lacténtium perfecísti laudem propter inimicos tuos. Ps 8:2. Dómine, Dóminus noster: quam admirábile est nomen tuum in univérsa terra! ℣. Glória Patri, et Fílio, et Spirítui Sancto. ℞. Sicut erat in princípio, et nunc, et semper, et in saecula saeculórum. Amen. Ex ore infántium, Deus, et lacténtium perfecísti laudem propter inimicos tuos.

Ps 8:3. O Dio, dalle labbra dei bambini e dei lattanti cavi lode a confusione dei tuoi nemici. Ps 8:2. O Signore, Signor nostro, quant'è mirabile il tuo Nome su tutta la terra! ℣. Gloria al Padre e al Figlio e allo Spirito Santo. ℞. Come era nel principio e ora e sempre nei secoli dei secoli. Amen. O Dio, dalle labbra dei bambini e dei lattanti cavi lode a confusione dei tuoi nemici.

Si dice il Gloria in excelsis quando la festa cade di Domenica o si celebra con rito doppio di I classe.

ORATIO
Orémus.
Deus, cujus hodierna die praecónium Innocéntes Mártyres non loquéndo, sed moriéndo conféssi sunt: ómnia in nobis vitiórum mala mortífica; ut fidem tuam, quam lingua nostra lóquitur, étiam móribus vita fateátur. Per Dominum nostrum Jesum Christum, Filium tuum, qui tecum vivit et regnat in unitate Spiritus Sancti Deus, per omnia saecula saeculorum. Amen.

Preghiamo.
I santi Innocenti Martiri, o Signore, hanno oggi proclamato il tuo messaggio non a parole ma col sangue: inaridisci in noi le radici del male, perché la tua fede che professiamo con le labbra, sia testimoniata dalla nostra vita. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, in unità con lo Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. Amen.

Si fa la commemorazione dell'Ottava di Natale.

Orémus.
Concéde, quaesumus, omnípotens Deus: ut nos Unigéniti tui nova per carnem Natívitas líberet; quos sub peccáti jugo vetústa sérvitus tenet. Per eundem Dominum nostrum Jesum Christum Filium tuum, qui tecum vivit et regnat in unitate Spiritus Sancti, Deus, per omnia saecula saeculorum. Amen.

Preghiamo.
Concedici, Te ne preghiamo, o Dio onnipotente, che la nuova nascita secondo la carne del tuo Unigenito, liberi noi, che l'antica schiavitù tiene sotto il gioco del peccato. Per il medesimo nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, in unità con lo Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. Amen.

«Come lo manifesta la santa solennità di questo giorno, quanto l'iniquità s'è accanita contro questi fortunati fanciulli, altrettanto si sparse su di essi la grazia della benedizione celeste. Il mondo, nel farli nascere alla vita eterna, li ha resi più felici di quanto non avevano fatto le madri generandoli per questa terra: poiché sono stati trovati degni di una vita senza fine, prima di aver potuto far uso della vita presente» (Sant'Agostino, II Notturno del Mattutino).
La Santa Chiesa ci descrive la loro felicità in Cielo con la visione che ebbe San Giovanni, nella quale egli vide in Cielo una schiera eletta in mezzo ai riscattati. Sono le anime verginali preservate in modo speciale dal peccato, e che formano la parte eletta di quelli che sono stati riscattati dall'Agnello di Dio. Ad essi appartengono i santi Innocenti: nella loro bocca non s'è trovata menzogna, essi sono vergini e «uccisi per il Verbo di Dio e gli hanno reso testimonianza» (IV responsorio del Mattutino) e hanno lavate le loro stole nel sangue dell'Agnello.

LECTIO
Léctio libri Apocalýpsis Beáti Joánnis Apóstoli.
Apoc 14:1-5.
In diébus illis: Vidi supra montem Sion Agnum stantem, et cum eo centum quadragínta quatuor mília, habéntes nomen ejus, et nomen Patris ejus scriptum in fróntibus suis. Et audívi vocem de coelo, tamquam vocem aquárum multárum, et tamquam vocem tonítrui magni: et vocem, quam audívi, sicut citharaedorum citharizántium in cítharis suis. Et cantábant quasi cánticum novum ante sedem, et ante quátuor animália, et senióres: et nemo póterat dícere cánticum, nisi illa centum quadragínta quátuor mília, qui empti sunt de terra. Hi sunt, qui cum muliéribus non sunt coinquináti: vírgines enim sunt. Hi sequúntur Agnum, quocúmque íerit. Hi empti sunt ex homínibus primítiae Deo, et Agno: et in ore eórum non est invéntum mendácium: sine mácula enim sunt ante thronum Dei.

Lettura del libro dell'Apocalisse del Beato Giovanni Apostolo.
Apoc 14:1-5.
Poi guardai, e vidi l'Agnello che stava sul monte Sion e con lui centoquarantaquattromila persone che avevan scritto in fronte il Nome di Lui e quello del suo Padre. E udii venir dal cielo un suono simile al rumore di molte acque e al rombo di gran tuono, e il suono che sentivo era come un concerto di arpisti che suonino i loro strumenti. E cantavano come un cantico nuovo dinanzi al trono, dinanzi ai quattro viventi e ai vegliardi, cantico che nessuno poteva imparare, se non quei centoquarantaquattromila riscattati dalla terra: quelli cioè che non si sono macchiati con donne, essendo vergini. Essi seguono l'Agnello dovunque vada; essi furon riscattati di mezzo agli uomini, quale primizie a Dio e all'Agnello; né fu trovata menzogna nella loro bocca; e sono senza macchia davanti al trono di Dio.

GRADUALE
Ps 123:7-8. Anima nostra, sicut passer, erépta est de láqueo venántium. ℣. Láqueus contrítus est, et nos liberáti sumus: adjutórium nostrum in nómine Dómini, qui fecit coelum et terram.

Ps 123:7-8. L'anima nostra come passero è sfuggita al laccio del cacciatore. ℣. Il laccio si spezzò, e noi siamo stati liberati. II nostro aiuto è nel nome del Signore, Egli ha fatto cielo e terra.

Si dice l'Alleluja con il suo versetto quando la festa cade di Domenica o si celebra con rito doppio di I classe.

ALLELUJA
Allelúja, allelúja. Ps 112:1. ℣. Laudáte, púeri, Dóminum, laudáte nomen Dómini. Allelúja.

Alleluia, alleluia. Ps 112:1. ℣. Lodate, o bimbi, il Signore; lodate il nome del Signore. Alleluia.

Il Tractus non si dice quando è stato recitato l'Alleluja.

TRACTUS
Ps 78:3; 78:10. Effundérunt sánguinem sanctórum, velut aquam, in circúitu Jerúsalem. ℣. Et non erat qui sepelíret. ℣. Víndica, Dómine, sánguinem sanctórum tuórum, qui effúsus est super terram.

Ps 78:3; 78:10. Hanno sparso come acqua il sangue dei santi intorno a Gerusalemme. ℣. E  non v'era chi li seppellisse. ℣. Vendica, Signore, il sangue dei tuoi santi, che è stato sparso sulla terra.

Nostro Signore Gesù Cristo, fin dalla sua infanzia, fu perseguitato dagli uomini. Per essere sicuro di raggiungere il suo fine, il re Erode aveva fatti uccidere tutti i fanciulli di Betlemme fino ai due anni. Per le madri fu un dolore grande, e in questo San Matteo vede la realizzazione di una profezia del profeta Geremia, fatta nel tempo della presa di Gerusalemme da parte dei Caldei. I Giudei, che dovevano essere deportati a Babilonia, furono concentrati in Rama, città a due ore al nord di Gerusalemme, nell'antico territorio di Beniamino. E per esprimere quanto grande fosse allora la desolazione del popolo di Dio, il profeta suppose, con una figura commovente, che Rachele, madre di Beniamino, uscita in questo momento dal suo sepolcro, che era nelle vicinanze di Betlemme, pianga i suoi discendenti. Così le madri dei piccoli Innocenti avrebbero pianto sui loro figli.

EVANGELIUM
Sequéntia sancti Evangélii secundum Matthaeum.
Matt 2:13-18.
In illo témpore: Angelus Dómini appáruit in somnis Joseph, dicens: Surge, et áccipe Púerum et Matrem ejus, et fuge in Aegýptum, et esto ibi, usque dum dicam tibi. Futúrum est enim, ut Heródes quaerat Púerum ad perdéndum eum. Qui consúrgens accépit Púerum et Matrem ejus nocte, et secéssit in Aegýptum: et erat ibi usque ad óbitum Heródis: ut adimplerétur quod dictum est a Dómino per Prophétam dicéntem: Ex Aegýpto vocávi Fílium meum. Tunc Heródes videns, quóniam illúsus esset a Magis, irátus est valde, et mittens occídit omnes púeros, qui erant in Béthlehem et in ómnibus fínibus ejus, a bimátu et infra, secúndum tempus, quod exquisíerat a Magis. Tunc adimplétum est, quod dictum est per Jeremíam Prophetam dicéntem: Vox in Rama audíta est, plorátus et ululátus multus: Rachel plorans fílios suos, et nóluit consolári, quia non sunt.

Seguito del santo Vangelo secondo Matteo.
Matt 2:13-18.
In quel tempo, (partiti i Magi) ecco un Angelo del Signore apparire a Giuseppe in sogno e dirgli: Levati, prendi il bambino e sua madre, e fuggi in Egitto; e resta là finché non t'avviserò, perché Erode cercherà del bambino per farlo morire. Egli, alzatosi, durante la notte, prese il bambino e la madre di lui e si ritirò in Egitto, ove stette fino alla morte di Erode, affinché si adempisse quanto era stato detto dal Signore per il profeta: Dall'Egitto ho richiamato il mio Figlio. Allora Erode, vedendosi burlato dai Magi, s'irritò grandemente e mandò ad uccidere tutti i fanciulli maschi che erano in Betlemme e in tutti i suoi dintorni, dai due anni in giù, secondo il tempo che aveva rilevato dai Magi. Allora si adempì ciò che era stato detto per bocca del profeta Geremia: Un grido si è udito in Rama, di gran pianto e lamento: Rachele che piange i figli suoi, e non vuole esser consolata, perché non ci sono più.

Omelia di San Girolamo, Prete.
Libro 1 Commento al cap. 2 di Matteo e nella Glossa Ord.
Quando prese il Bambino e la sua Madre per andare in Egitto, lo prese di notte e nelle tenebre: perché lasciò nella notte dell'ignoranza gl'increduli dai quali egli s'allontanò. Quando invece ritorna nella Giudea, nel Vangelo non si parla né di notte né di tenebre: perché alla fine del mondo i Giudei, ricevendo la fede figurata in Cristo che ritorna dall'Egitto, saranno nella luce.
Affinché si adempisse ciò che è stato detto dal Signore per mezzo del Profeta: Dall'Egitto chiamai il Figlio mio (Os 11:1). Quelli che negano la verità dei libri Ebraici, dicano dove si legga questo nella versione dei Settanta. Ma siccome non lo trovano, noi diciamo loro che ciò è scritto nel profeta Osea, come l'attestano gli esemplari che abbiamo recentemente pubblicati.
Allora si adempì quel che era stato detto dal profeta Geremia: Una voce si udì in Rama, pianto e grande lamento, Rachele che piange i suoi figli (Jer 31:16). Da Rachele nacque Beniamino, nella cui tribù non si trova Betlemme. Si domanda perciò come mai Rachele piange, quasi suoi, i figli di Giuda, cioè di Betlemme. Rispondiamo brevemente: perché ella fu sepolta vicino a Betlemme in Efrata, e che la sua sepoltura le fece dare il nome di madre (di Betlemme); oppure perché Giuda e Beniamino erano due tribù limitrofe, ed Erode aveva comandato di uccidere non solo i bambini in Betlemme, ma anche in tutti i suoi confini.

Omelia di San Giovanni Crisostomo.
Dall'Omelia 8 su Matteo, prima di metà.
Avendo Giuseppe udito queste cose, non subì affatto uno scandalo, né disse: Questa cosa è incerta, ed inoltre ambigua. Tu poco prima dicevi, che salverà il suo popolo, ed ora neanche se stesso può liberare dai pericoli; ma la fuga ci è necessaria, ed il viaggio, e la lontana emigrazione. I fatti sono del tutto contrari alle promesse. Ma nulla di queste affatto oppone: era infatti un uomo di fede; né chiede con curiosità il tempo del ritorno, che certamente non era stato espresso con chiarezza dall'Angelo, ma: Stai là, disse, finché ti dirò.
Invero egli neppure per queste cose divenne più tardo, ma obbedì volentieri, e credette, sostenendo inoltre ogni tribolazione con gioia. Infatti Iddio misericordioso mescolò a questi tristi fatti anche alcune cose liete. Che certamente fa ciò in tutti i santi, che non permette abbiano né continue tribolazioni né gioie; ma tesse come con ammirabile varietà la vita dei giusti, or con avversità, or con prosperità. Considera che anche qui lo abbia fatto.
Vedendo difatti san Giuseppe la Vergine gravida, cadde in massima preoccupazione: ma arrivò subito l'Angelo, estinguendo rapidamente il timore. Quindi vedendo il bambino nato, si riempì di grandissima gioia, ma di nuovo anche a questo gaudio successe un grande pericolo, mentre proprio tutta la città era sconvolta, lo stesso re era furioso, e cercava di uccidere il bambino. Ma anche a questo dolore di nuovo seguì un'altra letizia, l'apparizione cioè della stella, e l'adorazione dei Magi. Dopo anche questa gioia di nuovo un pericolo, e di nuovo paura. Disse: Erode cerca di uccidere il bambino, ed è necessario fuggire ed emigrare in parti lontanissime.

Credo

OFFERTORIUM
Ps 123:7. Anima nostra, sicut passer, erépta est de láqueo venántium: láqueus contrítus est, et nos liberáti sumus.

Ps 123:7. L'anima nostra come passero è sfuggita al laccio del cacciatore; il laccio si spezzò e noi fummo liberati.

SECRETA
Sanctórum tuórum, Dómine, nobis pia non desit orátio: quae et múnera nostra concíliet, et tuam nobis indulgéntiam semper obtíneat. Per Dominum nostrum Jesum Christum, Filium tuum, qui tecum vivit et regnat in unitate Spiritus Sancti Deus, per omnia saecula saeculorum. Amen.

Non ci manchi, o Signore, la pia preghiera dei tuoi santi, che renda gradita la nostra offerta e ci ottenga sempre la tua clemenza. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, in unità con lo Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. Amen.

Si fa la commemorazione dell'Ottava di Natale.

Obláta, Dómine, múnera, nova Unigéniti tui Nativitáte sanctífica: nosque a peccatórum nostrórum máculis emúnda. Per eundem Dominum nostrum Jesum Christum Filium tuum, qui tecum vivit et regnat in unitate Spiritus Sancti, Deus, per omnia saecula saeculorum. Amen.

Santifica, o Signore, con la nuova nascita del tuo Unigenito, i doni offerti, e purificaci dalle macchie dei nostri peccati. Per il medesimo nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, in unità con lo Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. Amen.

PRAEFATIO DE NATIVITATE DOMINI
Vere dignum et justum est, aequum et salutáre, nos tibi semper et ubíque grátias ágere: Dómine sancte, Pater omnípotens, aetérne Deus: Quia per incarnáti Verbi mystérium nova mentis nostrae óculis lux tuae claritátis infúlsit: ut, dum visibíliter Deum cognóscimus, per hunc in invisibílium amorem rapiámur. Et ideo cum Angelis et Archángelis, cum Thronis et Dominatiónibus cumque omni milítia coeléstis exércitus hymnum glóriae tuae cánimus, sine fine dicentes: Sanctus, Sanctus, Sanctus Dóminus, Deus Sábaoth. Pleni sunt coeli et terra glória tua. Hosánna in excélsis. Benedíctus, qui venit in nómine Dómini. Hosánna in excélsis.

È veramente degno e giusto, conveniente e salutare, che noi, sempre e in ogni luogo, Ti rendiamo grazie, o Signore Santo, Padre Onnipotente, Eterno Iddio: Poiché mediante il mistero del Verbo incarnato rifulse alla nostra mente un nuovo raggio del tuo splendore, così che mentre visibilmente conosciamo Dio, per esso veniamo rapiti all'amore delle cose invisibili. E perciò con gli Angeli e gli Arcangeli, con i Troni e le Dominazioni, e con tutta la milizia dell'esercito celeste, cantiamo l'inno della tua gloria, dicendo senza fine: Santo, Santo, Santo il Signore Dio degli eserciti. I cieli e la terra sono pieni della tua gloria. Osanna nell'alto dei cieli. Benedetto colui che viene nel nome del Signore. Osanna nell'alto dei cieli.

COMMUNICANTES DE NATIVITATE DOMINI
Communicántes, et diem sacratíssimum celebrántes, quo beátae Maríae intemeráta virgínitas huic mundo édidit Salvatórem: sed et memóriam venerántes, in primis ejúsdem gloriósae semper Vírginis Maríae, Genitrícis ejúsdem Dei et Dómini nostri Jesu Christi: sed et beatórum Apostolórum ac Mártyrum tuórum, Petri et Pauli, Andréae, Jacóbi, Joánnis, Thomae, Jacóbi, Philíppi, Bartholomaei, Matthaei, Simónis et Thaddaei: Lini, Cleti, Cleméntis, Xysti, Cornélii, Cypriáni, Lauréntii, Chrysógoni, Joánnis et Pauli, Cosmae et Damiáni: et ómnium Sanctórum tuórum; quorum méritis precibúsque concédas, ut in ómnibus protectiónis tuae muniámur auxílio. Per eúndem Christum, Dóminum nostrum. Amen.

Uniti in una stessa comunione, celebriamo il giorno santissimo nel quale l'intemerata verginità della beata Maria diede a questo mondo il Salvatore; e veneriamo anzitutto la memoria della stessa gloriosa sempre Vergine Maria, Madre del medesimo nostro Dio e Signore Gesù Cristo: e dei tuoi beati Apostoli e Martiri, Pietro e Paolo, Andrea, Giacomo, Giovanni, Tommaso, Giacomo, Filippo, Bartolomeo, Matteo, Simone e Taddeo, Lino, Cleto, Clemente, Sisto, Cornelio, Cipriano, Lorenzo, Crisogono, Giovanni e Paolo, Cosma e Damiano, e di tutti i tuoi Santi; per i meriti e per le preghiere dei quali concedi che in ogni cosa siamo assistiti dall'aiuto della tua protezione. Per il medesimo Cristo nostro Signore. Amen.

COMMUNIO
Matt 2:18. Vox in Rama audíta est, plorátus, et ululátus: Rachel plorans fílios suos, et nóluit consolári, quia non sunt.

Matt 2:18. Un grido si è udito in Rama, di gran pianto e lamento: Rachele che piange i figli suoi, e non vuole esser consolata, perché non ci sono più.

POSTCOMMUNIO
Orémus.
Votíva, Dómine, dona percépimus: quae Sanctórum nobis précibus, et praeséntis, quaesumus, vitae páriter et aetérnae tríbue conférre subsídium. Per Dominum nostrum Jesum Christum, Filium tuum, qui tecum vivit et regnat in unitate Spiritus Sancti Deus, per omnia saecula saeculorum. Amen.

Preghiamo.
Abbiamo partecipato, o Signore, ai tuoi santi doni: da essi, per le preghiere dei tuoi santi martiri, venga a noi l'aiuto per la vita presente e per la vita eterna. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, in unità con lo Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. Amen.

Si fa la commemorazione dell'Ottava di Natale.

Orémus.
Praesta, quaesumus, omnípotens Deus: ut natus hódie Salvátor mundi, sicut divínae nobis generatiónis est auctor; ita et immortalitátis sit ipse largítor: Qui tecum vivit et regnat in unitate Spiritus Sancti Deus per omnia saecula saeculorum. Amen.

Preghiamo.
Fa', Te ne preghiamo, o Dio onnipotente, che il Salvatore del mondo, oggi nato, come è l'autore della nostra divina rigenerazione, così ci sia anche datore dell'immortalità. Lui che è Dio, e vive e regna con te, in unità con lo Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. Amen.

CONCLUSIO
℣. Benedicamus Domino.
℞. Deo gratias.

℣. Benediciamo il Signore.
℞. Rendiamo grazie a Dio.

OTTAVA DEI SANTI INNOCENTI, MARTIRI (4 GENNAIO)
Semplice.
Paramenti rossi.

Si dice la Santa Messa come nella festa, omettendo la commemorazione dell'Ottava di Natale. Si dicono il Gloria in excelsis, l'Alleluja con il suo versetto dopo il Graduale, e l'Ite, missa est in fine della Santa Messa. Non si dicono il Credo e il Communicantes de Nativitate Domini.