domenica 16 dicembre 2018

Sant'Eusebio, Vescovo e Martire

Semidoppio. Doppio (in Italia ed Isole adiacenti).
Paramenti rossi.

Chiesa parrocchiale di Castel San Pietro, Svizzera, 1758-1759.
Eusebio, nato in Sardegna nel 283 circa, si trasferì con la madre e la sorella minore a Roma, subito dopo il martirio di suo padre. Fu dapprima lettore della chiesa di Roma, quindi ordinato sacerdote da papa San Marco, poi consacrato vescovo di Vercelli da papa San Giulio I, il 15 dicembre 345. Parve non senza ragione scelto per divino consiglio a reggere questa chiesa: infatti, gli elettori, che per lo innanzi non lo conoscevano appunto, appena l'ebbero visto, lo scelsero a preferenza dei loro cittadini; e non ci volle più tempo per apprezzarlo che per vederlo. Egli fu il primo in Occidente a stabilire nella sua chiesa dei monaci a far le funzioni dei chierici, affinché si vedesse in questi uomini insieme il disprezzo delle ricchezze e l'occupazione propria dei leviti. Combatté così vigorosamente le empietà ariane, che in quell'epoca infestarono ogni parte d'Occidente, che la sua invitta fede consolò e sostenne la vita del sommo Pontefice Liberio. Onde questi riconoscendo in lui il fervore dello Spirito di Dio, appena gli ebbe manifestato di perorare presso l'imperatore insieme coi suoi legati la causa della fede, si portò subito con essi, nel 354, dall'imperatore Costanzo II, dal quale ottenne a forza di zelo tutto quanto si proponeva con questa legazione, cioè la celebrazione di un concilio.
Carlo Innocenzo Carloni, Il concilio di Milano, Chiesa parrocchiale
di Castel San Pietro, Svizzera, 1758-1759. 
E il concilio si radunò a Milano nel 355, e l'imperatore Costanzo II vi invitò pure Eusebio, invito ripetuto con grande istanza dai legati di papa Liberio, nel quale ben lungi dal lasciarsi influenzare dalle mene della sinagoga Ariana e di prender parte ai loro furori contro Sant'Atanasio, dichiarò anzi altamente fin da principio, che alcuni dei presenti gli erano noti come infetti di eresia, e propose di far loro sottoscrivere la fede Nicena, prima di trattare di altro. Ma ricusandosi gli Ariani vivamente irritati, egli non solo ricusò di sottoscrivere contro Sant'Atanasio, ma anzi disimpegnò con mirabile accortezza la semplicità di San Dionigi Martire, che, ingannato da loro, aveva sottoscritto contro. Perciò essi furiosi contro di lui, dopo averlo molto oltraggiato, lo condannarono all'esilio. Ma il sant'uomo, scossa la polvere dai suoi piedi, senza temere per nulla né le minacce di cesare né il taglio della spada, accettò l'esilio come parte del suo ministero; e mandato a Scitopoli, in Palestina, vi soffrì fame, sete, battiture, e diversi altri supplizi, e disprezzando coraggiosamente la vita per la fede, senza temere la morte, abbandonò il suo corpo ai carnefici.
Le lettere importanti, piene di forza, pietà e religione che egli scrisse da Scitopoli al clero e al popolo di Vercelli e ad altri vicini, fanno vedere quale fu la crudeltà e l'insolenza sfrontata degli Ariani verso di lui; ed esse dimostrano altresì che né le loro minacce né i trattamenti inumani poterono abbatterlo mai, né la loro blanda e serpentina scaltrezza attirarlo dalla loro parte. Di là deportato in Cappadocia a cagione della sua fermezza, e da ultimo nella Tebaide dell'alto Egitto, sopportò i rigori dell'esilio fino alla morte dell'imperatore Costanzo II, avvenuta nel 361. Poi essendogli stato permesso dall’imperatore Giuliano di ritornare al suo gregge, non volle partirne se non dopo aver assistito al concilio radunato in Alessandria per riparare alle perdite della fede e quindi, a guisa d'abile medico, d'aver percorso le Provincie d'Oriente, restituendo a perfetta sanità quelli ch'erano infermi nella fede, con l'istruirli nella dottrina della Chiesa. Poi, continuando questa salutare missione, passò nell'IIliria, e infine giunse in Italia, la quale, al suo ritorno, mutò le sue vesti di duolo: qui pubblicò i commentari d'Origene e d'Eusebio di Cesarea sui Salmi, che egli aveva purgati e tradotti dal Greco in Latino.
Urna argentea delle reliquie di Sant'Eusebio, Cappella di Sant'Eusebio, 
Cattedrale di Sant'Eusebio, Vercelli (Piemonte).
Tornato in Piemonte nel 362, Eusebio vi introdusse la venerazione mariana della Madonna Nera, iconografia sorta in Oriente. La Tradizione tramanda che lo stesso Santo Vescovo portò dalla Terra Santa una di queste raffigurazioni, cioè una statua, che, nascosta dapprima presso la cittadina valdostana di Fontainemore, fu poi custodita sui monti biellesi nel luogo ove in futuro sarebbe sorto il noto Santuario di Oropa. Oltre Oropa, grazie alle sue opere di capillare evangelizzazione del nord-ovest Italia, si svilupparono altri siti di antica tradizione mariana legati al Santo, come, ad esempio, lo stesso Duomo di Vercelli, la chiesa di Sant'Eusebio di Pavia, il Sacro Monte di Crea nel Monferrato, il Santuario Madonna del Palazzo di Crescentino.
Eusebio, infine, illustre per tante eccellenti azioni, da Vercelli andò a ricevere l'immarcescibile corona di gloria meritata per tante sofferenze, sotto Valentiniano e Valente, nel 371. Le sue reliquie furono rinvenute soltanto durante la ricostruzione del Duomo della città intorno al XVI secolo.
La Santa Chiesa gli attribuisce il titolo di Martire, senza ch'egli abbia versato il suo sangue, tanto fu generoso nelle sofferenze e intrepido di fronte alla morte. Con Sant'Eusebio, confessiamo anche noi la divinità del Messia, del quale attendiamo la venuta.


Il Cantico dei tre giovani nella fornace di Babilonia invita tutte le opere di Dio e in modo speciale i sacerdoti a lodare Dio. Ciò ha fatto il Santo di cui celebriamo la festa.

INTROITUS
Dan 3:84; 3:87. Sacerdótes Dei, benedícite Dóminum: sancti et húmiles corde, laudáte Deum. Dan 3:57. Benedícite, ómnia ópera Dómini, Dómino: laudáte et superexaltáte eum in saecula. ℣. Glória Patri, et Fílio, et Spirítui Sancto. ℞. Sicut erat in princípio, et nunc, et semper, et in saecula saeculórum. Amen. Sacerdótes Dei, benedícite Dóminum: sancti et húmiles corde, laudáte Deum.

Dan 3:84; 3:87. Sacerdoti di Dio, benedite il Signore; lodatelo, o santi ed umili di cuore. Dan 3:57. Benedite il Signore, o voi tutte opere di Dio: lodatelo ed esaltatelo nei secoli. ℣. Gloria al Padre e al Figlio e allo Spirito Santo. ℞. Come era nel principio e ora e sempre nei secoli dei secoli. Amen. Sacerdoti di Dio, benedite il Signore; lodatelo, o santi ed umili di cuore.

Gloria

ORATIO
Orémus.
Deus, qui nos beáti Eusébii Mártyris tui atque Pontíficis ánnua solemnitáte laetíficas: concéde propítius; ut, cujus natalítia cólimus, de ejúsdem étiam protectióne gaudeámus. Per Dominum nostrum Jesum Christum, Filium tuum, qui tecum vivit et regnat in unitate Spiritus Sancti Deus, per omnia saecula saeculorum. Amen.

Preghiamo.
O Dio, che ci rallegri con l'annuale solennità del beato Eusebio martire tuo e vescovo: concedici benigno di godere del patrocinio suo, come ne celebriamo l'anniversario. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, in unità con lo Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. Amen.

Si fa la commemorazione della Feria con le Orazioni della Domenica precedente.

La Santa Chiesa attribuisce al Santo di cui si celebra la festa, gli stessi sentimenti di San Paolo, che benediceva Dio delle grandi consolazioni dategli in mezzo alle sue tribolazioni e si diceva felice di poter, dal canto suo, consolare quelli che soffrono.

LECTIO
Léctio Epístolae Beáti Pauli Apóstoli ad Corínthios.
2Cor 1:3-7.
Fratres: Benedíctus Deus et Pater Dómini nostri Jesu Christi, Pater misericordiárum, et Deus totíus consolatiónis, qui consolátur nos in omni tribulatióne nostra: ut póssimus et ipsi consolári eos, qui in omni pressúra sunt, per exhortatiónem, qua exhortámur et ipsi a Deo. Quóniam sicut abúndant passiónes Christi in nobis: ita et per Christum abúndat consolátio nostra. Sive autem tribulámur pro vestra exhortatióne et salúte, sive consolámur pro vestra consolatióne, sive exhortámur pro vestra exhortatióne et salúte, quae operátur tolerántiam earúndem passiónum, quas et nos pátimur: ut spes nostra firma sit pro vobis: sciéntes, quod, sicut sócii passiónum estis, sic éritis et consolatiónis: in Christo Jesu, Dómino nostro.

Lettura dell'Epistola del Beato Paolo Apostolo ai Corinti.
2Cor 1:3-7.
Fratelli: Benedetto sia Dio, Padre del Signor nostro Gesù Cristo, datore di tutte le misericordie, e Dio di ogni consolazione. Egli ci consola in ogni nostra tribolazione, affinché mediante la consolazione che riceviamo noi stessi da Dio, possiamo consolare anche gli altri, in qualunque affanno si trovino. Perché come in noi abbondano i dolori che ci rendono simili a Cristo, così in Lui abbonda anche la nostra consolazione. Ma se siamo tribolati è per la vostra consolazione e salvezza; se siamo consolati è per la vostra consolazione; se siamo incoraggiati, è per la vostra esortazione e salute, che vi fa sopportare con pazienza i medesimi patimenti che noi soffriamo. Così la speranza che abbiamo di voi è sicura, perché sappiamo che voi, come siete compagni nelle sofferenze, lo sarete pure nella consolazione in Cristo Gesù nostro Signore.

GRADUALE
Ps 8:6-7. Glória et honóre coronásti eum. ℣. Et constituísti eum super ópera mánuum tuárum, Dómine.

Ps 8:6-7. Di gloria e di onore lo coronasti. ℣. E lo costituisti sopra le opere delle tue mani, o Signore.

ALLELUJA
Allelúja, allelúja. ℣. Hic est Sacérdos, quem coronávit Dóminus. Allelúja.

Alleluia, alleluia. ℣. Questi è il sacerdote, che il Signore coronò. Alleluia.

Chi vorrà salvare la vita del corpo qui nella terra, col rinnegare la sua fede, perderà la vita eterna. E chi saprà perdere la vita del corpo accettando il martirio, piuttosto che offendere Dio, salverà la vita della sua anima. Questa vale più di ogni bene terreno e se si perde, nessun riscatto varrà a riacquistarla. Nel giorno del giudizio, Dio ricompenserà chi avrà sofferto per Lui.

EVANGELIUM
Sequéntia sancti Evangélii secúndum Matthaeum.
Matt 16:24-27.
In illo témpore: Dixit Jesus discípulis suis: Si quis vult post me veníre, ábneget semetípsum, et tollat crucem suam, et sequátur me. Qui enim voluerit ánimam suam salvam fácere, perdet eam: qui autem perdíderit ánimam suam propter me, invéniet eam. Quid enim prodest hómini, si mundum univérsum lucrétur, ánimae vero suae detriméntum patiátur? Aut quam dabit homo commutatiónem pro ánima sua? Fílius enim hóminis ventúrus est in glória Patris sui cum Angelis suis: et tunc reddet unicuíque secúndum ópera ejus.

Seguito del santo Vangelo secondo Matteo.
Matt 16:24-27.
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: Chi vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. Poiché chi vorrà salvare la vita sua, la perderà; e chi perderà la vita sua per amor mio, la troverà. Che giova infatti all'uomo guadagnare tutto il mondo, se poi perde la sua anima? O che darà l'uomo in cambio dell'anima sua? Perché il Figliuolo dell'uomo verrà nella gloria del Padre suo coi suoi Angeli, e allora renderà a ciascuno secondo il suo operato.

Omelia di San Gregorio, Papa.
Omelia 32 sui Vangeli.
Poiché il Signore e Redentore nostro venne al mondo come un nuovo uomo, diede nuovi comandamenti al mondo. Infatti oppose alla nostra vita, nutrita nei vizi, la contrarietà della novità della sua. Cosa infatti l'uomo vecchio, cosa l'uomo carnale conosceva, se non tenere le sue cose; rubare le altrui, se poteva; desiderare, se non poteva? Ma il medico celeste a ciascun singolo vizio adibisce medicamenti contrari. Infatti come coll'arte della medicina le cose calde si curano con le fredde e le fredde con le calde, così nostro Signore oppose medicine contrarie ai peccati, tanto da ordinare la continenza ai lussuriosi, la generosità ai tirchi, la mansuetudine agli iracondi, l'umiltà agli orgogliosi.
Difatti quando proponeva nuovi comandamenti a quelli che lo seguivano, disse: Chiunque non rinunzia a tutto quel che possiede, non può essere mio discepolo. Come se volesse dire apertamente: voi che per la vita vecchia desiderate la roba d'altri, elargite per il desiderio di un nuovo modo di vivere anche la vostra. Ascoltiamo cosa dice in questa lezione: Chi vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso. Ivi si dice ché rinneghiamo la nostra roba; qui si dice ché rinneghiamo noi stessi. E forse non è faticoso all'uomo abbandonare la sua roba; ma è molto faticoso abbandonare se stesso. È meno da una parte negare ciò che ha; molto dall'altra negare quel che è.
Ma il Signore ha comandato a noi che veniamo a Lui di rinunziare a noi, perché quanti veniamo alla gara della fede, ci impegniamo ad una lotta contro gli spiriti maligni. Infatti gli spiriti maligni non possiedono nulla di proprio in questo mondo; quindi dobbiamo lottare nudi con i nudi. Infatti se chiunque lottasse vestito con uno nudo, verrebbe più in fretta sbattuto a terra, perché ha onde venga afferrato. Che cosa infatti sono tutti i beni terreni, se non certi indumenti del corpo? Chi dunque si avvicina alla contesa contro il diavolo, getti via gli indumenti, per non soccombere.

OFFERTORIUM
Ps 88:21-22. Invéni David servum meum, óleo sancto meo unxi eum: manus enim mea auxiliábitur ei, et bráchium meum confortábit eum.

Ps 88:21-22. Ho trovato Davide mio servo; l'ho consacrato col mio sacro olio; sicché sia sempre con lui la mia mano, e il mio braccio gli dia forza.

SECRETA
Múnera tibi, Dómine, dicáta sanctífica: et, intercedénte beáto Eusébio Mártyre tuo atque Pontífice, per éadem nos placátus inténde. Per Dominum nostrum Jesum Christum, Filium tuum, qui tecum vivit et regnat in unitate Spiritus Sancti Deus, per omnia saecula saeculorum. Amen.

Santifica, Signore, i doni a te consacrati: e per questi medesimi doni, intercedendo il beato Eusebio martire tuo e vescovo, guardaci con clemenza. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, in unità con lo Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. Amen.

Si fa la commemorazione della Feria con le Orazioni della Domenica precedente.

PRAEFATIO COMMUNIS
Vere dignum et justum est, aequum et salutáre, nos tibi semper et ubíque grátias agere: Dómine sancte, Pater omnípotens, aetérne Deus: per Christum, Dóminum nostrum. Per quem majestátem tuam laudant Angeli, adórant Dominatiónes, tremunt Potestátes. Coeli coelorúmque Virtútes ac beáta Séraphim sócia exsultatióne concélebrant. Cum quibus et nostras voces ut admitti jubeas, deprecámur, súpplici confessione dicéntes: Sanctus, Sanctus, Sanctus Dóminus, Deus Sábaoth. Pleni sunt coeli et terra glória tua. Hosánna in excélsis. Benedíctus, qui venit in nómine Dómini. Hosánna in excélsis.

È veramente cosa buona e giusta, nostro dovere e fonte di salvezza, rendere grazie sempre e dovunque a Te, Signore, Padre santo, Dio onnipotente ed eterno, per Cristo nostro Signore. Per mezzo di lui gli Angeli lodano la tua gloria, le Dominazioni Ti adorano, le Potenze Ti venerano con tremore. A Te inneggiano i Cieli, gli Spiriti celesti e i Serafini, uniti in eterna esultanza. Al loro canto concedi, o Signore, che si uniscano le nostre umili voci nell'inno di lode: Santo, Santo, Santo il Signore Dio degli eserciti. I cieli e la terra sono pieni della tua gloria. Osanna nell'alto dei cieli. Benedetto colui che viene nel nome del Signore. Osanna nell'alto dei cieli.

COMMUNIO
Ps 20:4. Posuísti, Dómine, in cápite ejus corónam de lápide pretióso.

Ps 20:4. O Signore, gli hai posto in capo una corona di pietre preziose.

POSTCOMMUNIO
Orémus.
Haec nos commúnio, Dómine, purget a crímine: et, intercedénte beáto Eusébio Mártyre tuo atque Pontífice, coeléstis remédii fáciat esse consórtes. Per Dominum nostrum Jesum Christum, Filium tuum, qui tecum vivit et regnat in unitate Spiritus Sancti Deus, per omnia saecula saeculorum. Amen.

Preghiamo.
Questa comunione ci mondi dalla colpa, o Signore, e per l'intercessione del beato Eusebio martire tuo e vescovo, ci renda perennemente partecipi del rimedio celeste. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, in unità con lo Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. Amen.

Si fa la commemorazione della Feria con le Orazioni della Domenica precedente.