domenica 16 dicembre 2018

Novena del Santo Natale di Nostro Signore Gesù Cristo

(Incomincia il 16 dicembre, festa il 25 dicembre)

Questa Novena del Santo Natale si compone di nove Meditazioni, una per ciascun giorno della Novena, e fu scritta da Sant'Alfonso Maria de' Liguori e raccolta nel suo devozionario, Via della Salute.


Il Natale di Nostro Signore Gesù Cristo, Messale Romano 1943.


℣. Deus, in adiutorium meum intende.
℞. Domine, ad adiuvandum meum festina.
Gloria Patri.

℣. O Dio, provvedi al mio soccorso.
℞. Signore, affrettati ad aiutarmi.
Gloria al Padre.

CORONELLA
che deve recitarsi prima di ciascuna Meditazione.
I. Gesù mio dolcissimo, che nasceste in una grotta, e poi foste collocato in una mangiatoja sulla paglia, abbiate di noi pietà. ℞. Abbiate pietà, Signore, abbiate di noi pietà. Pater noster. Ave Maria. Gloria Patri.
II. Gesù mio dolcissimo, che foste presentato, ed offerto da Maria nel tempio, per essere poi un giorno sagrificato per noi sopra la croce, abbiate di noi pietà. ℞. Abbiate pietà, Signore, abbiate di noi pietà. Pater noster. Ave Maria. Gloria Patri.
III. Gesù mio dolcissimo, che foste perseguitato da Erode, e costretto a fuggire in Egitto, abbiate di noi pietà. ℞. Abbiate pietà, Signore, abbiate di noi pietà. Pater noster. Ave Maria. Gloria Patri.
IV. Gesù mio dolcissimo, che dimoraste in Egitto per sette anni povero, sconosciuto, e disprezzato da quella barbara gente, abbiate di noi pietà. ℞. Abbiate pietà, Signore, abbiate di noi pietà. Pater noster. Ave Maria. Gloria Patri.
V. Gesù mio dolcissimo, che ritornaste alla vostra patria per esser ivi un giorno crocifisso in mezzo a due ladri, abbiate di noi pietà. ℞. Abbiate pietà, Signore, abbiate di noi pietà. Pater noster. Ave Maria. Gloria Patri.
VI. Gesù mio dolcissimo, che fanciullo di dodici anni rimaneste nel tempio a disputar co' dottori, e dopo tre giorni foste ritrovato da Maria, abbiate di noi pietà. ℞. Abbiate pietà, Signore, abbiate di noi pietà. Pater noster. Ave Maria. Gloria Patri.
VII. Gesù mio dolcissimo, che viveste nascosto per tanti anni nella bottega di Nazzaret, servendo a Maria, ed a Giuseppe, abbiate di noi pietà. ℞. Abbiate pietà, Signore, abbiate di noi pietà. Pater noster. Ave Maria. Gloria Patri.
VIII. Gesù mio dolcissimo, che tre anni prima della vostra passione usciste a predicare insegnando la via della salute, abbiate di noi pietà. ℞. Abbiate pietà, Signore, abbiate di noi pietà. Pater noster. Ave Maria. Gloria Patri.
IX. Gesù mio dolcissimo, che finalmente per nostro amore terminaste la vita morendo in croce, abbiate di noi pietà. ℞. Abbiate pietà, Signore, abbiate di noi pietà. Pater noster. Ave Maria. Gloria Patri.

PRIMA MEDITAZIONE
Dell'amor di Dio in farsi uomo.
Consideriamo l'amore immenso, che Iddio ci dimostrò in farsi uomo per ottenere a noi la salute eterna. Pecca Adamo il nostro primo padre, e ribellandosi da Dio, vien discacciato dal Paradiso, e condannato, alla morte eterna con tutti noi suoi discendenti. Ma ecco il Figlio di Dio, che vedendo perduto l'uomo, per liberarlo dalla morte si offerisce a prendere carne umana, ed a morire giustiziato in croce. Ma, Figlio, par che allora gli dicesse il Padre, pensa che in terra dovrai fare una vita umile, e penosa. Dovrai nascere in una grotta fredda, ed essere posto in una mangiatoja di bestie. Dovrai bambino fuggire in Egitto per iscampare dalle mani di Erode. Ritornato da Egitto dovrai vivere in una bottega da umile garzone, povero e disprezzato. Finalmente a forza di dolori lasciar la vita sopra una croce, svergognato, ed abbandonato da tutti. Padre, non importa, risponde il Figlio, di tutto mi contento, purché si salvi l'uomo.
Che si direbbe mai, se un Principe, avendo compassione d'un verme morto volesse diventare egli verme, e facendo un bagno del suo sangue, morisse per dar la vita al verme? Più di quello ha fatto per noi il Verbo eterno, ch'essendo Dio, ha voluto farsi verme come noi, e morire per noi, affin di acquistarci la vita perduta della grazia divina. Vedendo egli, che con tanti doni a noi fatti non avea potuto guadagnarsi il nostro amore, che fece? Si fece uomo, e ci diede tutto se stesso. Verbum caro factum est, et tradidit semetipsum pro nobis. L'uomo disprezzando Dio, dice San Fulgenzio, si partì da Dio: ma Iddio amando l'uomo, venne dal cielo a ritrovare l'uomo. E perché venne? Venne, acciocché l'uomo conoscesse, quanto Dio l'amava, e così almeno per gratitudine l'amasse. Anche le bestie, che ci vengono appresso, si fanno amare: e noi perché siamo così ingrati con un Dio, che scende dal cielo in terra per farsi da noi amare? Un giorno dicendosi da un Sacerdote quelle parole della Messa: Et Verbum caro factum est; un uomo ivi presente non fece alcun atto di riverenza; allora il demonio gli diede un grande schiaffo, dicendogli: Ah ingrato! Se Dio avesse fatto tanto per me, quanto ha fatto per te, io starei sempre colla faccia per terra a ringraziarlo.
Affetti e Preghiere.
O Gran Figlio di Dio, voi vi siete fatto uomo per farvi amare dagli uomini, ma dov'è l'amore, che gli uomini vi portano? Voi avete dato il sangue, e la vita per salvare l'anime nostre, e perché poi vi siamo noi così sconoscenti, che in vece d'amarvi vi disprezziamo con tanta ingratitudine! Ed ecco, Signore, io sono stato uno, che più degli altri vi ho maltrattato così. Ma la vostra passione è la speranza mia. Deh per quell'amore, che vi fece prendere carne umana, e morire per me sopra la croce, perdonatemi tutte l'offese, che vi ho fatte. Vi amo, o Verbo incarnato, vi amo, mio Dio, v'amo, bontà infinita; e mi pento di quanti disgusti vi ho dati, vorrei morirne di dolore. Datemi, Gesù mio, il vostro amore, non mi fate vivere più ingrato all'affetto, che mi avete portato. Io vi voglio sempre amare. Datemi la santa perseveranza.
O Maria madre di Dio, e madre mia, impetratemi voi dal vostro figlio la grazia d'amarlo sempre fino alla morte.

SECONDA MEDITAZIONE
Dell'amore di Dio in nascere bambino.
Poteva il Figlio di Dio nel farsi uomo per nostro amore, comparire al mondo in età di uomo perfetto, come comparve Adamo, quando fu creato: ma perché i bambini sogliono maggiormente tirarsi l'amore di chi li guarda, perciò volle egli comparire in terra da bambino, e da bambino il più povero ed abbietto, che mai tra' bambini sia nato. Scrisse San Pier Grisologo: Così volle nascere il nostro Dio, perché così volle essere amato. Avendo già predetto il Profeta Isaia, che il Figlio di Dio dovea nascer bambino, e così darsi tutto a noi per l'amore, che ci portava: Parvulus natus ex nobis, filius datus est nobis (Isa. 9, 6).
Ah Gesù mio, mio sommo e vero Dio, e chi mai dal cielo vi ha tirato a nascere in una grotta, se non l'amore che portate agli uomini? Chi dal seno del Padre vi ha indotto a collocarvi in una mangiatoja? Chi dal regnare sopra le stelle vi ha posto a giacere sopra la paglia? Chi da mezzo a' Cori dagli Angeli vi ha ridotto a starvene tra due animali? Voi infiammate di tanto fuoco i Serafini, ed ora tremate di freddo in quella stalla? Voi date il moto a' cieli, ed al sole, ed ora per muovervi avete bisogno di chi vi prenda in braccio? Voi provedete di cibi gli uomini, e le bestie, ed ora avete bisogno d'un poco di latte per sostentarvi la vita? Voi siete l'allegrezza del Cielo, ed ora come vi sento piangere, e vagire? Ditemi, chi v'ha ridotto a tante miserie? Quis hoc fecit? Fecit amor, dice San Bernardo; l'ha fatto l'amor, che voi portate agli uomini.
Affetti e Preghiere.
Ah mio caro bambino, ditemi che siete venuto a fare in questa terra? Ditemi che andate cercando? Ah già v'intendo, voi siete venuto a morire per me, per liberarmi dall'Inferno. Siete venuto a cercare me pecorella perduta, acciocché io non fugga più da voi, e vi ami. Ah Gesù mio, mio tesoro, mia vita, mio amore, mio tutto, se non amo voi, chi voglio amare? Dove posso trovarmi un padre, un amico, uno sposo più amabile di voi, e che più di voi mi ha voluto bene? Vi amo, caro mio Dio, vi amo, unico mio bene. Mi dispiace d'essere stato tanti anni al mondo, e non avervi amato, anzi d'avervi offeso, e disprezzato. Perdonatemi, amato mio Redentore, che io mi pento d'avervi così trattato, e me ne dispiace con tutta l'anima mia. Perdonatemi, e datemi la grazia, che io da voi più non mi separi, e vi ami sempre nella vita che mi resta. Amor mio, a voi tutto mi dono; accettatemi, e non mi rifiutate, com'io meriterei.
Maria, voi siete l'avvocata mia, voi colle vostre preghiere ottenete quanto desiderate da questo figlio; pregatelo che mi perdoni, e mi dia la santa perseveranza fino alla morte.

TERZA MEDITAZIONE
Della vita povera, che cominciò a fare Gesù sin dalla sua Nascita.
Dispone Iddio, che nel tempo in cui nacque il suo Figlio in questa terra, uscisse l'ordine dell'Imperadore, che ognuno andasse a scriversi nel luogo della sua origine. E così avvenne, che dovendo andare Giuseppe colla sua sposa in Betlemme a farsi scrivere secondo l'editto di Cesare, giunta l'ora del parto, ed essendo stata Maria discacciata dall'altre case, ed anche dall'ospizio comune de' poveri, fu ella costretta a starsene in quella notte in una grotta, ed ivi partorì il Re del cielo. Se Gesù fosse nato in Nazzarette, è vero che ancora sarebbe nato da povero; ma almeno avrebbe avuta una stanza asciutta, un poco di fuoco, pannicelli caldi, ed una culla più comoda. Ma no, egli volle nascere in quella grotta fredda, e senza fuoco; volle che una mangiatoja gli servisse di culla, ed un poco di paglia pungente gli servisse di letto, per più patire.
Entriamo per tanto nella spelonca di Betlemme, ma entriamoci con fede. Se ci entreremo senza fede, altro non vedremo, che un povero Bambino, che ci muove a compassione in rimirarlo così bello, che trema, e piange per lo freddo, e per la paglia che lo punge. Ma se ci entreremo con fede, penseremo, che questo Bambino è il Figlio di Dio, che per nostro amore è venuto in terra, e tanto patisce per pagare i nostri peccati; come sarà possibile non ringraziarlo, e non amarlo?
Affetti e Preghiere.
Ah dolce mio Bambino, come io, sapendo quanto avete patito per me, ho potuto esservi tanto ingrato con darvi tanti disgusti? Ma queste lagrime che spargete, questa povertà che avete eletta per mio amore, mi fanno sperare il perdono dell'offese, che vi ho fatte. Mi pento, Gesù mio, di quante volte vi ho voltate le spalle, e vi amo sopra ogni cosa. Deus meus, et omnia. Mio Dio, da oggi innanzi voi avete da essere l'unico mio tesoro, ed ogni mio bene. Vi dirò con Sant'Ignazio di Lojola: Datemi l'amor vostro, datemi la vostra grazia, e son ricco abbastanza. Niente più voglio, niente desidero, voi solo mi bastate, Gesù mio, vita mia, amore mio.

QUARTA MEDITAZIONE
Della vita umile che cominciò a fare Gesù sin da bambino.
Tutti i segni, che l'Angelo diede a' pastori per ritrovare il Salvatore già nato, furono segni di umiltà: Et hoc vobis signum, invenietis infantem pannis involutum, et positum in praesepio (Luc. 2). Questo sia il segno, disse l'Angelo, per rinvenire il nato Messia: lo ritroverete bambino, involto tra poveri pannicelli, dentro una stalla, e posto sulla paglia in una mangiatoja d'animali. Così volle nascere il Re del cielo; il Figlio di Dio, mentre veniva a distruggere la superbia, che era stata causa di far perdere l'uomo.
Già predissero i Profeti, che il nostro Redentore doveva esser trattato come l'uomo più vile della terra, e saziato d'obbrobrj. Quanti disprezzi non ebbe a soffrire Gesù dagli uomini! Fu trattato da ubbriaco, da mago, da bestemmiatore, e da eretico. Quante ignominie poi nella sua Passione! Fu abbandonato dagli stessi suoi Discepoli; anzi uno lo vendé per trenta danari, ed un altro negò d'averlo conosciuto: fu condotto per le strade legato come un ribaldo, flagellato da schiavo, trattato da pazzo, da Re di burla, schiaffeggiato, sputato in faccia, e finalmente fu fatto morire appeso ad una croce in mezzo a due ladri, come il peggior malfattore del mondo. Dunque, dice San Bernardo, il più nobile di tutti è trattato come il più vile di tutti! Ma, Gesù mio (soggiunge poi il Santo): Quantum mihi vilior, tantum mihi carior, quanto più voi mi comparite avvilito, e disprezzato, tanto vi rendete a me più caro ed amabile.
Affetti e Preghiere.
Ah mio dolce Salvatore, voi avete abbracciati tanti disprezzi per amor mio, ed io non ho potuto sopportare una parola d'ingiuria, che subito ho pensato a vendicarmene! Io che tante volte mi ho meritato d'esser calpestato da' demonj nell'Inferno; mi vergogno di comparirvi avanti peccatore, e superbo. Signore, non mi discacciate dalla vostra faccia, com'io meriterei. Voi avete detto, che non sapete disprezzare un cuore, che si penta, e si umilii. Mi pento di quanti disgusti vi ho dati. Perdonatemi, Gesù mio, che io non voglio offendervi più. Voi per amor mio avete sofferte tante ingiurie: io per amor vostro voglio soffrire tutte l'ingiurie, che mi saran fatte. Vi amo, Gesù mio disprezzato per me, vi amo, mio bene sopra ogni bene. Datemi l'ajuto per sempre amarvi, e per soffrire ogni affronto per vostro amore.
O Maria, raccomandatemi al vostro Figlio, pregate Gesù per me.

QUINTA MEDITAZIONE
Della vita tribulata che cominciò a far Gesù sin da che nacque.
Potea Gesù Cristo salvare l'uomo senza patire, e senza morire; ma no, per farci conoscere quanto ci amava, volle scegliersi una vita tutta tribulata. Perciò il Profeta Isaia lo chiamò, uomo di dolori, Virum dolorum, mentre la vita di Gesù Cristo doveva essere una vita tutta piena di dolori. La sua Passione non cominciò nel tempo di sua morte, ma sin dal principio della sua vita.
Eccolo che appena nato è collocato in una stalla, dove per tutto Gesù è tormento. È tormentata la vista col mirare non altro in quella grotta, che mura rozze, e nere. È tormentato l'odorato colla puzza del letame delle bestie, che vi stanno. È tormentato il tatto colle punture delle paglie, che gli servono di letto. Poco dopo esser nato è costretto a fuggire in Egitto, ove visse più anni nella sua fanciullezza povero, e disprezzato. Poco dissimile fu poi la vita menata in Nazzarette: eccolo finalmente che termina la vita in Gerusalemme, morendo sopra una croce a forza di tormenti.
Sicché il vivere di Gesù fu un continuo patire, anzi un doppio patire, mentre sempre ebbe avanti gli occhi tutte le pene, che doveano affliggerlo fino alla morte. Suor Maria Maddalena Orsini, lamentandosi un giorno col Crocifisso, gli disse: Ma, Signore, voi per tre ore steste in croce, io sono già anni che patisco questa pena. Ma Gesù gli rispose: Ah ignorante, che dici? Io sin dall'utero di mia Madre soffersi tutte le pene della mia vita, e della mia morte. Non tanto però afflissero Gesù Cristo tutte quelle pene, perché quelle voll'egli volontariamente patirle; quanto l'afflisse il vedere i nostri peccati, e la nostra ingratitudine a tanto suo amore. Santa Margarita di Cortona non si saziava di piangere l'offese fatte a Dio, onde un giorno le disse il Confessore: Margarita, finiscila, non piangere più, perché Dio t'ha perdonato. Ma ella rispose: Ah padre, come ho da cessare di piangere, sapendo che i miei peccati tennero afflitto Gesù Cristo mio in tutta la sua vita?
Affetti e Preghiere.
Dunque, dolce amor mio, io co' peccati miei vi ho tenuto afflitto in tutta la vostra vita? Ma, Gesù mio, ditemi quel che ho da fare, acciocché possiate perdonarmi, che io tutto voglio farlo. Mi pento, o sommo bene, di quante offese vi ho fatte. Mi pento, e vi amo più di me stesso. Sento in me un gran desiderio d'amarvi; questo desiderio voi me lo donate: datemi dunque forza di amarvi assai. È giustizia, che v'ami assai, chi assai vi ha offeso. Deh ricordatemi sempre l'amore, che m'avete portato, acciocché l'anima mia arda sempre per voi d'amore, a voi sempre pensi, voi solo desideri, ed a voi solo cerchi di piacere. O Dio d'amore, io che un tempo sono stato schiavo dell'Inferno, ora tutto a voi mi dono. Accettatemi per pietà, e legatemi col vostro amore. Gesù mio, d'oggi innanzi sempre amandovi voglio vivere, ed amandovi voglio morire.
O Maria, madre e speranza mia, ajutatemi ad amare il vostro e mio caro Dio; quest'una grazia vi cerco, e da voi la spero.

SESTA MEDITAZIONE
Della Misericordia di Dio in venire dal cielo per salvarci colla sua morte.
Dice San Paolo: Benignitas, et humanitas apparuit Salvatoris nostri Dei (Ad Tit. 3, 4). Quando apparve dunque in terra il Figlio di Dio fatt'uomo, allora si vide quanto fosse grande la bontà di Dio verso di noi. Scrive San Bernardo, che prima era apparsa la potenza di Dio nel creare il mondo, la sua sapienza nel conservarlo; ma la sua misericordia allora maggiormente apparve, quando egli prese carne umana per salvare colle sue pene, e colla sua morte gli uomini perduti. E qual maggior misericordia poteva usarci il Figlio di Dio, che assumere sopra di sé le pene da noi meritate? Eccolo nato bambino, debole, e fasciato dentro una mangiatoja, che non può da sé né muoversi né cibarsi: ha bisogno, che Maria gli porga un poco di latte per sostentargli la vita. Eccolo poi nel pretorio di Pilato legato ad una colonna con funi, da cui non può sciogliersi, ed ivi è flagellato da capo a' piedi. Eccolo nel viaggio al Calvario, che per la debolezza, e per il peso della croce che porta, va cadendo per la via. Eccolo finalmente inchiodato a quel legno infame, dove finisce la vita a forza di dolori.
Gesù Cristo col suo amore volle guadagnarsi tutto l'amore de' nostri cuori, e perciò non volle mandare un Angelo a redimerci, ma volle venire egli stesso a salvarci colla sua passione. Se un Angelo fosse stato il nostro Redentore, l'uomo avrebbe dovuto dividere il suo cuore, amando Dio come suo Creatore, e l'Angelo come suo Redentore; ma Iddio, che volea tutto il cuore dell'uomo, siccome era già suo Creatore, voll'essere ancora suo Redentore.
Affetti e Preghiere.
Ah Redentore mio caro, e dove io starei a quest'ora, se voi non mi aveste sopportato con tanta pazienza, ma mi aveste fatto morire, quand'io stava in peccato? Giacché dunque mi avete aspettato finora, Gesù mio, perdonatemi presto, prima che mi trovi la morte reo di tante offese, che vi ho fatte. Mi pento, o sommo bene, d'avervi così disprezzato, vorrei morirne di dolore. Voi non sapete abbandonare un'anima, che vi cerca; se per lo passato io vi ho lasciato, ora vi cerco e vi amo. Sì, mio Dio, vi amo sopra ogni cosa, vi amo più di me stesso. Ajutatemi, Signore, ad amarvi per sempre nella vita che mi resta; altro non vi domando: ve lo domando, e lo spero.
Maria speranza mia, pregate voi per me; se voi pregate, io son sicuro della grazia.

SETTIMA MEDITAZIONE
Del Viaggio di Gesù bambino in Egitto.
Viene dal cielo il Figliuolo di Dio per salvare gli uomini, ma appena nato questi uomini lo perseguitano a morte. Erode, temendo che questo bambino gli tolga il Regno, cerca di farlo morire; onde San Giuseppe è avvisato dall'Angelo in sogno, che prenda Gesù colla sua Madre, e fugga in Egitto. Giuseppe subito ubbidisce, e ne avvisa Maria; egli prende quei pochi ordegni del suo mestiere, che servivano per aver modo di vivere in Egitto insieme colla sua povera famiglia. Maria da un'altra parte unisce un fardelletto di panni, che doveano poi servire per il santo bambino; e poi si accosta alla culla, e piangendo dice al figlio che dorme: O mio Figlio, e Dio, voi siete venuto dal cielo per salvare gli uomini, e questi appena nato vi cercano per togliervi la vita? Lo prende intanto, e seguitando a piangere, nella stessa notte insieme con Giuseppe si mette in viaggio.
Consideriamo, quanto dovettero patire questi santi pellegrini, facendo un viaggio così lungo, e senza alcuna comodità. Il bambino non era ancor atto a camminare, onde a vicenda dovettero portarlo in braccio ora Maria, ed ora Giuseppe. In passare per il deserto di Egitto in quelle notti, la nuda terra serve loro di letto, in campagna all'aria aperta. Piange il bambino per il freddo, e piangono insieme Giuseppe, e Maria per compassione. E chi non piangerebbe in vedere il Figlio di Dio, che povero, e perseguitato va fuggendo ramingo per la terra, per non essere ucciso da' suoi nemici!
Affetti e Preghiere.
Ah caro mio bambino, voi piangete, e ben avete ragione di piangere in vedervi così perseguitato dagli uomini, che voi tanto amate. Oh Dio, che ancor io un tempo vi ho perseguitato co' miei peccati; ma sappiate, che ora vi amo più di me stesso, e non ho pena, che più m'affligga, quanto il ricordarmi di aver così disprezzato voi, mio sommo bene. Deh perdonatemi, Gesù mio, e permettetemi ch'io vi porti meco nel mio cuore in tutto il viaggio della mia vita, che mi resta da fare, per entrare insieme con voi all'eternità. Io tante volte vi ho discacciato dall'anima mia con offendervi, ma ora vi amo sopra ogni cosa, e mi pento sopra ogni male d'avervi offeso. Amato mio Signore, io non voglio lasciarvi più, ma voi datemi forza di resistere alle tentazioni; non permettete, che io mi separi più da voi; fatemi prima morire, che io abbia a perdere un'altra volta la vostra grazia.
O Maria speranza mia, fatemi viver sempre, e morire amando Dio.

OTTAVA MEDITAZIONE
Della dimora di Gesù fanciullo in Egitto, ed in Nazzarette.
Il nostro Redentore passò la prima sua fanciullezza in Egitto, menando ivi per sette anni una vita povera, e disprezzata. Ivi Giuseppe, e Maria eran forestieri, e sconosciuti, non avendovi né parenti, né amici; onde appena si sostentavano alla giornata colle fatiche delle loro mani. Povera era la loro casa, povero il letto, e povero il cibo. In questa casetta Maria slattò Gesù. Prima l'alimentava col petto, poi l'alimentava colla mano; prendeva colla mano dalla scodella un poco di pane disfatto in acqua, e poi lo ponea nella sagra bocca del Figlio. In questa casa ella gli fece la prima vesticciuola; lo sciolse dalle fascie, e cominciò a vestirlo. In questa casa cominciò Gesù fanciullo a dare i primi passi, ma tremando, e cadendo più volte, come avviene agli altri fanciulli. Ivi cominciò a proferir le prime parole, ma balbettando. Oh meraviglia! A che si è ridotto un Dio per nostro amore! Un Dio tremare, e cader camminando! Un Dio balbettare parlando!
Non dissimile fu poi la vita povera, ed abbietta, che fe' Gesù ritornato da Egitto nella casa di Nazzarette. Ivi fino all'età di trent'anni non fece altr'officio, che di semplice garzone di bottega, obbedendo a Giuseppe, ed a Maria. Et erat subditus illis (Luc. 2). Gesù andava a prendere l'acqua, Gesù apriva e serrava la bottega, Gesù scopava la casa, raccoglieva i frammenti de' legni per il fuoco, e faticava tutto il giorno in ajutar Giuseppe ne' suoi lavori. Oh stupore! Un Dio che serve da garzone! Un Dio che scopa la casa! Un Dio che fatica, e suda per dirozzare un legno! Chi? Un Dio onnipotente, che con un cenno ha creato il mondo, e può distruggerlo quando vuole! Ah che un pensiero di questi dovrebbe incenerirci d'amore. Che dolce cosa poi era l'osservare la divozione con cui Gesù faceva orazione, la pazienza con cui lavorava, la prontezza con cui ubbidiva, la modestia con cui si cibava, e la dolcezza, ed affabilità con cui parlava, e conversava! Ah che ogni sua parola, ogni azione di Gesù era così santa, che innamorava tutti, ma specialmente Maria, e Giuseppe, che sempre lo stavano osservando.
Affetti e Preghiere.
Ah Gesù mio Salvatore, quando penso che voi mio Dio vi tratteneste per tanti anni per amor mio sconosciuto, e disprezzato in una povera casetta, come posso desiderare diletti, onori, e ricchezze di mondo? Io rinunzio a tutti questi beni, e voglio esser vostro compagno in questa terra, povero come voi, mortificato come voi, e come voi disprezzato; così spero di poter godere un giorno poi la vostra compagnia in Paradiso. Che regni, che tesori! Voi, Gesù mio, avete da essere l'unico mio tesoro, l'unico mio bene. Mi dispiace sommamente, che per lo passato ho tante volte disprezzata la vostra amicizia per soddisfare i miei capricci, me ne pento con tutto il cuore. Per l'avvenire voglio perdere prima mille volte la vita, che perdere la vostra grazia. Dio mio, non vi voglio offendere più, e vi voglio sempre amare. Datemi voi l'ajuto per esservi fedele fino alla morte.
Maria, voi siete il Rifugio de' peccatori; voi siete la speranza mia.

NONA MEDITAZIONE
Della nascita di Gesù nella grotta di Betlemme.
Essendo già uscito l'editto dell'Imperator di Roma, che andasse ognuno a scriversi nella sua propria patria, si parte Giuseppe colla sua sposa Maria per andare a scriversi in Betlemme. Oh Dio, quanto dovette patire la Vergine santa in questo viaggio, che fu di quattro giornate per vie di montagne, ed in tempo d'Inverno, con freddi, venti e pioggie! Giunti che furono colà, venne il tempo del parto; onde Giuseppe si pose a cercare per quella Città qualche alloggio, dove potesse partorire Maria. Ma perché son poveri, son discacciati da tutti: son discacciati anche dall'osteria, dove gli altri poveri erano stati accolti. Onde in quella notte uscirono dalla Città, e trovando una grotta, ivi entrò Maria. Ma Giuseppe le disse: Sposa mia, come vuoi stare questa notte in questo luogo così umido, e freddo, e qui partorire? Non vedi, che questa è stalla di animali? Ma rispose Maria: Ah Giuseppe mio, e pur è vero, che questa grotta è il palagio reale, in cui vuol nascere il Figlio di Dio. Ed ecco già, che venuta l'ora del parto, stando la santa Verginella là genuflessa in orazione, vede tutt'insieme illuminata quella spelonca da una gran luce, abbassa ella gli occhi, ed ecco che mira già nato in terra il Figlio di Dio tenero bambino, che trema di freddo, e piange; onde prima l'adora come suo Dio, poi se lo mette in seno, e lo fascia con quei poveri pannicelli, che seco avea, e finalmente così fasciato lo ripone a giacere dentro una mangiatoja sopra la paglia. Ecco come ha voluto nascere il Figlio dell'Eterno Padre per nostro amore. Dicea Santa Maria Maddalena de' Pazzi, che l'anime innamorate di Gesù Cristo stando a' piedi del santo bambino debbono fare l'officio delle bestie della stalla di Betlemme, che co' loro fiati riscaldavano Gesù, e così elle debbon anche riscaldarlo co' sospiri di amore.
Affetti e Preghiere.
Adorato mio bambino, io non avrei ardire di stare a' vostri piedi, se non sapessi, che voi stesso m'invitate ad accostarmi a voi. Io son quello, che coi peccati miei vi ho fatte spargere tante lagrime nella stalla di Betlemme. Ma giacché voi siete venuto in terra a perdonare i peccatori pentiti, perdonate me ancora, mentre io mi pento sommamente di avere disprezzato voi mio Salvatore, e Dio, che siete così buono, e tanto mi avete amato. Voi in questa notte dispensate grazie grandi a tante anime, consolate ancora l'anima mia. La grazia che voglio, è la grazia d'amarvi da oggi avanti con tutto il mio cuore; infiammatemi tutto del vostro santo amore. Vi amo, Dio mio, fatto bambino per me. Deh non permettete, che io lasci più d'amarvi.
O Maria madre mia, voi tutto potete colle vostre preghiere, altro non vi domando, pregate Gesù per me.

Terminata la meditazione, si prosegue con le Novendiales Preces ante Solemnitatem Nativitatis Domini Nostri Jesu Christi quas “A Prophetiis” vocant.

Sant'Eusebio, Vescovo e Martire

Semidoppio. Doppio (in Italia ed Isole adiacenti).
Paramenti rossi.

Chiesa parrocchiale di Castel San Pietro, Svizzera, 1758-1759.
Eusebio, nato in Sardegna nel 283 circa, si trasferì con la madre e la sorella minore a Roma, subito dopo il martirio di suo padre. Fu dapprima lettore della chiesa di Roma, quindi ordinato sacerdote da papa San Marco, poi consacrato vescovo di Vercelli da papa San Giulio I, il 15 dicembre 345. Parve non senza ragione scelto per divino consiglio a reggere questa chiesa: infatti, gli elettori, che per lo innanzi non lo conoscevano appunto, appena l'ebbero visto, lo scelsero a preferenza dei loro cittadini; e non ci volle più tempo per apprezzarlo che per vederlo. Egli fu il primo in Occidente a stabilire nella sua chiesa dei monaci a far le funzioni dei chierici, affinché si vedesse in questi uomini insieme il disprezzo delle ricchezze e l'occupazione propria dei leviti. Combatté così vigorosamente le empietà ariane, che in quell'epoca infestarono ogni parte d'Occidente, che la sua invitta fede consolò e sostenne la vita del sommo Pontefice Liberio. Onde questi riconoscendo in lui il fervore dello Spirito di Dio, appena gli ebbe manifestato di perorare presso l'imperatore insieme coi suoi legati la causa della fede, si portò subito con essi, nel 354, dall'imperatore Costanzo II, dal quale ottenne a forza di zelo tutto quanto si proponeva con questa legazione, cioè la celebrazione di un concilio.
Carlo Innocenzo Carloni, Il concilio di Milano, Chiesa parrocchiale
di Castel San Pietro, Svizzera, 1758-1759. 
E il concilio si radunò a Milano nel 355, e l'imperatore Costanzo II vi invitò pure Eusebio, invito ripetuto con grande istanza dai legati di papa Liberio, nel quale ben lungi dal lasciarsi influenzare dalle mene della sinagoga Ariana e di prender parte ai loro furori contro Sant'Atanasio, dichiarò anzi altamente fin da principio, che alcuni dei presenti gli erano noti come infetti di eresia, e propose di far loro sottoscrivere la fede Nicena, prima di trattare di altro. Ma ricusandosi gli Ariani vivamente irritati, egli non solo ricusò di sottoscrivere contro Sant'Atanasio, ma anzi disimpegnò con mirabile accortezza la semplicità di San Dionigi Martire, che, ingannato da loro, aveva sottoscritto contro. Perciò essi furiosi contro di lui, dopo averlo molto oltraggiato, lo condannarono all'esilio. Ma il sant'uomo, scossa la polvere dai suoi piedi, senza temere per nulla né le minacce di cesare né il taglio della spada, accettò l'esilio come parte del suo ministero; e mandato a Scitopoli, in Palestina, vi soffrì fame, sete, battiture, e diversi altri supplizi, e disprezzando coraggiosamente la vita per la fede, senza temere la morte, abbandonò il suo corpo ai carnefici.
Le lettere importanti, piene di forza, pietà e religione che egli scrisse da Scitopoli al clero e al popolo di Vercelli e ad altri vicini, fanno vedere quale fu la crudeltà e l'insolenza sfrontata degli Ariani verso di lui; ed esse dimostrano altresì che né le loro minacce né i trattamenti inumani poterono abbatterlo mai, né la loro blanda e serpentina scaltrezza attirarlo dalla loro parte. Di là deportato in Cappadocia a cagione della sua fermezza, e da ultimo nella Tebaide dell'alto Egitto, sopportò i rigori dell'esilio fino alla morte dell'imperatore Costanzo II, avvenuta nel 361. Poi essendogli stato permesso dall’imperatore Giuliano di ritornare al suo gregge, non volle partirne se non dopo aver assistito al concilio radunato in Alessandria per riparare alle perdite della fede e quindi, a guisa d'abile medico, d'aver percorso le Provincie d'Oriente, restituendo a perfetta sanità quelli ch'erano infermi nella fede, con l'istruirli nella dottrina della Chiesa. Poi, continuando questa salutare missione, passò nell'IIliria, e infine giunse in Italia, la quale, al suo ritorno, mutò le sue vesti di duolo: qui pubblicò i commentari d'Origene e d'Eusebio di Cesarea sui Salmi, che egli aveva purgati e tradotti dal Greco in Latino.
Urna argentea delle reliquie di Sant'Eusebio, Cappella di Sant'Eusebio, 
Cattedrale di Sant'Eusebio, Vercelli (Piemonte).
Tornato in Piemonte nel 362, Eusebio vi introdusse la venerazione mariana della Madonna Nera, iconografia sorta in Oriente. La Tradizione tramanda che lo stesso Santo Vescovo portò dalla Terra Santa una di queste raffigurazioni, cioè una statua, che, nascosta dapprima presso la cittadina valdostana di Fontainemore, fu poi custodita sui monti biellesi nel luogo ove in futuro sarebbe sorto il noto Santuario di Oropa. Oltre Oropa, grazie alle sue opere di capillare evangelizzazione del nord-ovest Italia, si svilupparono altri siti di antica tradizione mariana legati al Santo, come, ad esempio, lo stesso Duomo di Vercelli, la chiesa di Sant'Eusebio di Pavia, il Sacro Monte di Crea nel Monferrato, il Santuario Madonna del Palazzo di Crescentino.
Eusebio, infine, illustre per tante eccellenti azioni, da Vercelli andò a ricevere l'immarcescibile corona di gloria meritata per tante sofferenze, sotto Valentiniano e Valente, nel 371. Le sue reliquie furono rinvenute soltanto durante la ricostruzione del Duomo della città intorno al XVI secolo.
La Santa Chiesa gli attribuisce il titolo di Martire, senza ch'egli abbia versato il suo sangue, tanto fu generoso nelle sofferenze e intrepido di fronte alla morte. Con Sant'Eusebio, confessiamo anche noi la divinità del Messia, del quale attendiamo la venuta.


Il Cantico dei tre giovani nella fornace di Babilonia invita tutte le opere di Dio e in modo speciale i sacerdoti a lodare Dio. Ciò ha fatto il Santo di cui celebriamo la festa.

INTROITUS
Dan 3:84; 3:87. Sacerdótes Dei, benedícite Dóminum: sancti et húmiles corde, laudáte Deum. Dan 3:57. Benedícite, ómnia ópera Dómini, Dómino: laudáte et superexaltáte eum in saecula. ℣. Glória Patri, et Fílio, et Spirítui Sancto. ℞. Sicut erat in princípio, et nunc, et semper, et in saecula saeculórum. Amen. Sacerdótes Dei, benedícite Dóminum: sancti et húmiles corde, laudáte Deum.

Dan 3:84; 3:87. Sacerdoti di Dio, benedite il Signore; lodatelo, o santi ed umili di cuore. Dan 3:57. Benedite il Signore, o voi tutte opere di Dio: lodatelo ed esaltatelo nei secoli. ℣. Gloria al Padre e al Figlio e allo Spirito Santo. ℞. Come era nel principio e ora e sempre nei secoli dei secoli. Amen. Sacerdoti di Dio, benedite il Signore; lodatelo, o santi ed umili di cuore.

Gloria

ORATIO
Orémus.
Deus, qui nos beáti Eusébii Mártyris tui atque Pontíficis ánnua solemnitáte laetíficas: concéde propítius; ut, cujus natalítia cólimus, de ejúsdem étiam protectióne gaudeámus. Per Dominum nostrum Jesum Christum, Filium tuum, qui tecum vivit et regnat in unitate Spiritus Sancti Deus, per omnia saecula saeculorum. Amen.

Preghiamo.
O Dio, che ci rallegri con l'annuale solennità del beato Eusebio martire tuo e vescovo: concedici benigno di godere del patrocinio suo, come ne celebriamo l'anniversario. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, in unità con lo Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. Amen.

Si fa la commemorazione della Feria con le Orazioni della Domenica precedente.

La Santa Chiesa attribuisce al Santo di cui si celebra la festa, gli stessi sentimenti di San Paolo, che benediceva Dio delle grandi consolazioni dategli in mezzo alle sue tribolazioni e si diceva felice di poter, dal canto suo, consolare quelli che soffrono.

LECTIO
Léctio Epístolae Beáti Pauli Apóstoli ad Corínthios.
2Cor 1:3-7.
Fratres: Benedíctus Deus et Pater Dómini nostri Jesu Christi, Pater misericordiárum, et Deus totíus consolatiónis, qui consolátur nos in omni tribulatióne nostra: ut póssimus et ipsi consolári eos, qui in omni pressúra sunt, per exhortatiónem, qua exhortámur et ipsi a Deo. Quóniam sicut abúndant passiónes Christi in nobis: ita et per Christum abúndat consolátio nostra. Sive autem tribulámur pro vestra exhortatióne et salúte, sive consolámur pro vestra consolatióne, sive exhortámur pro vestra exhortatióne et salúte, quae operátur tolerántiam earúndem passiónum, quas et nos pátimur: ut spes nostra firma sit pro vobis: sciéntes, quod, sicut sócii passiónum estis, sic éritis et consolatiónis: in Christo Jesu, Dómino nostro.

Lettura dell'Epistola del Beato Paolo Apostolo ai Corinti.
2Cor 1:3-7.
Fratelli: Benedetto sia Dio, Padre del Signor nostro Gesù Cristo, datore di tutte le misericordie, e Dio di ogni consolazione. Egli ci consola in ogni nostra tribolazione, affinché mediante la consolazione che riceviamo noi stessi da Dio, possiamo consolare anche gli altri, in qualunque affanno si trovino. Perché come in noi abbondano i dolori che ci rendono simili a Cristo, così in Lui abbonda anche la nostra consolazione. Ma se siamo tribolati è per la vostra consolazione e salvezza; se siamo consolati è per la vostra consolazione; se siamo incoraggiati, è per la vostra esortazione e salute, che vi fa sopportare con pazienza i medesimi patimenti che noi soffriamo. Così la speranza che abbiamo di voi è sicura, perché sappiamo che voi, come siete compagni nelle sofferenze, lo sarete pure nella consolazione in Cristo Gesù nostro Signore.

GRADUALE
Ps 8:6-7. Glória et honóre coronásti eum. ℣. Et constituísti eum super ópera mánuum tuárum, Dómine.

Ps 8:6-7. Di gloria e di onore lo coronasti. ℣. E lo costituisti sopra le opere delle tue mani, o Signore.

ALLELUJA
Allelúja, allelúja. ℣. Hic est Sacérdos, quem coronávit Dóminus. Allelúja.

Alleluia, alleluia. ℣. Questi è il sacerdote, che il Signore coronò. Alleluia.

Chi vorrà salvare la vita del corpo qui nella terra, col rinnegare la sua fede, perderà la vita eterna. E chi saprà perdere la vita del corpo accettando il martirio, piuttosto che offendere Dio, salverà la vita della sua anima. Questa vale più di ogni bene terreno e se si perde, nessun riscatto varrà a riacquistarla. Nel giorno del giudizio, Dio ricompenserà chi avrà sofferto per Lui.

EVANGELIUM
Sequéntia sancti Evangélii secúndum Matthaeum.
Matt 16:24-27.
In illo témpore: Dixit Jesus discípulis suis: Si quis vult post me veníre, ábneget semetípsum, et tollat crucem suam, et sequátur me. Qui enim voluerit ánimam suam salvam fácere, perdet eam: qui autem perdíderit ánimam suam propter me, invéniet eam. Quid enim prodest hómini, si mundum univérsum lucrétur, ánimae vero suae detriméntum patiátur? Aut quam dabit homo commutatiónem pro ánima sua? Fílius enim hóminis ventúrus est in glória Patris sui cum Angelis suis: et tunc reddet unicuíque secúndum ópera ejus.

Seguito del santo Vangelo secondo Matteo.
Matt 16:24-27.
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: Chi vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. Poiché chi vorrà salvare la vita sua, la perderà; e chi perderà la vita sua per amor mio, la troverà. Che giova infatti all'uomo guadagnare tutto il mondo, se poi perde la sua anima? O che darà l'uomo in cambio dell'anima sua? Perché il Figliuolo dell'uomo verrà nella gloria del Padre suo coi suoi Angeli, e allora renderà a ciascuno secondo il suo operato.

Omelia di San Gregorio, Papa.
Omelia 32 sui Vangeli.
Poiché il Signore e Redentore nostro venne al mondo come un nuovo uomo, diede nuovi comandamenti al mondo. Infatti oppose alla nostra vita, nutrita nei vizi, la contrarietà della novità della sua. Cosa infatti l'uomo vecchio, cosa l'uomo carnale conosceva, se non tenere le sue cose; rubare le altrui, se poteva; desiderare, se non poteva? Ma il medico celeste a ciascun singolo vizio adibisce medicamenti contrari. Infatti come coll'arte della medicina le cose calde si curano con le fredde e le fredde con le calde, così nostro Signore oppose medicine contrarie ai peccati, tanto da ordinare la continenza ai lussuriosi, la generosità ai tirchi, la mansuetudine agli iracondi, l'umiltà agli orgogliosi.
Difatti quando proponeva nuovi comandamenti a quelli che lo seguivano, disse: Chiunque non rinunzia a tutto quel che possiede, non può essere mio discepolo. Come se volesse dire apertamente: voi che per la vita vecchia desiderate la roba d'altri, elargite per il desiderio di un nuovo modo di vivere anche la vostra. Ascoltiamo cosa dice in questa lezione: Chi vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso. Ivi si dice ché rinneghiamo la nostra roba; qui si dice ché rinneghiamo noi stessi. E forse non è faticoso all'uomo abbandonare la sua roba; ma è molto faticoso abbandonare se stesso. È meno da una parte negare ciò che ha; molto dall'altra negare quel che è.
Ma il Signore ha comandato a noi che veniamo a Lui di rinunziare a noi, perché quanti veniamo alla gara della fede, ci impegniamo ad una lotta contro gli spiriti maligni. Infatti gli spiriti maligni non possiedono nulla di proprio in questo mondo; quindi dobbiamo lottare nudi con i nudi. Infatti se chiunque lottasse vestito con uno nudo, verrebbe più in fretta sbattuto a terra, perché ha onde venga afferrato. Che cosa infatti sono tutti i beni terreni, se non certi indumenti del corpo? Chi dunque si avvicina alla contesa contro il diavolo, getti via gli indumenti, per non soccombere.

OFFERTORIUM
Ps 88:21-22. Invéni David servum meum, óleo sancto meo unxi eum: manus enim mea auxiliábitur ei, et bráchium meum confortábit eum.

Ps 88:21-22. Ho trovato Davide mio servo; l'ho consacrato col mio sacro olio; sicché sia sempre con lui la mia mano, e il mio braccio gli dia forza.

SECRETA
Múnera tibi, Dómine, dicáta sanctífica: et, intercedénte beáto Eusébio Mártyre tuo atque Pontífice, per éadem nos placátus inténde. Per Dominum nostrum Jesum Christum, Filium tuum, qui tecum vivit et regnat in unitate Spiritus Sancti Deus, per omnia saecula saeculorum. Amen.

Santifica, Signore, i doni a te consacrati: e per questi medesimi doni, intercedendo il beato Eusebio martire tuo e vescovo, guardaci con clemenza. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, in unità con lo Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. Amen.

Si fa la commemorazione della Feria con le Orazioni della Domenica precedente.

PRAEFATIO COMMUNIS
Vere dignum et justum est, aequum et salutáre, nos tibi semper et ubíque grátias agere: Dómine sancte, Pater omnípotens, aetérne Deus: per Christum, Dóminum nostrum. Per quem majestátem tuam laudant Angeli, adórant Dominatiónes, tremunt Potestátes. Coeli coelorúmque Virtútes ac beáta Séraphim sócia exsultatióne concélebrant. Cum quibus et nostras voces ut admitti jubeas, deprecámur, súpplici confessione dicéntes: Sanctus, Sanctus, Sanctus Dóminus, Deus Sábaoth. Pleni sunt coeli et terra glória tua. Hosánna in excélsis. Benedíctus, qui venit in nómine Dómini. Hosánna in excélsis.

È veramente cosa buona e giusta, nostro dovere e fonte di salvezza, rendere grazie sempre e dovunque a Te, Signore, Padre santo, Dio onnipotente ed eterno, per Cristo nostro Signore. Per mezzo di lui gli Angeli lodano la tua gloria, le Dominazioni Ti adorano, le Potenze Ti venerano con tremore. A Te inneggiano i Cieli, gli Spiriti celesti e i Serafini, uniti in eterna esultanza. Al loro canto concedi, o Signore, che si uniscano le nostre umili voci nell'inno di lode: Santo, Santo, Santo il Signore Dio degli eserciti. I cieli e la terra sono pieni della tua gloria. Osanna nell'alto dei cieli. Benedetto colui che viene nel nome del Signore. Osanna nell'alto dei cieli.

COMMUNIO
Ps 20:4. Posuísti, Dómine, in cápite ejus corónam de lápide pretióso.

Ps 20:4. O Signore, gli hai posto in capo una corona di pietre preziose.

POSTCOMMUNIO
Orémus.
Haec nos commúnio, Dómine, purget a crímine: et, intercedénte beáto Eusébio Mártyre tuo atque Pontífice, coeléstis remédii fáciat esse consórtes. Per Dominum nostrum Jesum Christum, Filium tuum, qui tecum vivit et regnat in unitate Spiritus Sancti Deus, per omnia saecula saeculorum. Amen.

Preghiamo.
Questa comunione ci mondi dalla colpa, o Signore, e per l'intercessione del beato Eusebio martire tuo e vescovo, ci renda perennemente partecipi del rimedio celeste. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, in unità con lo Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. Amen.

Si fa la commemorazione della Feria con le Orazioni della Domenica precedente.