Presentiamo
in anteprima ed esclusiva ai nostri lettori, in pubblicazioni mensili,
l'opera Vita Divina di Maria Santissima,
scritta dal Padre Maestro Bonaventura Amedeo De Cesare, de' Minori Conventuali,
Consultore della Sacra Congregazione dell'Indice, Maestro Collegiale della
Università Teologica, e Teologo del Signor Cardinale Sersale Arcivescovo di
Napoli. Abbiamo preferito non ammodernare l’italiano settecentesco per esaltare
meglio anche la poeticità di questa ammirabile opera.
Lucas de Valdés, Immacolata Concezione, Casa Consistorial de Sevilla, Spagna, primi del XVIII sec. |
AL GLORIOSISSIMO PATRIARCA SAN
GIUSEPPE
PADRE MAESTRO AMADEO
Mi
presento dinanzi a Voi, o mio specialissimo Protettore, con una Offerta degna
di Voi, ed a Voi senza dubbio graditissima, che è la Vita Divina di Maria vostra Sposa, e mia Sovrana. Ella
impegnatissima del vostr’onore dettommi l’anno scorso i Sacri stimoli ad amare San Giuseppe, che bentosto manderò alla luce
col vostro ajuto, e Voi accettate la Storia di sua innocentissima prodigiosa
Vita, e proteggetela con impegno, acciò infervori tutte quelle case dov’entra,
e santifichi tutti que’ che la leggeranno. Io attesto con giuramento, che
avendola letta un gran Peccatore per semplice sua vaghezza, si compunse, si
convertì, dopo trent’anni che non s’era confessato, e dopo pochi dì fu ucciso,
lasciando a me, che la scellerata sua vita sapevo, la speranza di essersi
salvato per la lettura di questa Vita divina. Or frutti maggiori spero produrrà
di vita eterna sotto del vostro potentissimo Patrocinio, giacché di Voi scrisse
un divoto Teologo: Joseph omnes ad
Virginem invitat et parat, ad vitam eamque perennaturam omnes homines allicit
(Novar. l. 4. Exc. 118. num. 1120); così col doppio Patrocinio e di Voi, e
della Sposa ottener possiamo ogni grazia in questa vita, e nel cominciamento
dell’altra: Ut quod possibilitas nostra
non obtinet, ejus nobis intercessione donetur (In orat. de S. Jos. 19
Mart.). E resto a’ vostri santissimi piedi.
IL PADRE MAESTRO BONAVENTURA AMEDEO
DE CESARE AI DIVOTI LETTORI
Troppo
era senza fallo lungi dal mio pensiero lo scrivere in questo tempo dietro a
materie divote, nella seria grave applicazione ritrovandomi dell’Opera polemica
voluminosa: Ecclesia vindicata; ma lo
zelo delle Anime redente mi ha tirato a farlo per tutte le maniere. Conciossiaché
la nostra Italia intiepidita nella viva fede veggendo, mandai fuori le due
Dissertazioni contro l’Ateismo, e ultimamente: De critices in re praesertim sacra, recto pravoque usu; ma poiché
l’umana corruttela è pur troppo avanzata, e bevonsi come acque le iniquità,
alla gran Regina dell’Universo rivolgei il pensiero e il mio cuore, raccomandando
a lei come Avvocata de’ peccatori la mia, e l’altrui causa; e rammentandomi di
ciò, che le diceva il mio Dottor Serafico: Scire
et cognoscere te, est radix immortalitatis, et enarrare virtutes tuas, est via
salutis (In psalter.). Risolvei
di pubblicare in ristretto la di lei vita ammirabile, sperando, che leggendosi,
e raccontandosi, sia per far guerra all’Inferno, ed a distruggere il peccato.
Ma
perché scorgo il secolo nostro di mali critici abbondante, e pieno, a cagion
che la vera viva Fede languisce, uopo sembrami pria di principiare l’operetta
premettere queste avvertenze. E primieramente sappiasi, che questo Ristretto
cavato, e tratto si è fedelmente, senza di mio capriccio aggiungere nulla, e
senza scemarne o alterarne cosa, dalla Mistica
Città di Dio, miracolo della sua Onnipotenza e abisso della grazia, storia
divina e vita della Vergine Madre di Dio, manifestata in questi ultimi secoli
per mezzo della stessa Gran Signora, alla sua serva Suor Maria di Gesù
Francescana, Abbadessa del Monistero di Agreda. Fu esaminata quest’Opera,
in più Tomi ripartita, colla censura più rigorosa, non solo minutamente, ma
parola per parola da’ più dotti Vescovi delle Spagne, e per ordine di Filippo
IV; e di quella Sagra Inquisizione, ed indi impressa in Madrid nel 1668, in
quell’idioma Spagnuolo; e poi esaminata di nuovo, in varie Città d’Italia
tradotta e stampata. Finalmente, non senza special consiglio della Divina
Provvidenza, per ordine supremo della santa memoria di Benedetto XIII - Orsini
fu esaminata dalla Sacra Congregazione de’ Riti, e a pieni voti approvata con
un amplo decreto nel 1729, in questi termini: Mandavit, ut causa praedictae Servae Dei prosequatur in Sacra Rituum
Congregatione absque novo examine Librorum mysticae Civitatis Dei, iidemque
Libri retineri et legi possint. E con questo decreto restò di nuovo
schiacciato il capo a Lucifero, che con tanto furore quella bell’Opera tanto
proficua cercava opprimere, e discreditare.
Chiunque
leggerà questa vita, con cristiana divozione, confesserà con lagrime, che il
dito divino è in quest’Opera per la suavità e dolcezza spirituale, che sentirà
nell’Anima, e ne’ fervorosi affetti, quali senz’alcun dubbio sono evidentissimi
effetti di essere stata veramente dettata dalla Gran Madre delle Grazie Maria
Santissima. Incontrerassi in occulti misteri da niuno antico o recente Padre
riferiti, ma tosto si voli col pensiero all’onnipotente braccio dell’Altissimo,
alla infinita carità divina, all’eccelsa dignità della Madre di Dio, ed a ciò,
che comunemente i Padri ed i Teologi insegnano, che alla divina Madre attribuir
se le debbono tutte le perfezioni ed eccellenze tutte, che non sono ripugnanti,
e sono proporzionate a quella suprema ineffabile dignità, in cui la esaltò la
infinita Maestà divina. Sono inconcussi principi di nostra Fede, la Maternità
di Dio, e la pienezza delle Grazie in Maria Santissima. La divina Maternità è
quella canna di oro, con cui misurare si debbono l’eccellenze di questa mistica
Città di Dio, per esserle stata data tal’eccelsissima dignità con tutto il
colmo di Privilegi dovuti a tale ineffabile prerogativa. E l’altra è delle
Grazie la pienezza sovra tutte le altre Creature, in guisa che, quanto Iddio a’
Beati Spiriti, o a’ Santi ha conceduto, certamente non lo ha negato a sua
Madre, anziché tutto le ha conceduto con ineffabile preminenza. Su questi due
soli e inconcussi fondamenti le loro laudi alla Vergine Madre poggiarono i
Padri della Chiesa, San Gregorio Nisseno: Maria
superat omnem qua comprehendit cogitationem (bom. 3 in Cantic. 1 vers. 10).
San Tommaso di Villanova: Quaenam virtus?
Quaenam Gratia? Quae gloria Matri Dei non congruit? Solve cogitationibus
habenas: dilata intellectui fimbrias, et describe apud te in animo Virginem
quandam purissimam, prudentissimam, pulcherrimam, devotissimam, humillimam,
mitissimam, omni gratia plenam, omni sanctitate pollentem, omnibus virtutibus
ornatam, omnibus charismatibus decoratam, Deo gratissimam. Quantum potes,
tantum auge. Quantum vales, tantum adde: major est ista Virgo, superior est
Virgo ista. Nam eam Spiritus Sanctus literis descripsit, sed tibi eam animo
depingendam reliquit; ut intellegas nihil gratiae, aut perfectionum, aut
gloriae, quam animus in pura creatura concipere possit, illi defuisse; immo
reipsa omnem intellectum superasse (serm. 2 de Nativ. Virg.). Ne è qui
luogo di riferire Padri: leggansi San Germano, Sant’Anselmo, Sant’Idelfonso,
San Bernardo, San Bonaventura, Sant’Amedeo Vescovo Lausenze, Ruberto, e
Riccardo da San Lorenzo, Pietro Cellense, Giovan Gersone, e altri innumerevoli;
solamente conchiudo col dotto, e divoto Vescovo di Consa Ambrosio Caterino
dell’Ordine Illustrissimo di San Domenico, il quale scrivendo in difesa della
Immacolata Concezione della Vergine, conchiude a nostro proposito: Ego enim, non in hoc privilegio finiri
Mariae laudes existimo, sed latere etiam plura beatis nota spiritibus, et sua
die revelanda Ecclesiae: ut quaevis aetas suis atque nostris gaudeat decorata
mysteriis (Disput. pro Immaculata Conceptione ad PP. Ord. Praedicator. in
expugnat. 4 aciei).
In
ogni secolo dunque ha disposto l’Altissimo, che si scuoprano nuovi misteri
della divina Madre. Non si maravigli dunque il Lettore delle novità stupende,
che osserverà in questo presente Ristretto.
Ma
dirà taluno, che il dubbio non cade nelle prerogative singolarissime della Gran
Madre di Dio, ma ben vero nella verità della Rivelazione. E qui possiamo
adattare tutto ciò che il dottissimo Cardinale Turrecremata scrisse in difesa
delle Rivelazioni di Santa Brigida. Cinque segni, egli dice, distinguono le
rivelazioni fatte da Dio, da quelle del demonio. Primo: che sien conformi ai
detti de’ Maestri di Spirito, e Dottori Cattolici. Secondo: dagli effetti, che
all’Anima, che le riceve, cagionano. Terzo: dalle materie, e verità, che
contengonsi. Quarto: se si conformano, oppure oppongono alla Scrittura santa.
Quinto: dalla Persona, che le riceve, se sia di vita approvata. In quanto al
primo: Parlò Dio a Samuele chiamandolo tre fiate; ed Ei andò da Eli suo
Maestro, stimando, ch’egli fosse, che chiamato lo avesse. Per insegnarci, che
Dio sempre parla uniforme ai Maestri di vera sana Ascetica, e a’ Dottori della
Chiesa, come scrisse San Gregorio: Vocavit
Deus puerum voce Magistri simili, ut modum suae locutionis indicaret (in 1
Reg. cap. 3). E per quanti rigorosi e rigidi esami, che fatti si sono da
dottissimi Censori a quest’Opera della Venerabile Serva di Dio Suor Maria d’Agreda,
non si è potuto menomo neo ritrovare, che alla Teologia Mistica opposto fosse.
E questa gran Serva di Dio, che scrisse l’opera, dopo la ripugnanza di dieci
anni agitata dalla profondissima sua umiltà, al semplice cenno di un Confessore
straordinario, consegnolla subito alle fiamme, senza veruna replica; mostrando
nella ripugnanza di scrivere una somma umiltà, e in questa strana esecuzione,
una somma ubbidienza, che sono i veri fondamenti della Santità. Il secondo
segno del dottissimo Cardinale è l’effetto della Rivelazione prodotto
nell’Anima, che la riceve, ch’esser suole, quando è da Dio, la umiltà santa.
Ciò posto, leggasi l’ammirabil sua vita tratta da’ processi per la sua
Beatificazione, e Canonizzazione. Leggansi le sue Introduzioni all’Opera, e si
vedrà la umilissima Serva di Dio fatta una stessa cosa colla polvere. Basta
solo sapere, che per lo spazio di trentacinque anni, per ubbidienza governò il
Monistero da Abbadessa, e in tutto questo tempo ritenne costante due uffizj, o
mestieri i più penosi e vili: di suonare Ella il Matutino a mezza notte,
svegliando e portando lume alle religiose; e l’altro di nettare e pulire i
luoghi comodi, chiamandolo, per antonomasia, il suo proprio mestiero. Il terzo
segno è l’effetto della materia. E qui dirò col Salmista: Gustate et videte; e come disse Sant’Ambrogio: Ipse pro se loquitur liber (Pertracta omnia, sermones vellica,
epist. ad Sabinam). Ognuno, che legge la vita della Divina Madre, confessa,
dagli ammirevoli effetti di vera divozione, e dagli interni sentimenti
fervorosi di spirito, esser Opera veramente divina; essendo irrefragabile il
detto di Cristo: Non potest arbor bona
malos fructus facere, neque arbor mala bonos fructus facere (Matth. cap. 7).
Il quarto segno, che non siavi cosa, che alla Scrittura Santa si opponga. E su
ciò, chiunque legge la storia prolissa, chiaramente si avvede, appunto, come
attestano tre dottissimi Vescovi di Spagna, Monsignor d’Escartin, Monsignor di
Silvia, e Monsignor Ximenes Vescovo di Piacenza con altri valent’uomini di
quelle Università. E che non siavi un apice contro di essa, lo ha già deciso la
Santa Chiesa Romana. Il quinto segno è la bontà approvata della persona, che
riceve le rivelazioni. E questo lo provano i Processi sulla santa Vita della
Venerabile Serva di Dio, che si esaminò dalla Sacra Congregazione de’ Riti, e
sperasi tosto venerarla su i Sacri Altari; onde di questa grande Opera può
dirsi ciocché disse Lattanzio Firmiano: Quia
vera est, quadrat undique, de se tota consentit, et ideo persuadet, quia costanti
ratione suffulta est (lib. 5 cap. 3).
Propongo
intanto questo Ristretto di Vita della divina Madre, com’esemplare ad ogni ceto
di persone, sperando, anzi tenendo di certo, che non siavi Anima ostinata, la
quale leggendo questo libro non si scuota, non si commuova, e a Dio non si
converta, e perciò alla vera Madre e speranza de’ peccatori non ricorra con
lagrime di commozione, e con forti proponimenti di mutar vita. A questo fine si
sono posti sull’ultimo di questa Vita gli atti del Cristiano. Laonde compunto
il peccatore dalla Lezione di quella divota Storia, faccia tosto con sommo
sentimento di spirito quell’Atto di viva Fede, poi quello di contrizione, ed
indi quei di Speranza e di Carità, e ricorra all’Avvocata de’ peccatori, e viva
con ferma fiducia sotto al suo manto, abborrendo, anco per suo amore il
maledetto peccato mortale. E non si sgomenti, perché certamente ci salveremo: Siquis a te aversus, necesse est ut pereat;
ita ad te conversus, impossibile est, ut pereat (Sant’Anselmo).
CAPO PRIMO
Maria Santissima nella Mente
Divina. Contezza de’ suoi Santi Genitori.
Pria
di cominciare a scrivere la Vita ammirabile della divina Madre, uopo è far
palese al mondo il posto sublimissimo, ch’Ella ebbe ab aeterno nella Divina Mente. Ancorché la Divina Mente come una,
indivisibile e semplicissima, un atto semplicissimo comprensivo abbia, non
essendovi in lei tempo né preterito né futuro, noi per nostro modo d’intendere
distinguiamo in lei diversi segni. I.
Il primo è quello, in cui nell’abisso dell’eternità conobbe Iddio i suoi
attributi, e perfezioni colla propensione infinita di comunicarsi ad extra, come Sommo Infinito Bene. II. Fa decretare questa tal
comunicazione di se medesimo ad extra
colla participazione e manifestazione di sue grandezze. III. Fa conoscere l’ordine, modo, e disposizione di tal
comunicazione, determinando che il Divin Verbo si facesse visibile colla
Santissima Umanità. IV. Decretò i
doni e grazie da darsi all’Umanità divinizzata di Cristo Capo di tutte le
Creature. E qui ordinando tutta l’economia perfettissima dell’Incarnazione,
venne qui inclusa la Vergine Madre, pria di determinarsi la creazione
dell’altre Creature. Determinò pur’anco Iddio di crear luogo per abitare
l’umanato Verbo colla divina Madre; onde per loro soli principalmente determinò
di creare il Cielo e la Terra con gli Astri, Elementi, e quanto in essi
contiensi, e secondariamente per gli Uomini come vassalli, ch’esser dovevano a
questo gran Re, e a questa gran Regina. V.
Fu determinata la creazione della Natura Angelica per assistere alla divina
grandezza, perché la onorassero e amassero; e servissero anco al Verbo Eterno
umanato, e alla di lui Santissima Madre, Sovrana loro Regina. Qui appartiene la
creazione del Cielo Empireo per lo scoprimento della Divina Gloria e premio de’
buoni, e la predestinazione de’ buoni Spiriti e la riprovazione de’ cattivi; la
creazione della Terra per l’altre Creature, e dell’Inferno nel suo centro in
gastigo dei spiriti rubelli. VI.
Decretossi di creare un popolo e congregazione di uomini a Cristo simili a Lui
e suoi fratelli; ordinandosi i favori e grazie da darsi a questo popolo per
merito di Cristo loro Capo, e la Giustizia originale, e in essa perseverare
voluto avesse. Si vede la prevaricazione e caduta di Adamo, ed in lui di tutti
gli altri, fuorché la divina Madre, che non entrò in questo decreto posteriore.
Ordinossi il rimedio a questa disgrazia, e che fosse la umanità di Cristo,
passibile.
Nell’esecuzione
di tali decreti nel tempo, creò Iddio il Cielo e la Terra, e la Luce non solo
materiale, ma anco intellettuale, che sono gli Angioli; e quando fu la
divisione della Luce dalle tenebre, cioè del giorno dalla notte, sortì quella
degl’Angioli buoni da’ cattivi. Lo stato de’ viatori negli Angioli durò morale,
o istanti, in uno dei quali furono creati da Dio nell’Empireo, e ornati di
eccellenti doni di natura e di grazia; nel secondo, fu loro proposto il Voler
Divino per eseguirlo, a conseguire il fine, per cui gli avea creati, ricevendo
chiarissimi lumi del bene e del male, del premio e del gastigo; nel terzo
ubbidendo gli uni, e repugnando disubbidendo gli altri, furono quegli
confermati in grazia e glorificati, e questi contumaci gastigati e precipitati
nell’Inferno per esservi tormentati perpetuamente. Il motivo di tale
ribellione, e di tal disgrazia fu, che avendo gli Angioli chiarissima
cognizione dell’Esser Divino, Uno nell’Essenza e Trino nelle Persone; poiché fu
loro imposto di adorarlo come lor Creatore, ubbidiron tutti, ma con
disuguaglianza. Lucifero sembrandoli impossibile fare il contrario, lo adorò,
ma non con carità perfetta; quindi coll’imperfezione dell’atto, ancorché non
perdesse la grazia, cominciò con la sua mala disposizione, nello spirito la
fiacchezza. Manifestando loro indi Iddio, com’era per creare la Natura umana da
favorirsi da lui di molto, e che la seconda divina Persona l’avrebbe assunta
unendola a sé con unione ipostatica; quindi comandò loro, che tutti adorato
avessero quest’Uomo Dio, come Capo di tutte le Creature. A tale precetto
resisté Lucifero, e provocò altri a far lo stesso, ad essi persuadendo, che
sarebbe egli lor capo, che avrebbe costituito un principato ed un Regno
indipendente da Cristo. Crebbe la sua fellonia in udire, che anco onorare
dovevasi una Vergine di Cristo Madre, come Sovrana e Regina, da arricchirsi di
doni, di Grazia, e di Gloria sovra tutte le Creature angeliche ed umane;
corrispondendo con orrende bestemmie, e condannando per ingiusti i decreti
divini, offensivi di sua grandezza. Tal superbia provocò la Divina
indignazione, che nel terrestre Paradiso pronunziò al Serpente quell’Ipsa conteret caput tuum.
Discacciato
con gli Angioli rubelli Lucifero lor capo, formò Iddio le altre Creature
servendosi de’due vaghissimi originali Cristo e la Vergine Madre, copiando da
essi tutte le altre Creature; e particolarmente formando Adamo ed Eva, dié loro
moto, perfezioni, e benedizioni; in riguardo ch’erano il ritratto di que’ due
grandi amatissimi originali. Occultò Dio a Lucifero la creazione di amendue per
qualche tempo, cioè finoché amendue insieme furono; e ciò fé per cominciare a
porre in dubbio al Demonio, se Eva era quella che dovea fiaccargli il capo, e
se Adamo era il Verbo Incarnato. Qui cominciò la rabbia dell’astuto nemico a
porre in opera le sue insidie, ed essendogli riuscito di pervertire la donna, e
per mezzo di lei anche l’Uomo, è incredibile il trionfo, che ne mostrò co’ suoi
Demonj, ma durò poco, sì per vedere la Pietà divina verso i delinquenti nel
restituirgli alla sua amicizia mediante la penitenza; sì anco per aver udito
quella minaccia, la Donna schiaccerà il suo capo.
Indi
moltiplicato l’uman genere, elesse il Signore un popolo specialmente diletto, e
tra esso un chiaro lignaggio, da cui discendesse secondo la carne il suo divin figliuolo.
A questo Popolo ei fé segnalati favori, rivelò occulti misteri, impegnò la sua
protezione, e gli dié Santissimi Patriarchi, e Profeti, i quali in figure e
profezie annunziassero di lontano la sospirata venuta del Verbo Incarnato.
Quindi avvicinandosi il tempo determinato, mandò Iddio nel Mondo due Santissimi
Personaggi, che quasi due lucidissime Stelle annunciassero con la loro
chiarezza la santissima venuta del Sol di Giustizia Cristo comun Salvatore; e questi
furono San Gioacchino e Sant’Anna, prevenuti, e preparati da Dio per il
disegno, che egli avea ab aeterno di
fare Genitori della Gran Vergine Madre. Abitava San Gioacchino in Nazaret Città
di Galilea, in cui avea parenti ed amici, ed era uomo giusto e santo,
illustrato singolarmente da Dio con altissime cognizioni de’ misterj divini, e
delle profezie della Scrittura Santa. Abitava Sant’Anna in Bettelemme, ed era
pudica, casta, umile, e dotata di singolare bellezza, e non meno intelligente
che Gioacchino de’ sublimi sensi delle divine Profezie. A lei fu inviato in
forma visibile l’Arcangelo San Michele, che ordinogli prendesse per Isposo
Gioacchino, a cui anco comparve alquanto dopo, ma in sogno avvisandolo, che
prendesse per Isposa Anna. Effettuossi questo santo Matrimonio, senza che
alcuno di essi manifestasse dell’Arcangelo l’apparizione, ed era Gioacchino
allora in età di quarantasei anni, ed Anna di ventiquattro. Convissero i Santi
Sposi in Nazaret con somma rettitudine ed esercizio di sante Virtù; delle loro
rendite ne facevano ogn’anno tre parti: una la offerivano al Tempio dedicandola
a Dio; l’altra distribuivano a’ poveri, e con l’altra mantenevano se stessi e
la famiglia decentemente. Passarono venti anni senza prole con qualche
rammarico, per esser in que’ tempi di obbrobrio per non dover aver parte nel
futuro Messia, erano motteggiati da’ vicini, ed anco ingiuriati come inutili
da’ Sacerdoti; in fatti andato Gioacchino al Tempio per orare, Inchar che era
uno de’ Sacerdoti, lo discacciò, come infecondo, e però indegno di Sacrifizj.
Ritirossi perciò il Santo tutto mortificato in un suo Casino di campagna
pregando il Signore con lagrime a dargli prole, facendo voto di offerirgliela
nel suo Tempio. Apparve in questo mentre l’Angiolo a Sant’Anna, e dissele che
sarebbe stata orazione all’Altissimo molto grande il chiedergli prole. Eseguì
l’avviso la Santa Matrona, ed offerì ancor Ella umilmente con voto a Dio quel
parto, che si sarebbe compiaciuto concederle. Giunsero queste preghiere al
divin Trono, e si spedì l’Arcangiolo Gabriele a San Gioacchino, che dissegli:
Gioacchino, ha esaudito l’Altissimo le tue suppliche, ed Anna tua sposa
concepirà e partorirà una Figliuola, che sarà benedetta tra le Donne, e
fortunata tra tutte le Genti; vuole il Signore, che dalla sua infanzia gliela
consacri nel Tempio. Sant’Anna in questo mentre stava in altissima
contemplazione tutta elevata nel mistero dell’Incarnazione, pregando
ferventemente il Signore a farla degna di vedere e servire quella ben
avventurata Donna, ch’esser doveva Madre del sospirato Messia; ed ecco che
entra a Lei l’Arcangiolo manifestandole, come Iddio la eleggeva per Madre della
gran Madre del suo Unigenito. Tutta ebra di santo fervore restando la santa
Matrona, ringraziando il Signore, portossi al Tempio per rendergli le dovute
grazie. Incontrossi con Gioacchino, manifestandogli la rivelazione
dell’Altissimo, portandosi insieme nel Tempio ratificando il voto, e
ringraziando caldamente il Signore. Nel ritornarsene poscia conferirono tra di
loro le misericordie divine, scoprendosi le primiere visite degli Angioli ed
ordine di insieme sposarsi, che non mai se n’era tra loro fatta parola: né gli
scoprì la prudente Matrona, che la Bambina promessa esser dovea Madre del
sospirato Messia, avendoglielo vietato l’Arcangelo.
Ora
essendo giunta la pienezza de’ tempi, tutte e tre le Divine Persone, a nostro
modo d’intendere, tra loro dissero: È già tempo che diamo principio alla
grand’opera del nostro beneplacito e introduciamo nel Mondo quella pura
Creatura, ch’esser dovrà sovra tutte le altre la più cara a nostri sguardi,
esentiamola dalla Legge ordinaria degli altri, acciò in Lei non abbia parte il
serpente infernale; è giusto che la Divinità si depositi in materia purissima,
e non mai macchiata da colpa veruna; né conviene alla nostra bontà e sapienza
di tralasciare il più perfetto, decente e santo per quello, ch’è meno; mentre
alla nostra volontà non vi è chi possa resistere. Il Verbo incarnato, Maestro
degli uomini dovendo essere, insegnerà con maggior efficacia ad onorare i
genitori, dandone Egli prima l’esempio con onorare quella, che ha eletta per Madre,
e tra questi onori concedendole il privilegio a non esser mai soggetta a’ suoi
nemici; anzi dovendo esser Egli dell’uman genere il Redentore, ben gli conviene
di esercitare primieramente questo uffizio colla propria Genitrice, ma con una
sorte di redenzione singolare per Essa, la quale consista non in cavarla dal
peccato dopo cadutavi, ma in prevenirla colla sua Grazia, sì che non vi cada;
onde preservandola tutta purissima ed immacolata, goderà di vedere, che passi
tra la sua Madre terrena, ed il suo Padre celeste quella maggior somiglianza di
purezza, che sia possibile tra Dio e la Creatura. Questo tal divino Decreto fu
rivelato agli Angioli santi, i quali con profondissima riverenza tutti
prostrati dinanzi al Trono della Augustissima Trinità le diedero somme laudi, e
le resero lietissime grazie per aver finalmente esaudite quelle preghiere, che
tutti essi sino dalla battaglia ferale con Lucifero avevano sempre offerte,
acciò si eseguisse la Incarnazione; e quindi a gara tutti esibironsi per
Ministri di sì alto Mistero, desiderosi di comporre la Corte al Figliuol di
Dio, e alla sua purissima Madre.
Erano
già scorsi venti anni del Santo Matrimonio, e perciò Gioacchino in età era di
sessantasei anni, e di quarantaquattro Sant’Anna, quando in adempimento della
Divina promessa, con successo veramente ammirabile, generarono quella
Fanciulla, ch’esser dovea Gran Madre di Dio, tutto eseguendo nella maniera
ordinaria delle altre generazioni; ma la virtù dell’Altissimo levò a questa
operazione tutto lo imperfetto e disordinato, lasciandovi solo il puro
necessario a fine che la natura somministrasse la materia dovuta per formare il
corpo più perfetto, che fosse mai stato o fosse per essere in verun’altra
donna; risplende grandemente la divina virtù nel supplire con miracoloso
concorso alla naturale sterilità di Sant’Anna, ma nulladimeno meravigliosa fu
la grazia singolare dalla quale prevenuti i Santi Genitori restarono in
quell’atto così astratti ed esenti dalla concupiscenza e diletto sensuale, che
raffrenato in essi ogni fomite del peccato, mancò quivi alla colpa originale il
foriero, o sia il mezzo, con cui l’ordinario si comunica. In questa formazione
del corpo di Maria Santissima fu così attenta la Sapienza Divina, che lo
compose in peso e misura perfettissima nella quantità e qualità degli umori,
onde con fina proporzione di ottimo temperamento servir potesse meglio alle
operazioni di quell’Anna sì grande e sì santa che doveva animarlo. Fu questo
Corpicino arricchito da Dio di doni naturali in tanta copia e profusione, che
tutta la umana natura non avrebbe saputo farlo nella complessione, e nelle
potenze materiali uguale a questo; perché Iddio, a nostro modo d’intendere,
pose più cura ed applicazione in formarlo, che nel lavoro di tutt’i globi
celesti, e di tutto l’Universo.