sabato 2 febbraio 2019

Purificazione della Beata Vergine Maria

Doppio di II classe.

Se la festa della Purificazione cade in una Domenica privilegiata, essa si celebra il giorno seguente; tuttavia la benedizione e la distribuzione delle Candele e la Processione si fanno prima della Messa della Domenica.

Sono trascorsi infine i quaranta giorni della Purificazione di Maria, ed è giunto il momento in cui essa deve salire al Tempio del Signore per presentarvi Gesù. Prima di seguire il Figlio e la Madre in questo viaggio a Gerusalemme, fermiamoci ancora un istante a Betlemme, e penetriamo con amore e docilità i misteri che stanno per compiersi.

La legge di Mosè.
La legge del Signore ordinava alle donne d'Israele, dopo il parto, di rimanere per quaranta giorni senza accostarsi al tabernacolo. Spirato tale termine, dovevano, per essere purificate, offrire un sacrificio, che consisteva in un agnello, destinato ad essere consumato in olocausto, e vi si doveva aggiungere una tortora o una colomba, offerte per il peccato. Se poi la madre era troppo povera per offrire l'Agnello, il Signore aveva permesso di sostituirlo con un'altra tortora o con un'altra colomba.
Un altro comandamento divino dichiarava tutti i primogeniti proprietà del Signore, e prescriveva il modo di riscattarli. Il prezzo del riscatto era di cinque sicli che, al peso del santuario, rappresentavano ognuno venti oboli.

Obbedienza di Gesù e di Maria.
Maria, figlia d'Israele, aveva partorito; Gesù era il suo primogenito. Il rispetto dovuto a tale parto e a tale primogenito, permetteva il compimento della legge?
Se Maria considerava i motivi che avevano portato il Signore ad obbligare tutte le madri alla purificazione, vedeva chiaramente che questa legge non era stata fatta per lei. Quale relazione poteva avere con le spose degli uomini colei che era il purissimo santuario dello Spirito Santo, Vergine nel concepimento del Figlio, Vergine nel suo ineffabile parto, sempre casta, ma ancora più casta dopo aver portato nel suo seno e dato alla luce il Dio di ogni santità? Se considerava la qualità del suo Figliuolo, la maestà del Creatore e del sommo Padrone di tutte le cose il quale si era degnato di nascere in lei, come avrebbe potuto pensare che questo figlio era sottomesso all'umiliazione del riscatto, come uno schiavo che non appartiene a se stesso?
Tuttavia, lo Spirito che abitava in Maria le rivela che deve compiere il duplice precetto. Malgrado la sua dignità di Madre di Dio, è necessario che si unisca alla folla delle madri degli uomini che si recano al tempio, per riacquistarvi, mediante un sacrificio, la purezza che hanno perduta. Inoltre, il Figlio di Dio e Figlio dell'uomo deve essere considerato in tutto come un servo. Bisogna che sia riscattato quindi come l'ultimo dei figli d'Israele. Maria adora profondamente questo supremo volere, e vi si sottomette con tutta la pienezza del cuore.
I consigli dell'Altissimo avevano stabilito che il Figlio di Dio sarebbe stato rivelato al suo popolo solo per gradi. Dopo trent'anni di vita nascosta a Nazareth dove - come dice l'evangelista - era ritenuto il figlio di Giuseppe, un grande Profeta doveva annunciarlo ai Giudei accorsi al Giordano per ricevervi il battesimo di penitenza. Presto le sue opere, i suoi miracoli avrebbero reso testimonianza di lui. Dopo le ignominie della Passione, sarebbe risuscitato gloriosamente, confermando così la verità delle sue profezie, l'efficacia del suo Sacrificio e infine la sua divinità. Fino allora quasi tutti gli uomini avrebbero ignorato che la terra possedeva il suo Salvatore e il suo Dio. I pastori di Betlemme non avevano ricevuto l'ordine, come più tardi i pescatori di Genezareth, di andar a portare la Parola fino agli estremi confini del mondo? I Magi erano tornati nell'Oriente senza rivedere Gerusalemme commossa per un solo istante al loro arrivo. Quei prodigi, di così grande portata agli occhi della Chiesa dopo il compimento della missione del suo divino Re, non avevano trovato eco o memoria fedele se non nel cuore di qualche vero Israelita che aspettava la salvezza d'un Messia umile e povero. La nascita di Gesù a Betlemme doveva restare ignota alla maggior parte dei Giudei, e i Profeti avevano predetto che sarebbe stato chiamato Nazareno.
Il piano divino aveva stabilito che Maria fosse la sposa di Giuseppe, per proteggere, agli occhi del popolo, la sua verginità; ma richiedeva pure che questa purissima Madre venisse come le altre donne di Israele ad offrire il sacrificio di purificazione per la nascita del Figlio che doveva essere presentato al tempio come il Figlio di Maria, sposa di Giuseppe. Così la somma Sapienza si compiace di mostrare che i suoi pensieri non sono i nostri pensieri e di sovvertire i nostri deboli concetti, aspettando il giorno in cui lacererà i veli e si mostrerà nuda ai nostri occhi abbagliati.
Il volere divino fu sempre caro a Maria, in questa circostanza come in tutte le altre. La Vergine non pensò di agire contro l'onore del suo Figliuolo né contro il merito della propria integrità venendo a cercare una purificazione esteriore della quale non aveva bisogno. Essa fu, al Tempio, la serva del Signore, come lo era stata nella casa di Nazareth alla visita dell'Angelo. Obbedì alla legge perché le apparenze la dichiaravano soggetta alla legge. Il suo Dio e Figliuolo si sottometteva al riscatto come l'ultimo degli uomini. Aveva obbedito all'editto di Augusto per il censimento universale; doveva «essere obbediente fino alla morte, e alla morte di croce»: la Madre e il Figlio si umiliarono insieme. E l'orgoglio dell'uomo ricevette in quel giorno una delle più belle lezioni che mai gli siano state impartite.

Il viaggio.
Che mirabile viaggio quello di Maria e di Giuseppe che vanno da Betlemme a Gerusalemme! Il divino Bambino è fra le braccia della mamma, che lo tiene stretto al cuore per tutta la strada. Il cielo, la terra e tutta la natura sono santificate dalla dolce presenza del loro creatore. Gli uomini in mezzo a cui passa quella madre carica del suo tenero frutto la considerano, gli uni con indifferenza, gli altri con curiosità; nessuno penetra il mistero che deve salvarli tutti.
Giuseppe è portatore del dono che la madre deve presentare al sacerdote. La loro povertà non permette che acquistino un agnello; e d'altronde non è forse Gesù l'Agnello di Dio che toglie i peccati del mondo? La legge ha designato la tortora o la colomba per supplire l'offerta che una madre povera non avrebbe potuto presentare. Giuseppe porta anche i cinque sicli, prezzo del riscatto del primogenito, poiché è veramente il Primogenito quel figlio unico di Maria che si è degnato di farci suoi fratelli e di renderci partecipi della natura divina adottando la nostra.

Gerusalemme.
Finalmente la sacra famiglia è entrata in Gerusalemme. Il nome di questa città significa visione di pace, e il Salvatore viene con la sua presenza ad offrirle la pace. Consideriamo il magnifico progresso che vi è nei nomi delle tre città alle quali si collega la vita mortale del redentore. Viene concepito a Nazareth, che significa il fiore, poiché egli è - come dice lui stesso nel cantico - il fiore dei campi e il giglio delle valli; e il suo divino odore ci riconsola. Nasce a Betlemme, la casa del pane, per essere il cibo delle anime nostre. Viene offerto in sacrificio sulla croce a Gerusalemme e col suo sangue ristabilisce la pace fra il cielo e la terra, la pace fra gli uomini e la pace nelle anime nostre.
Oggi, come presto vedremo, egli ci darà un pegno di questa pace.

Simon Vouet, Presentazione di Gesù al Tempio,
Museo del Louvre, Parigi, Francia, 1640-1641.
Il Tempio.
Mentre Maria, che porta il suo divino fardello, sale - Arca vivente - i gradini del Tempio, prestiamo attenzione, poiché si compie una delle più celebri profezie e si rivela uno dei principali caratteri del Messia. Concepito da una Vergine, nato in Betlemme come era stato predetto, Gesù, varcando la soglia del Tempio, acquista un nuovo titolo alla nostra adorazione.
Questo edificio non è più il famoso Tempio di Salomone che fu preda delle fiamme nei giorni della cattività di Giuda. È il secondo Tempio costruito al ritorno da Babilonia e il cui splendore non ha raggiunto la magnificenza dell'antico. Prima della fine del secolo sarà rovesciato per la seconda volta, e le parole del Signore hanno garantito che non ne rimarrà pietra su pietra. Ora, il Profeta Aggeo per consolare gli Ebrei tornati dall'esilio, i quali confessavano la loro impotenza ad innalzare al Signore una casa paragonabile a quella che aveva costruita Salomone, ha detto loro queste parole, che devono servire a fissare il tempo della venuta del Messia: «Fatti animo, o Zorobabele - dice il Signore - fatti animo, o Gesù, figlio di Josedec, sommo Sacerdote; fatti animo, o popolo di questa contrada, poiché ecco quanto dice il Signore: Ancora un po' di tempo e scuoterò il cielo e la terra, e scuoterò tutte le genti; e verrà il desiderato di tutte le genti; e riempirò di gloria questa casa. La gloria di questa seconda casa sarà maggiore di quella della prima; e in questo luogo darò la pace - dice il Signore degli eserciti».
È giunta l'ora del compimento di questo oracolo. L'Emmanuele, è uscito dal suo riposo di Betlemme, si è mostrato in piena luce, è venuto a prender possesso della sua casa terrena; e con la sua sola presenza in questo secondo Tempio, ne eleva d'un tratto la gloria al di sopra di quella di cui era circondato il tempio di Salomone. Lo visiterà ancora parecchie volte ma l'entrata ch'egli vi fa oggi sulle braccia della madre, basta a compiere la profezia: d'ora in poi le ombre e le immagini che conteneva quel Tempio cominciano a svanire ai raggi del Sole della verità e della giustizia. Il sangue delle vittime tingerà ancora per qualche anno i corni dell'altare, ma in mezzo a tutte quelle vittime, ostie impotenti, s'avanza già il Bambino che porta nelle sue vene il sangue della Redenzione del mondo. Tra quella folla di sacrificatori, in mezzo alla moltitudine di figli d'Israele che si stringe nel Tempio, parecchi aspettano il Liberatore, e sanno che si avvicina l'ora della sua manifestazione ma nessuno di essi sa ancora che in quello stesso momento il Messia atteso è appena entrato nella casa di Dio.
Tuttavia il grande evento non doveva compiersi senza che l'Eterno operasse un nuovo miracolo. I pastori erano stati chiamati dall'Angelo, la stella aveva guidato i Magi dall'Oriente a Betlemme; ed ora lo Spirito Santo procura egli stesso al divino Bambino una testimonianza nuova e inattesa.

Il Santo Vegliardo.
Viveva a Gerusalemme un vecchio la cui vita volgeva al termine; ma quest'uomo ardente, chiamato Simeone, non aveva lasciato affievolire nel suo cuore l'attesa del Messia. Sentiva che ormai si erano compiuti i tempi; e come premio della sua speranza, lo Spirito Santo gli aveva fatto conoscere che i suoi occhi non si sarebbero chiusi prima di aver visto la Luce divina levarsi sul mondo. Nel momento in cui Maria e Giuseppe salivano i gradini del Tempio portando verso l'altare il Bambino della promessa, Simeone si sente spinto interiormente dalla forza dello Spirito divino, esce dalla propria casa e si dirige verso il Tempio. Sulla soglia della casa di Dio, i suoi occhi hanno subito riconosciuto la Vergine profetizzata da Isaia, e il suo cuore vola verso il Bambino che ella tiene fra le braccia.
Maria, ammaestrata dallo stesso Spirito, lascia avvicinare il vecchio, e depone fra le sue braccia tremanti il caro oggetto del suo amore, la speranza della salvezza della terra. Beato Simeone, immagine del mondo antico invecchiato nell'attesa e presso a finire! Ha appena ricevuto il dolce frutto della vita, che la sua giovinezza si rinnova come quella dell'aquila, e si compie in lui la trasformazione che deve realizzarsi nell'umano genere. La sua bocca si apre, la sua voce risuona, ed egli rende testimonianza come i pastori nella contrada di Betlemme e come i Magi nell'Oriente. «O Dio - egli dice - i miei occhi hanno dunque visto il Salvatore che tu preparavi! Risplende finalmente quella luce che deve illuminare i Gentili e costituire la gloria del tuo popolo d'Israele».

Francisco Rizi de Guevara, La Presentazione al Tempio, Museo del Prado, Madrid, Spagna, 1650 circa.
Anna la Profetessa.
Ed ecco sopraggiungere, attirata anch'essa dall'ispirazione dello Spirito Divino, la pia Anna, figlia di Fanuel. I due vegliardi, che rappresentano la società antica, uniscono le loro voci, e celebrano la venuta del Bambino che viene a rinnovare la faccia della terra, e la misericordia di Dio che finalmente la pace al mondo.
È in questa pace tanto desiderata che Simeone spirerà la sua anima. Lascia dunque partire nella pace il tuo servo, secondo la tua parola, o Signore! - dice il vecchio; e presto l'anima sua, liberata dai legami del corpo, porterà agli eletti che riposano nel seno di Abramo la notizia della pace che appare sulla terra, e aprirà presto i cieli. Anna sopravvivrà ancora per qualche tempo a questa sublime scena; essa deve, come ci dice l'Evangelista, annunciare il compimento delle promesse ai Giudei in ispirito che aspettavano la Redenzione d'Israele. Un seme doveva essere affidato alla terra; i pastori, i Magi, Simeone, Anna l'hanno gettato; esso spunterà a suo tempo: e quando gli anni d'oscurità che il Messia deve passare in Nazareth saranno trascorsi, quando egli verrà per la messe, dirà ai suoi discepoli: Osservate come il frumento è presso alla maturazione nelle spighe: pregate dunque il padrone della messe che mandi operai per la messe.
Il beato vegliardo restituisce dunque alle braccia della purissima Maria il Figlio che essa offrirà al Signore. I volatili sono presentati al sacerdote che li sacrifica sull'altare, viene versato il prezzo del riscatto e si compie così la perfetta obbedienza; e dopo aver reso i suoi omaggi al Signore, Maria stringendosi al cuore il divino Emmanuele e accompagnata dal suo fedele sposo, discende i gradini del Tempio.

Liturgia.
Ecco il mistero del quarantesimo giorno, che chiude la serie dei giorni del Tempo di Natale con la festa della Purificazione della santissima Vergine. La Chiesa Greca e la Chiesa di Milano pongono la festa nel numero delle solennità di Nostro Signore; la Chiesa Romana l'annovera tra le feste della santa Vergine. Senza dubbio il Bambino Gesù viene offerto oggi nel Tempio e riscattato, ma è in occasione della Purificazione di Maria, di cui quell'offerta e quel riscatto sono come la conseguenza. I più antichi Martirologi e Calendari dell'Occidente presentano la festa sotto il nome che ancora oggi conserva, e la gloria del Figlio, lungi dall'essere oscurata dagli onori che la Chiesa rende alla Madre, ne riceve un nuovo aumento, poiché egli solo è il principio di tutte le grandezze che noi celebriamo in essa.

LA BENEDIZIONE DELLE CANDELE E LA PROCESSIONE
Paramenti violacei.

Origine storica.
Dopo l'Ufficio di Terza, la Chiesa compie in questo giorno la solenne benedizione delle Candele, che è una delle tre principali benedizioni che hanno luogo nel corso dell'anno: le altre due sono quella delle Ceneri e quella delle Palme. L'intenzione della cerimonia è legata al giorno stesso della Purificazione della santa Vergine, di modo che se una delle domeniche di Settuagesima, di Sessagesima o di Quinquagesima cade il due febbraio, la festa è rimandata all'indomani, ma la benedizione delle Candele e la Processione che ne è il complemento restano fissate al due febbraio.
Onde raccogliere sotto uno stesso rito le tre grande Benedizioni di cui parliamo, la Chiesa ha prescritto, per quella delle Candele, l'uso dello stesso colore viola che adopera nella benedizione delle Ceneri e delle Palme, di modo che la funzione, che serve a indicare il giorno in cui si è compiuta la Purificazione di Maria, deve eseguirsi tutti gli anni il due febbraio, senza alcuna deroga al colore prescritto per le tre Domeniche di cui abbiamo parlato.

Intenzione della Chiesa.
L'origine storica è abbastanza difficile a stabilirsi in modo preciso. Secondo Baronio, Thomassin, Baillet ecc., tale benedizione sarebbe stata istituita, verso la fine del V secolo, dal Papa san Gelasio (492-496), per dare un senso cristiano ai resti dell'antica festa dei Lupercali, di cui il popolo di Roma aveva ancora conservato alcune usanze superstiziose. È almeno certo che san Gelasio abolì le ultime vestigia della festa dei Lupercali che veniva celebrata nel mese di febbraio. Innocenzo III, in uno dei suoi Sermoni sulla Purificazione, ci dice che l'attribuzione della cerimonia delle Candele al due febbraio è dovuta alla saggezza dei Pontefici romani, i quali avrebbero indirizzato al culto della santa Vergine i resti d'una usanza religiosa degli antichi Romani, che accendevano delle fiaccole in ricordo delle torce alla cui luce Cerere aveva, secondo la favola, percorso le cime dell'Etna, cercando la figlia Proserpina rapita da Plutone; ma non si trova alcuna festa in onore di Cerere nel mese di febbraio nel calendario degli antichi Romani. Ci sembra dunque più esatto adottare l'idea di D. Hugues Mènard, Rocca, Henschenius e Benedetto XIV, i quali ritengono che l'antica festa conosciuta in febbraio sotto il nome di Amburbalia e nella quale i pagani percorrevano la città portando delle fiaccole, ha dato occasione ai Sommi Pontefici di sostituirvi un rito cristiano che essi hanno congiunto alla celebrazione della festa in cui Cristo, Luce del mondo, viene presentato al Tempio dalla Vergine madre [1].

Il mistero.
Il mistero di questa cerimonia è stato sovente illustrato dai liturgisti dal VII secolo in poi. Secondo quanto afferma sant'Ivo di Chartres nel suo secondo Sermone sulla festa di oggi, la cera delle candele, formata dalle api con il succo dei fiori che l'antichità ha sempre considerate come un'immagine della Verginità, simboleggia la carne virginea del divino Bambino, il quale non ha intaccato nella sua concezione e nella sua nascita l'integrità di Maria. Nella fiamma della candela, il Vescovo ci invita a vedere il simbolo di Cristo che è venuto a illuminare le nostre tenebre. Sant'Anselmo, nelle sue Enarrazioni su san Luca, descrivendo lo stesso mistero, ci dice che nella Candela vi sono da considerare tre cose: la cera, lo stoppino e la fiamma. La cera - egli dice - opera dell'ape virginea, è la carne di Cristo; lo stoppino, che sta dentro, è l'anima; e la fiamma, che brilla nella parte superiore, è la divinità.

Le candele.
Un tempo i fedeli si davano premura di portare essi stessi le candele alla chiesa nel giorno della Purificazione perché fossero benedette insieme con quelle che i sacerdoti e i ministri portano nella Processione. Tale usanza è osservata ancora in molti luoghi. È desiderabile che i Pastori delle anime inculchino fortemente tale usanza, e la ristabiliscano o la mantengano dovunque ve n'è bisogno. Tanti sforzi fatti per distruggere o almeno per impoverire il culto esterno ha arrecato insensibilmente il più triste affievolirsi del sentimento religioso di cui la Chiesa possiede la sorgente nella Liturgia. È necessario inoltre che i fedeli sappiano che le candele benedette nel giorno della Candelora debbono servire non soltanto alla Processione, ma anche all'uso dei cristiani che, custodendole rispettosamente nelle proprie case, portandole con sé, tanto sulla terra che sulle acque, come dice la Chiesa, attirano speciali benedizioni dal cielo. Si devono accendere quelle candele al capezzale dei morenti, come ricordo dell'immortalità che Cristo ci ha meritata e come segno della protezione di Maria.

La processione.
Piena di gaudio, rischiarata dalla moltitudine delle fiaccole e trasportata come Simeone dal moto dello Spirito Santo, la santa Chiesa si mette in cammino per andare incontro all'Emmanuele. È questo incontro che la Chiesa Greca, nella sua Liturgia, designa con il nome di Hypapánte e della quale ha fatto l'attributo della festa di oggi. Lo scopo è di imitare la processione del Tempio di Gerusalemme, che san Bernardo così celebra nel suo primo Sermone sulla Festa della Purificazione di Maria:
«Oggi la Vergine madre introduce il Signore del Tempio nel Tempio del Signore, e Giuseppe presenta al Signore non un figlio suo, ma il Figlio diletto del Signore, nel quale Egli ha posto le sue compiacenze. Il giusto riconosce Colui che aspettava; la vedova Anna lo esalta nelle sue lodi. Questi quattro personaggi hanno celebrato per la prima volta la Processione di oggi, che, in seguito, doveva essere solennizzata nella letizia di tutta la terra in ogni luogo e da tutte le genti. Non stupiamo che quella Processione sia stata piccola, poiché Colui che vi si riceveva si era fatto piccolo. Nessun peccatore vi apparve: tutti erano giusti, santi e perfetti».
Camminiamo nondimeno sulle loro orme. Andiamo incontro allo Sposo, come le Vergini prudenti, portando in mano lampade accese al fuoco della carità. Ricordiamo il consiglio che ci da il Salvatore stesso: Siano i vostri lombi precinti come quelli dei viandanti; portate in mano fiaccole accese e siate simili a coloro che aspettano il loro Signore (Luc 12:35). Guidati dalla fede, illuminati dall'amore, noi lo incontreremo, lo riconosceremo, ed egli si darà a noi.
Terminata la Processione, il Celebrante e i ministri depongono i paramenti viola, e indossano quelli bianchi per la Messa solenne della Purificazione della Vergine. Se ci si trovasse tuttavia in una delle tre Domeniche di Settuagesima, di Sessagesima o di Quinquagesima, la Messa della festa si dovrà rimandare all'indomani.

[1] Sembra difficile ammettere oggi questa opinione, poiché la festa dei Lupercali (15 febbraio) non esisteva più al tempo del Papa Gelasio, e la Candelora non appare in Roma se non verso la metà del VII secolo. Questa è una processione indipendente dalla Purificazione, anteriore ad essa, e una tradizione molto autorevole la ricollega a una cerimonia pagana: l'amburbale. Il Liber Pontificalis dice che la processione fu istituita, a Roma, dal Papa Sergio (687-707) e che si faceva dalla chiesa di Sant'Adriano a Santa Maria Maggiore, ma è certamente anteriore a questo Papa.
La benedizione delle candele appare a Roma in maniera certa solo nel XII secolo. Le antiche Ave gratia plena e Adorna, di provenienza bizantina, sono state introdotte a Roma nell'VIII secolo; il Nunc dimittis insieme con l'antifona Lumen fu aggiunto nel XII secolo e le orazioni sono del X e XI secolo. Ma la processione con le candele benedette esisteva già ad Alessandria nel V secolo, e anche prima a Gerusalemme.
Da principio la processione ebbe, a Roma, un carattere penitenziale: il Papa andava a piedi nudi, e i paramenti talvolta erano neri. Nel XII secolo essa perdette quel carattere austero che fece posto alla letizia. I ministri, tuttavia, conservano ancora i paramenti viola che smettono soltanto per la Messa.




Terminata l'ora di Terza, il Sacerdote, rivestito di stola e piviale violaceo, con i Ministri similmente rivestiti, procede alla benedizione delle Candele, poste in mezzo all'Altare o al lato dell'Epistola, e stando in piedi rivolto verso l'Altare, dice a mani giunte e in tono feriale le seguenti orazioni:

℣. Dóminus vobíscum.
℞. Et cum spíritu tuo.

℣. Il Signore sia con voi.
℞. E con lo spirito tuo.

Orémus.
Domine sancte, Pater omnípotens, aetérne Deus, qui ómnia ex níhilo creásti, et jussu tuo per ópera apum, hunc liquorem ad perfectionem cérei veníre fecísti: et qui hodiérna die petitiónem justi Simeónis implésti: te humíliter deprecámur; ut has candélas ad usus hóminum et sanitátem córporum et animárum, sive in terra, sive in aquis, per invocatiónem tui sanctíssimi nóminis, et per intercessiónem beátae Maríae semper Vírginis, cujus hódie festa devóte celebrántur, et per preces ómnium Sanctórum tuórum, benedícere et sanctificáre dignéris: et hujus plebis tuae, quae illas honorífice in mánibus desíderat portare, teque cantando laudare, exáudias voces de coelo sancto tuo, et de sede majestátis tuae: et propítius sis ómnibus clamántibus ad te, quos redemísti pretióso Sánguine Fílii tui: Qui tecum vivit et regnat in unitate Spiritus Sancti Deus per omnia saecula saeculorum. Amen.

Preghiamo.
O Signore santo, Padre onnipotente, eterno Iddio, che tutto creasti dal nulla e mediante l'opera delle api, per tuo comando, facesti sì che d'una molle sostanza si potessero formare dei ceri: Tu che oggi compisti i voti del giusto Simeone: Ti supplichiamo umilmente di benedire e santificare queste candele, destinate ad uso degli uomini, a salute dei corpi e delle anime, sia in terra che sulle acque, mediante l'invocazione del tuo santissimo nome, l'intercessione della beata sempre Vergine Maria, di cui oggi si celebra devotamente la festa, e le preghiere di tutti i tuoi Santi. E di questo popolo tuo, che brama portare queste candele in mano in tuo onore e brama lodarti coi suoi canti, esaudisci le preghiere dal cielo e sii propizio a tutti quelli che Ti invocano e che hai redento col sangue prezioso del Figlio tuo: Lui che è Dio, e vive e regna con te, in unità con lo Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. Amen.

Orémus.
Omnípotens sempitérne Deus, qui hodiérna die Unigénitum tuum ulnis sancti Simeónis in templo sancto tuo suscipiéndum praesentásti: tuam súpplices deprecámur cleméntiam; ut has candélas, quas nos fámuli tui, in tui nóminis magnificéntiam suscipiéntes, gestáre cúpimus luce accénsas, benedícere, et sanctificáre, atque lúmine supérnae benedictiónis accéndere dignéris: quaténus eas tibi Dómino, Deo nostro, offeréndo digni, et sancto igne dulcíssimae caritátis tuae succénsi, in templo sancto glóriae tuae repraesentári mereámur. Per eundem Dominum nostrum Jesum Christum Filium tuum, qui tecum vivit et regnat in unitate Spiritus Sancti, Deus, per omnia saecula saeculorum. Amen.

Preghiamo.
Onnipotente sempiterno Iddio, che oggi presentasti il tuo Unigenito nel tempio santo tuo per essere ricevuto tra le braccia del santo Simeone: noi preghiamo supplichevoli la tua clemenza, affinché benedica e santifichi queste candele che noi tuoi servi, ricevendole a gloria del tuo santo nome, bramiamo portare accese. Degnati di accenderle con il fuoco della benedizione celeste, di modo che, con l'offrirle a Te, o Signore Dio nostro, noi, degni e accesi dal santo fuoco della dolcissima carità, meritiamo di essere presentati nel tempio della tua gloria. Per il medesimo nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, in unità con lo Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. Amen.

Orémus.
Dómine Jesu Christe, lux vera, quae illúminas omnem hóminem veniéntem in hunc mundum: effúnde benedictiónem tuam super hos céreos, et sanctifica eos lúmine grátiae tuae, et concéde propítius; ut, sicut haec luminária igne visíbili accénsa noctúrnas depéllunt ténebras; ita corda nostra invisíbili igne, id est, Sancti Spíritus splendóre illustráta, ómnium vitiórum caecitáte cáreant: ut, purgáto mentis óculo, ea cérnere póssimus, quae tibi sunt plácita et nostrae salúti utília; quátenus post hujus saeculi caliginósa discrímina, ad lucem indeficiéntem perveníre mereámur. Per te, Christe Jesu, Salvátor mundi, qui in Trinitáte perfécta vivis et regnas Deus, per ómnia saecula saeculórum. Amen.

Preghiamo.
O Signore Gesù Cristo, luce vera, che illumini ogni uomo che viene in questo mondo: benedici questi ceri, e santificali col lume della tua grazia; e concedi propizio che, come questi lumi accesi da un fuoco visibile fugano le tenebre, così i nostri cuori rischiarati da un fuoco invisibile, cioè dalla luce dello Spirito Santo, siano liberi dalla cecità di ogni vizio; onde, purificato l'occhio della mente, possiamo discernere quelle cose che a Te sono gradite e utili alla nostra salvezza; di modo che, dopo le caliginose vicende di questo secolo, meritiamo di pervenire alla luce indefettibile. Per Te, Gesù Cristo, Salvatore del mondo, che nella Trinità perfetta vivi e regni, Dio, per tutti i secoli dei secoli. Amen.

Orémus.
Omnípotens sempitérne Deus, qui per Móysen fámulum tuum puríssimum ólei liquórem ad luminária ante conspéctum tuum júgiter concinnánda praeparári jussísti: benedictiónis tuae grátiam super hos céreos benígnus infúnde; quátenus sic adminístrent lumen extérius, ut, te donánte, lumen Spíritus tui nostris non desit méntibus intérius. Per Dominum nostrum Jesum Christum, Filium tuum, qui tecum vivit et regnat in unitate ejusdem Spiritus Sancti Deus, per omnia saecula saeculorum. Amen.

Preghiamo.
Onnipotente sempiterno Iddio, che per mezzo di Mosè tuo servo comandasti di preparare un purissimo olio per alimentare continuamente lumi davanti alla tua maestà, infondi benigno la grazia della tua benedizione, sopra questi ceri, affinché, mentre procurano la luce esterna, per tuo dono non manchi alle nostre menti la luce interiore del tuo Spirito. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, in unità con il medesimo Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. Amen.

Orémus.
Dómine Jesu Christe, qui hodiérna die, in nostrae carnis substántia inter hómines appárens, a paréntibus in templo es praesentátus: quem Símeon venerábilis senex, lúmine Spíritus tui irradiátus, agnóvit, suscépit et benedíxit: praesta propítius; ut, ejúsdem Spíritus Sancti grátia illumináti atque edócti, te veráciter agnoscámus et fidéliter diligámus: Qui cum Deo Patre in unitáte ejúsdem Spíritus Sancti vivis et regnas Deus, per ómnia saecula saeculórum. Amen.

Preghiamo.
O Signore Gesù Cristo, che oggi mostrandoti fra gli uomini nella sostanza della nostra carne, fosti presentato al tempio dai parenti e fosti riconosciuto dal vecchio venerabile Simeone illuminato dalla luce del tuo Spirito, che Ti prese (fra le sue braccia) e Ti benedisse: concedi propizio che, illuminati ed ammaestrati dalla grazia dello Spirito Santo, conosciamo veramente e amiamo fedelmente Te: Che sei Dio, e vivi e regni con Dio Padre in unità del medesimo Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. Amen.

Concluse le Orazioni, il Celebrante infonde l'incenso nel turibolo, quindi asperge per tre volte le Candele con l'acqua benedetta dicendo l'Antifona “Aspérges me” senza canto e senza salmo. Per tre volte poi le incensa.

Il più degno del Clero allora si porta all'Altare e porge la Candela al Celebrante, il quale la riceve senza genuflettersi e senza baciargli la mano. Il Celebrante, quindi, postosi nel mezzo davanti all'Altare e rivolto verso il popolo, distribuisce le Candele: in primo luogo al più degno del Clero, da cui egli stesso l'ha ricevuta; poi al Diacono e al Suddiacono parati, e agli altri singoli Chierici secondo il loro ordine; in ultimo ai laici. Tutti ricevono le Candele, stando genuflessi e baciando la Candela e la mano del Celebrante, eccetto i Prelati, nel caso fossero presenti. All'inizio della distribuzione delle Candele il coro canta:

Antiphona. Luc 2:32. Lumen ad revelatiónem géntium: et glóriam plebis tuae Israël.
Canticum. Luc 2:29-31. Nunc dimíttis servum tuum, Dómine, secúndum verbum tuum in pace.
Ant. Lumen ad revelatiónem géntium: et glóriam plebis tuae Israël.
Quia vidérunt óculi mei salutáre tuum.
Ant. Lumen ad revelatiónem géntium: et glóriam plebis tuae Israël.
Quod parásti ante fáciem ómnium populorum.
Ant. Lumen ad revelatiónem géntium: et glóriam plebis tuae Israël.
Glória Patri, et Fílio, et Spirítui Sancto.
Ant. Lumen ad revelatiónem géntium: et glóriam plebis tuae Israël.
Sicut erat in princípio, et nunc, et semper, et in saecula saeculórum. Amen.
Ant. Lumen ad revelatiónem géntium: et glóriam plebis tuae Israël.

Antifona. Luc 2:32. Luce che illuminerà le nazioni: e gloria del popolo tuo Israele.
Cantico. Luc 2:29-31. Adesso, lascia, o Signore, che il tuo servo, secondo la tua parola se ne vada in pace.
Ant. Luce che illuminerà le nazioni: e gloria del popolo tuo Israele.
Perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza.
Ant. Luce che illuminerà le nazioni: e gloria del popolo tuo Israele.
Che hai preparata al cospetto di tutti i popoli.
Ant. Luce che illuminerà le nazioni: e gloria del popolo tuo Israele.
Gloria al Padre e al Figlio e allo Spirito Santo.
Ant. Luce che illuminerà le nazioni: e gloria del popolo tuo Israele.
Come era in principio e ora e sempre e nei secoli dei secoli. Amen.
Ant. Luce che illuminerà le nazioni: e gloria del popolo tuo Israele.

Dopo ciò si canta l'Antifona seguente:

Antiphona. Ps 43:26. Exsúrge, Dómine, ádjuva nos: et líbera nos propter nomen tuum.
Ps 43:2. Deus, áuribus nostris audívimus: patres nostri annuntiavérunt nobis.
℣. Glória Patri, et Fílio, et Spirítui Sancto.
℞. Sicut erat in princípio, et nunc, et semper, et in saecula saeculórum. Amen.
Ant. Exsúrge, Dómine, ádjuva nos: et líbera nos propter nomen tuum.

Antifona. Ps 43:26. Sorgi, o Signore, aiutaci: e liberaci per il tuo nome.
Ps 43:2. O Dio, con le nostre orecchie abbiamo udito: i nostri padri ce l'han raccontato.
℣. Gloria al Padre, e al Figlio, e allo Spirito Santo.
℞. Come era nel principio e ora e sempre nei secoli dei secoli. Amen.
Ant. Sorgi, o Signore, aiutaci: e liberaci per il tuo nome.

Poi il Celebrante dice Orémus e dopo Settuagesima, ma non in giorno di Domenica, il Diacono risponde:
℣. Flectámus génua. ℞. Levate.
℣. Pieghiamo le ginocchia. ℞. Levate.

Orémus.
Exáudi, quaesumus, Dómine, plebem tuam: et, quae extrínsecus ánnua tríbuis devotióne venerári, intérius ássequi grátiae tuae luce concéde. Per Christum Dóminum nostrum. Amen.

Preghiamo.
Esaudisci, Te ne preghiamo, o Signore, il tuo popolo ed accordagli di comprendere interiormente con la luce della tua grazia ciò che gli concedi di venerare esteriormente ogni anno con i sacri riti. Per Cristo nostro Signore. Amen.

Quindi si fa la Processione. Prima, però, il Celebrante pone l'incenso nel turibolo, poi il Diacono rivolto al popolo, dice:
℣. Procedámus in pace.
℣. Procediamo in pace.
E il Coro risponde:
℞. In nómine Christi. Amen.
℞. In nome del Cristo. Amen.

Precede il Turiferario con il turibolo fumigante, segue il Suddiacono parato che porta la Croce fra i due Accolti ceroferari, poi il Clero secondo l'ordine, ed ultimo il Celebrante con il Diacono alla sinistra; tutti portano le Candele accese in mano e si cantano le seguenti Antifone:

Antiphona. Adórna thálamum tuum, Sion, et súscipe Regem Christum: ampléctere Maríam, quae est coeléstis porta: ipsa enim portat Regem glóriae novi lúminis: subsístit Virgo, addúcens mánibus Fílium ante lucíferum génitum: quem accípiens Símeon in ulnas suas, praedicávit pópulis, Dóminum eum esse vitae et mortis et Salvatórem mundi.

Antifona. Adorna il tuo talamo, o Sion, e ricevi il Cristo Re: accogli con amore Maria, porta del cielo: ella infatti reca il Re della gloria, la nuova luce: la Vergine si arresta, presentando in braccio il Figlio, generato prima dell'aurora: e ricevendolo nelle sue braccia, Simeone annuncia ai popoli che Egli è il Signore della vita e della morte, il Salvatore del mondo.

Alia Antiphona. Luc 2:26-29. Respónsum accépit Símeon a Spíritu Sancto, non visúrum se mortem, nisi vidéret Christum Dómini: et cum indúcerent Púerum in templum, accépit eum in ulnas suas, et benedíxit Deum, et dixit: Nunc dimíttis servum tuum, Dómine, in pace. ℣. Cum indúcerent púerum Jesum parentes ejus, ut fácerent secúndum consuetúdinem legis pro eo, ipse accépit eum in ulnas suas.
Nel rientrare in Chiesa, si canta:
℞. Obtulérunt pro eo Dómino par túrturum, aut duos pullos columbárum: * Sicut scriptum est in lege Dómini. ℣. Postquam impléti sunt dies purgatiónis Maríae, secúndum legem Moysi, tulérunt Jesum in Jerúsalem, ut sísterent eum Domino. * Sicut scriptum est in lege Dómini. ℣. Glória Patri, et Fílio, et Spirítui Sancto. ℞. Sicut scriptum est in lege Dómini.

Altra Antifona. Luc 2:26-29. Lo Spirito Santo aveva rivelato a Simeone che non sarebbe morto prima di vedere l'Unto del Signore: e quando il bambino fu portato al tempio, lo prese fra le sue braccia, benedisse Dio e disse: Ora lascia, o Signore, che il tuo servo se ne vada in pace. ℣. Quando i suoi genitori portarono il bambino Gesù, per fare secondo la consuetudine della legge per lui, egli lo prese fra le sue braccia.
℞. Offrirono per lui al Signore un paio di tortore o due piccoli colombi: * come è scritto nella legge del Signore. ℣. Compiuti i giorni della purificazione di Maria, secondo la legge di Mosè, portarono Gesù a Gerusalemme, per essere presentato al Signore: * come è scritto nella legge del Signore. ℣. Gloria al Padre e al Figlio e allo Spirito Santo. ℞. Come è scritto nella legge del Signore.

Terminata la Processione, il Celebrante e i Ministri, deposti i paramenti violacei, rivestono i paramenti bianchi per la Messa.

SANTA MESSA
Paramenti bianchi.

Domenico Robusti, Presentazione di Cristo al Tempio, Basilica Cattedrale Patriarcale di San Marco, Venezia (Veneto), 1588-1589.


INTROITUS
Ps 47:10-11. Suscépimus, Deus, misericórdiam tuam in médio templi tui: secúndum nomen tuum, Deus, ita et laus tua in fines terrae: justítia plena est déxtera tua. Ps 47:2. Magnus Dóminus, et laudábilis nimis: in civitáte Dei nostri, in monte sancto ejus. ℣. Glória Patri, et Fílio, et Spirítui Sancto. ℞. Sicut erat in princípio, et nunc, et semper, et in saecula saeculórum. Amen. Suscépimus, Deus, misericórdiam tuam in médio templi tui: secúndum nomen tuum, Deus, ita et laus tua in fines terrae: justítia plena est déxtera tua.

Ps 47:10-11. Abbiamo conseguito, o Dio, la tua misericordia nel tuo tempio: come il tuo nome, o Dio, così la tua lode andrà fino ai confini della terra: le tue opere sono piene di giustizia. Ps 47:2. Grande è il Signore e sommamente lodevole: nella sua città e nel suo santo monte. ℣. Gloria al Padre e al Figlio e allo Spirito Santo. ℞. Come era nel principio e ora e sempre nei secoli dei secoli. Amen. Abbiamo conseguito, o Dio, la tua misericordia nel tuo tempio: secondo il tuo nome, o Dio, la tua lode andrà fino ai confini della terra: le tue opere sono piene di giustizia.

Gloria

ORATIO
Orémus.
Omnípotens sempitérne Deus, majestátem tuam súpplices exorámus: ut, sicut unigénitus Fílius tuus hodiérna die cum nostrae carnis substántia in templo est praesentátus; ita nos fácias purificátis tibi méntibus praesentári. Per eundem Dominum nostrum Jesum Christum Filium tuum, qui tecum vivit et regnat in unitate Spiritus Sancti Deus, per omnia saecula saeculorum. Amen.

Preghiamo.
Onnipotente e sempiterno Iddio, supplichiamo la tua maestà onde, a quel modo che il tuo Figlio Unigenito fu oggi presentato al tempio nella sostanza della nostra carne, così possiamo noi esserti presentati con animo puro. Per il medesimo nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, in unità con lo Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. Amen.

Tutti i Misteri dell'Uomo-Dio hanno per oggetto la purificazione dei nostri cuori. Egli manda il suo Angelo, il suo Precursore davanti a sé, per preparare la via e Giovanni ci gridava dal profondo del deserto: Abbassate i colli, colmate le valli. Viene infine egli stesso, l'Agnello, l'Inviato per eccellenza, a stringere l'alleanza con noi; viene al suo Tempio; e questo tempio è il nostro cuore. Ma egli è simile a un fuoco ardente che fonde e purifica i metalli. Vuole rinnovarci, rendendoci puri, affinché diventiamo degni di essergli offerti, e di essere offerti con lui in un sacrificio perfetto. Non dobbiamo dunque accontentarci di ammirare così sublimi meraviglie, ma comprendere che esse ci sono mostrate solo per operare in noi la distruzione del vecchio uomo e la creazione del nuovo. Siamo dovuti nascere con Gesù Cristo; questa nuova nascita è già giunta al suo quarantesimo giorno. Oggi bisogna che siamo presentati insieme con lui da Maria, che è anche la Madre nostra, alla Maestà divina. Si avvicina l'istante del Sacrificio; prepariamo ancora una volta le anime nostre.

LECTIO
Léctio Malachíae Prophétae.
Malach 3:1-4.
Haec dicit Dóminus Deus: Ecce, ego mitto Angelum meum, et praeparábit viam ante fáciem meam. Et statim véniet ad templum suum Dominátor, quem vos quaeritis, et Angelus testaménti, quem vos vultis. Ecce, venit, dicit Dóminus exercítuum: et quis póterit cogitáre diem advéntus ejus, et quis stabit ad vidéndum eum? Ipse enim quasi ignis conflans et quasi herba fullónum: et sedébit conflans et emúndans argéntum, et purgábit fílios Levi et colábit eos quasi aurum et quasi argéntum: et erunt Dómino offeréntes sacrifícia in justítia. Et placébit Dómino sacrifícium Juda et Jerúsalem, sicut dies saeculi, et sicut anni antíqui: dicit Dóminus omnípotens.

Lettura del Profeta Malachia.
Malach 3:1-4.
Questo dice il Signore Iddio: Ecco, io mando il mio Angelo, ed egli preparerà la strada davanti a me. E subito verrà al suo tempio il Dominatore che voi cercate, e l'Angelo del testamento che voi desiderate. Ecco, viene, dice il Signore degli eserciti: e chi potrà pensare al giorno della sua venuta, e chi potrà sostenerne la vista? Perché egli sarà come il fuoco del fonditore, come la lisciva del gualchieraio: si porrà a fondere e purgare l'argento, purificherà i figli di Levi e li affinerà come l'oro e l'argento, ed essi offriranno al Signore sacrifici di giustizia. E piacerà al Signore il sacrificio di Giuda e di Gerusalemme, come nei secoli passati e gli anni antichi: così dice Iddio onnipotente.

GRADUALE
Ps 47:10-11; 47:9. Suscépimus, Deus, misericórdiam tuam in médio templi tui: secúndum nomen tuum, Deus, ita et laus tua in fines terrae. ℣. Sicut audívimus, ita et vídimus in civitáte Dei nostri, in monte sancto ejus.

Ps 47:10-11; 47:9. Abbiamo conseguito, o Dio, la tua misericordia, nel tuo tempio: come il tuo nome, o Dio, così la tua lode andrà fino ai confini della terra. ℣. Quel che sentimmo narrare, ora l'abbiamo veduto nella città del nostro Dio, nel suo monte santo.

ALLELUJA
Allelúja, allelúja. ℣. Senex Púerum portábat: Puer autem senem regébat. Allelúja.

Alleluia, alleluia. ℣. Il vecchio portava in braccio il Bambino: ma era il Bambino a reggere il vecchio. Alleluia.

Dopo Settuagesima, omessi l'Alleluia e il suo Versetto, si dice:

TRACTUS
Luc 2:29-32. Nunc dimíttis servum tuum, Dómine, secúndum verbum tuum in pace. ℣. Quia vidérunt óculi mei salutáre tuum. ℣. Quod parásti ante fáciem ómnium populórum. ℣. Lumen ad revelatiónem géntium et glóriam plebis tuae Israël.

Luc 2:29-32. Adesso lascia, o Signore, che il tuo servo se ne vada in pace, secondo la tua parola. ℣. Perché gli occhi miei hanno veduta la salvezza. ℣. Che hai preparato per tutti i popoli. ℣. Luce per illuminare le nazioni e gloria del popolo tuo Israele.

Lo Spirito divino ci ha guidati al Tempio come Simeone; vi contempliamo in questo istante la Vergine Madre che presenta all'altare il Figlio di Dio e suo. Noi ammiriamo questa fedeltà alla Legge nel Figlio e nella Madre, e sentiamo nell'intimo del cuore il desiderio di essere presentati a nostra volta al Signore che accetterà il nostro omaggio come ha ricevuto quello del suo Figliuolo. Affrettiamoci dunque a mettere i nostri sentimenti in sintonia con quelli dei Cuori di Gesù e di Maria. La salvezza del mondo ha fatto un passo in questo giorno; progredisca dunque anche l'opera della nostra santificazione. D'ora in poi il mistero del Dio Bambino non ci sarà più offerto dalla Chiesa come oggetto speciale della nostra religione; i soavi quaranta giorni di Natale volgono al termine; dobbiamo ora seguire l'Emmanuele nelle sue lotte contro i nostri nemici. Seguiamo i suoi passi; corriamo al suo seguito come Simeone, e camminiamo senza stancarci sulle orme di Colui che è la nostra Luce; amiamo questa Luce, e otteniamo con la nostra premurosa fedeltà che essa risplenda sempre su di noi.
O Emmanuele, in questo giorno in cui fai l'ingresso nel Tempio della tua Maestà, portato in braccio da Maria Madre tua, ricevi l'omaggio delle nostre adorazioni e della nostra riconoscenza. Onde sacrificarti per noi tu vieni nel Tempio; come preludio del nostro riscatto ti degni di pagare il debito del primogenito e per abolire presto i sacrifici imperfetti vieni ad offrire un sacrificio legale. Compari oggi nella città che dovrà essere un giorno il termine della tua corsa e il luogo della tua immolazione. Non ti è bastato nascere per noi; il tuo amore ci riserba per l'avvenire una testimonianza più splendente.
Tu, consolazione d'Israele e su cui gli Angeli amano tanto posare i loro sguardi, entri nel Tempio; e i cuori che ti attendevano si aprono e si elevano verso di te. Oh! chi ci darà una parte dell'amore che provò il vegliardo allorché ti prese fra le braccia e ti strinse al cuore? Egli chiedeva solo di vederti, o divino Bambino, e poi di morire. Dopo averti visto per un solo istante, s'addormentava nella pace. Quale sarà dunque la beatitudine di possederti eternamente, se così brevi istanti sono bastati ad appagare l'attesa di tutta una vita!
Ma, o Salvatore delle anime nostre, se il vegliardo è pienamente felice per averti visto una sola volta, quali debbono essere i sentimenti di noi che siamo testimoni della consumazione del tuo sacrificio! Verrà il giorno in cui, per usare le espressioni del tuo devoto servo san Bernardo, sarai offerto non più nel Tempio e sulle braccia di Simeone, ma fuori della città e sulle braccia della croce. Allora non si offrirà più per te un sangue estraneo, ma tu stesso offrirai il tuo sangue. Oggi ha luogo il sacrificio del mattino: allora si offrirà il sacrificio della sera. Oggi sei nell'età dell'infanzia: allora avrai la pienezza della virilità, e avendoci amati dal principio, ci amerai sino alla fine.
Che cosa ti daremo noi in cambio, o divino Bambino? Tu porti già, in questa prima offerta per noi, tutto l'amore che consumerà la seconda. Possiamo far di meno che offrirci per sempre a te, fin da questo giorno? Tu ti doni a noi nel tuo Sacramento, con una pienezza maggiore di quella che usasti riguardo a Simeone. Libera anche noi, o Emmanuele, spezza le nostre catene; donaci la Pace che oggi tu arrechi; aprici, come al vegliardo, una nuova vita. Per imitare i tuoi esempi e per unirci a te, noi abbiamo, lungo questi quaranta giorni, cercato di stabilire in noi l'umiltà e la semplicità dell'infanzia che tu ci raccomandi; sostienici ora negli sviluppi della nostra vita spirituale, affinché cresciamo come te in età e in sapienza, davanti a Dio e davanti agli uomini.
O Maria, tu che sei la più pura delle vergini e la più beata delle madri, o figlia dei Re, quanto sono graziosi i tuoi passi e come è maestoso il tuo incedere (Ct 7:1) nell'istante in cui sali i gradini del Tempio carica del tuo prezioso fardello! Come è felice il tuo cuore materno, e come è insieme umile, allorché offri all'Eterno il Figlio suo e tuo! Alla vista delle madri d'Israele che portano anch'esse i loro piccoli al Signore, tu gioisci pensando che quella nuova generazione vedrà con i suoi occhi il Salvatore che tu le arrechi. Quale benedizione per quei neonati essere offerti insieme con Gesù! Quale fortuna per quelle madri essere purificate nella tua santa compagnia! Se il Tempio trasalisce nel vedere entrare sotto le sue volte il Dio in onore del quale è stato costruito, è anche il suo gaudio nel sentire fra le sue mura la più perfetta delle creature, l'unica figlia di Eva che non abbia conosciuto il peccato, la Vergine feconda, la Madre di Dio.
Ma mentre custodisci fedelmente, o Maria, i segreti dell'Eterno, confusa nella folla delle figlie di Giuda, il santo Vegliardo accorre verso di te; e il tuo cuore ha compreso che lo Spirito Santo gli ha rivelato tutto. Con quale emozione tu deponi per un istante fra le sue braccia il Dio che riunisce in sé tutta la natura, e che vuole essere la consolazione d'Israele! Con quale grazia accogli la pia Anna! Le parole dei due vegliardi che esaltano la fedeltà del Signore alle sue promesse, la grandezza di Colui che è nato da te, la Luce che si irradierà da quel Sole divino su tutte le genti, fanno trasalire il tuo cuore. La fortuna di sentir glorificare il Dio che tu chiami tuo figlio e che lo è in verità, ti riempie di gioia e di riconoscenza. Ma, o Maria, quali parole ha pronunciato il vegliardo, restituendoti il tuo Figliuolo! Quale improvviso e terribile gelo viene ad invader il tuo cuore! La lama della spada l'ha trapassato da parte a parte. Quel Bambino che i tuoi occhi contemplavano con sì tenera gioia, non lo vedrai più che attraverso le lacrime. Egli sarà il segno della contraddizione, e le ferite che riceverà ti trapasseranno l'anima. O Maria, il sangue delle vittime che inonda il Tempio cesserà un giorno di scorrere; ma bisogna che sia sostituito dal sangue del Bambino che tu tieni fra le braccia.
Noi siamo peccatori, o Maria, poco fa tanto felice ed ora così desolata! Sono stati i nostri peccati a mutare la tua letizia in dolori. Perdonaci, o Madre! Lascia che ti accompagniamo mentre discendi i gradini del Tempio. Noi sappiamo che tu non ci maledici; sappiamo che ci ami, poiché ci ama il tuo Figliuolo. Oh, amaci sempre, o Maria! Intercedi per noi presso l'Emmanuele. Fa' che abbiamo a conservare i frutti di questi santi quaranta giorni. Fa' che non lasciamo mai questo Bambino che presto sarà un uomo, che siamo docili a questo Dottore delle nostre anime, devoti, come veri discepoli, a questo Maestro così pieno d'amore, fedeli nel seguirlo dovunque al pari di te, fino ai piedi della croce che appare oggi ai tuoi occhi.

Durante la lettura del Vangelo, si tengono in mano le Candele accese.

EVANGELIUM
Sequéntia sancti Evangélii secúndum Lucam.
Luc 2:22-32.
In illo témpore: Postquam impleti sunt dies purgatiónis Maríae, secúndum legem Moysi, tulérunt Jesum in Jerúsalem, ut sísterent eum Dómino, sicut scriptum est in lege Dómini: Quia omne masculínum adapériens vulvam sanctum Dómino vocábitur. Et ut darent hóstiam, secúndum quod dictum est in lege Dómini, par túrturum aut duos pullos columbárum. Et ecce, homo erat in Jerúsalem, cui nomen Símeon, et homo iste justus et timorátus, exspéctans consolatiónem Israël, et Spíritus Sanctus erat in eo. Et respónsum accéperat a Spíritu Sancto, non visúrum se mortem, nisi prius vidéret Christum Dómini. Et venit in spíritu in templum. Et cum indúcerent púerum Jesum parentes ejus, ut fácerent secúndum consuetúdinem legis pro eo: et ipse accépit eum in ulnas suas, et benedíxit Deum, et dixit: Nunc dimíttis servum tuum, Dómine, secúndum verbum tuum in pace: Quia vidérunt óculi mei salutáre tuum: Quod parásti ante fáciem ómnium populórum: Lumen ad revelatiónem géntium et glóriam plebis tuae Israël.

Seguito del santo Vangelo secondo Luca.
Luc 2:22-32.
In quel tempo, compiutisi i giorni della purificazione di Maria, secondo la legge di Mosè, portarono Gesù a Gerusalemme per presentarlo al Signore, come è scritto nella legge di Dio: Ogni maschio primogenito sarà consacrato al Signore; e per fare l'offerta, come è scritto nella legge di Dio, un paio di tortore o due piccoli colombi. Vi era allora in Gerusalemme un uomo chiamato Simeone, e quest'uomo giusto e timorato aspettava la consolazione di Israele, e lo Spirito Santo era in lui. E lo Spirito Santo gli aveva rivelato che non sarebbe morto prima di vedere l'Unto del Signore. Condotto dallo Spirito andò al tempio. E quando i parenti vi recarono il bambino Gesù per adempiere per lui alla consuetudine della legge, questi lo prese in braccio e benedisse Dio, dicendo: Adesso lascia, o Signore, che il tuo servo se ne vada in pace, secondo la tua parola: Perché gli occhi miei hanno veduta la salvezza che hai preparato per tutti i popoli: Luce per illuminare le nazioni e gloria del popolo tuo Israele.

Sermone di Sant'Agostino, Vescovo.
Sermone 13 sul Tempo, dopo il principio.
Così fu già predetto: La madre Sion dice: Ogni uomo è nato in essa; ed egli stesso l'ha fondata, l'Altissimo (Ps 86:3). O onnipotenza di un bambino nascente! O magnificenza di un Dio che dal cielo discende sulla terra! Era ancora nel seno materno, e Giovanni Battista già lo salutava dal seno di sua madre. Era presentato nel tempio, e veniva riconosciuto da Simeone vecchio famoso, annoso, sperimentato, coronato di meriti. Allora egli lo conobbe, allora l'adorò, allora disse: Adesso lascia, Signore, che il tuo servo se ne vada in pace: poiché i miei occhi han visto la tua salvezza (Luc 2:29).
Gli era differito d'andarsene dal mondo, affinché vedesse nato colui che ha fatto il mondo. Il vegliardo riconobbe il Bambino, e si fece bambino col Bambino. Ripieno com'era di pietà, si vide rinnovato nell'età. Il vecchio Simeone portava Cristo bambino, Cristo sosteneva la vecchiezza di Simeone. Gli era stato detto dal Signore, che non avrebbe provato la morte prima di vedere nato l'Unto (Cristo) del Signore. Nacque il Cristo, e si compì il desiderio del vegliardo nella vecchiezza del mondo. Perché trovò il mondo invecchiato nel peccato, colui che venne ad un uomo vecchio.
Egli certo non voleva restare molto in questo mondo, e tuttavia bramava di vedere Cristo in questo secolo, cantando e dicendo col profeta: Mostraci, o Signore, la tua misericordia, e concedici la tua salvezza (Ps 34:8). Infine, perché sappiate che questa era la sua gioia, conchiuse dicendo: Adesso lascia che il tuo servo se ne vada in pace: poiché i miei occhi han visto la tua salvezza (Luc 2:29). I profeti avevano cantato che il Fattore del cielo e della terra avrebbe abitato in terra cogli uomini; un Angelo annunziò che il Creatore della carne e dello spirito avrebbe preso un corpo; Giovanni dal seno della madre salutò il Salvatore nel seno materno; il vegliardo Simeone riconobbe per Dio questo bambino.

Omelia di Sant'Ambrogio, Vescovo.
Libro 2 Commento al cap. 2 di Luca, dopo il principio.
C'era allora in Gerusalemme un uomo di nome Simeone, persona giusta e timorata, che aspettava la consolazione d'Israele (Luc 2:25). Non solo gli Angeli, e i profeti, e i pastori, ma anche i vecchi e i giusti rendono testimonianza alla nascita del Signore. Ogni età, l'uno e l'altro sesso, fatti miracolosi ne confermano la verità. Una vergine diventa madre, una sterile dà alla luce, un muto parla, Elisabetta profetizza, i Magi lo adorano, un bambino ancora nel seno della madre esulta, una vedova lo glorifica, e un giusto lo aspetta.
E meritamente giusto, perché non cercava la sua, ma la salute del popolo, e mentre egli bramava d'essere sciolto dai legami di un fragile corpo, tuttavia aspettava di vedere il promesso, stimando beati gli occhi che l'avrebbero visto. Ed egli lo prese tra le sue braccia, e benedisse Dio, esclamando: Adesso lascia, Signore, che il tuo servo se ne vada in pace, secondo la tua parola (Luc 2:29). Ecco come il giusto, per il quale la massa del corpo è una prigione, brami d'esserne disciolto per cominciare ad essere con Cristo. Infatti esserne disciolto ed essere con Cristo, è molto meglio.
Ma chi vuol partire, venga nel tempio, venga in Gerusalemme, vi aspetti il Cristo del Signore, riceva nelle mani il Verbo di Dio, lo abbracci con le buone opere che sono come le braccia della sua fede: allora egli se ne andrà e non vedrà la morte dopo aver visto la Vita. Or vedi come la nascita del Signore spande abbondante la grazia su tutti, e che il dono di profezia è negato agli increduli, non ai giusti. Ed ecco Simeone che profetizza il Signore Gesù Cristo esser venuto per la rovina e la risurrezione di moltissimi, per discernere i meriti dei buoni e dei cattivi; e per sentenziare, giudice vero e giusto, supplizi o premi secondo la qualità delle nostre azioni.

Credo

OFFERTORIUM
Ps 44:3. Diffúsa est grátia in lábiis tuis: proptérea benedíxit te Deus in aetérnum, et in saeculum saeculi.

Ps 44:3. La grazia è diffusa sulle tue labbra: perciò Iddio ti benedisse in eterno e nei secoli dei secoli.

SECRETA
Exáudi, Dómine, preces nostras: et, ut digna sint múnera, quae óculis tuae majestátis offérimus, subsídium nobis tuae pietátis impénde. Per Dominum nostrum Jesum Christum Filium tuum, qui tecum vivit et regnat in unitate Spiritus Sancti Deus, per omnia saecula saeculorum. Amen.

Esaudisci, o Signore, le nostre preghiere: e, affinché siano degni i doni che offriamo alla tua maestà, accordaci l'aiuto della tua misericordia. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, in unità con lo Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. Amen.

PRAEFATIO DE NATIVITATE DOMINI
Vere dignum et justum est, aequum et salutáre, nos tibi semper et ubíque grátias ágere: Dómine sancte, Pater omnípotens, aetérne Deus: Quia per incarnáti Verbi mystérium nova mentis nostrae óculis lux tuae claritátis infúlsit: ut, dum visibíliter Deum cognóscimus, per hunc in invisibílium amorem rapiámur. Et ideo cum Angelis et Archángelis, cum Thronis et Dominatiónibus cumque omni milítia coeléstis exércitus hymnum glóriae tuae cánimus, sine fine dicentes: Sanctus, Sanctus, Sanctus Dóminus, Deus Sábaoth. Pleni sunt coeli et terra glória tua. Hosánna in excélsis. Benedíctus, qui venit in nómine Dómini. Hosánna in excélsis.

È veramente degno e giusto, conveniente e salutare, che noi, sempre e in ogni luogo, Ti rendiamo grazie, o Signore Santo, Padre Onnipotente, Eterno Iddio: Poiché mediante il mistero del Verbo incarnato rifulse alla nostra mente un nuovo raggio del tuo splendore, così che mentre visibilmente conosciamo Dio, per esso veniamo rapiti all'amore delle cose invisibili. E perciò con gli Angeli e gli Arcangeli, con i Troni e le Dominazioni, e con tutta la milizia dell'esercito celeste, cantiamo l'inno della tua gloria, dicendo senza fine: Santo, Santo, Santo il Signore Dio degli eserciti. I cieli e la terra sono pieni della tua gloria. Osanna nell'alto dei cieli. Benedetto colui che viene nel nome del Signore. Osanna nell'alto dei cieli.

Per tutta la durata del Canone fino alla Comunione, i presenti tengono in mano le Candele accese.

COMMUNIO
Luc 2:26. Respónsum accépit Símeon a Spíritu Sancto, non visúrum se mortem, nisi vidéret Christum Dómini.

Luc 2:26. Lo Spirito Santo aveva rivelato a Simeone che non sarebbe morto prima di vedere l'Unto del Signore.

POSTCOMMUNIO
Orémus.
Quaesumus, Dómine, Deus noster: ut sacrosáncta mystéria, quae pro reparatiónis nostrae munímine contulísti, intercedénte beáta María semper Vírgine, et praesens nobis remédium esse fácias et futúrum. Per Dominum nostrum Jesum Christum Filium tuum, qui tecum vivit et regnat in unitate Spiritus Sancti Deus, per omnia saecula saeculorum. Amen.

Preghiamo.
Ti preghiamo, o Signore Dio nostro, affinché questi sacrosanti misteri, che ci procurasti a presidio della nostra redenzione, intercedendo la beata sempre Vergine Maria, ci siano rimedio per la vita presente e futura. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, in unità con lo Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. Amen.

P.S. Le meditazioni introduttive di questa pubblicazione sono tratte da: dom Prosper Guéranger, L'anno liturgico. Vol. I. Avvento-Natale-Quaresima-Passione, traduzione italiana di P. Graziani, Edizioni Paoline, Alba, 1959, pp. 401-413.

venerdì 1 febbraio 2019

Sant'Ignazio, Vescovo e Martire

Doppio.
Paramenti rossi.

Sant'Ignazio, pei suoi scritti e pel suo glorioso martirio, fu uno dei più grandi pastori della Santa Chiesa tra la fine del I secolo e il principio del II secolo.
Ignazio, soprannominato Teoforo (portatore di Dio), nato in una famiglia pagana intorno al 35, fu convertito e battezzato, secondo la tradizione, da San Giovanni Apostolo ed Evangelista. Eletto vescovo nel 69, fu secondo successore di San Pietro Apostolo nella chiesa d'Antiochia di Siria (Graduale). Arrestato e condannato alle belve durante la persecuzione mossa dall'imperatore Traiano, fu inviato, carico di catene, a Roma. Nel viaggio per mare, giunto a Smirne, dove era vescovo San Policarpo, discepolo di San Giovanni Apostolo, scrisse una lettera agli Efesini, un'altra ai Magnesiani, una terza ai Trallesi, una quarta ai Romani. In quest'ultima, Ignazio supplica i Romani di non impedire il suo martirio, inteso come desiderio di ripercorrere la vita e la passione di Nostro Signore Gesù Cristo. Infatti, egli dice: «Dalla Siria fino a Roma io combatto contro le bestie per mare e per terra, notte e giorno, legato con dieci leopardi, cioè coi soldati che mi guardano, e che, se li benefico, diventano ancora peggiori. Ma la loro iniquità mi serve d'istruzione; non per questo però sono giustificato. Piaccia a Dio che io sia dato in balìa delle bestie, che mi sono preparate; io prego che esse siano pronte a farmi soffrire gli strazi e la morte, ed eccitate a divorarmi, affinché non avvenga, come già di altri Martiri, che non abbiano a toccare il mio corpo. Che se esse non vorranno venire, io stesso farò loro violenza, io stesso mi getterò davanti ad esse perché mi divorino. Perdonatemi, figlioli miei, io conosco ciò che mi giova. Ora comincio ad essere discepolo di Cristo, non desiderando più nulla di ciò che si vede, per trovare Gesù Cristo. Il fuoco, la croce, le bestie, la rottura delle ossa, la mutilazione delle membra, e lo stritolamento di tutto il corpo, e tutti i tormenti del diavolo cadano su di me, purché io goda di Cristo». Tutti questi sentimenti sono ben riassunti nell'Introitus e nell'Epistola della Santa Messa odierna.
Partito da Smirne, Ignazio giunse nella Troade, ove scrisse una lettera ai Filadelfi e un'altra ai Smirnesi, e una particolare a San Policarpo, raccomandandogli la chiesa di Antiochia, nella quale egli riporta sulla persona di Cristo una testimonianza del Vangelo. In tutte le sue epistole appaiono per la prima volta i termini “Chiesa Cattolica” e “Cristianesimo”, la fede nel primato della Chiesa Romana detta “presidente [quella che sta davanti alle altre] dell'assemblea della carità”, l'affermazione della vera e perfetta Divinità e Umanità di Cristo e la costituzione gerarchica della Chiesa.
Raggiunta Roma dopo il faticoso viaggio, fu eseguita la condanna alle bestie - già decretatagli -, nell'Anfiteatro Flavio durante i festeggiamenti in onore dell'imperatore Traiano, vincitore in Dacia. All'udire i ruggiti dei leoni, nell'ardore di soffrire diceva: «Io sono frumento di Cristo: che io sia maciullato dalle zanne delle belve, affinché diventi un pane mondo» (Communio). Subì quivi il martirio nel 107 circa, decimo anno del regno dell'imperatore Traiano. I resti del suo corpo furono poi raccolti da alcuni fedeli e ricondotti ad Antiochia, dove furono sepolti nel cimitero della chiesa fuori della Porta di Dafne. A seguito dell'invasione saracena, le reliquie furono ricondotte a Roma e lì sepolte nel 637 presso la Basilica di San Clemente al Laterano dove tuttora riposano. Una parte del cranio è custodita nella Chiesa di Sant'Ignazio d'Antiochia allo Statuario, situata nella periferia sud di Roma.
Il nome di Sant'Ignazio è inserito nel Canone della Santa Messa (II elenco). Facciamo come questo Santo: moriamo al mondo e a noi stessi per testimoniare che è il Signore Gesù Cristo che vive in noi (Alleluja).
(Cfr. Libro di San Girolamo Prete sugli Scrittori ecclesiastici, cap. 16)


Martirio di Sant'Ignazio di Antiochia, Menologion di Basilio II,
Biblioteca Apostolica Vaticana, Città del Vaticano, fine X-inizi XI sec.


INTROITUS
Gal 6:14. Mihi autem absit gloriári, nisi in Cruce Dómini nostri Jesu Christi: per quem mihi mundus crucifíxus est, et ego mundo. Ps 131:1. Meménto, Dómine, David: et omnis mansuetúdinis ejus. ℣. Glória Patri, et Fílio, et Spirítui Sancto. ℞. Sicut erat in princípio, et nunc, et semper, et in saecula saeculórum. Amen. Mihi autem absit gloriári, nisi in Cruce Dómini nostri Jesu Christi: per quem mihi mundus crucifíxus est, et ego mundo.

Gal 6:14. In quanto a me, che io mi guardi dal gloriarmi se non della Croce del Signor nostro Gesù Cristo, per il quale il mondo è per me crocifisso come io lo sono per il mondo. Ps 131:1. Ricordati, o Signore, di David e della sua mansuetudine. ℣. Gloria al Padre e al Figlio e allo Spirito Santo. ℞. Come era nel principio e ora e sempre nei secoli dei secoli. Amen. In quanto a me, che io mi guardi dal gloriarmi se non della Croce del Signor nostro Gesù Cristo, per il quale il mondo è per me crocifisso come io lo sono per il mondo.

Gloria

ORATIO
Orémus.
Infirmitátem nostram réspice, omnípotens Deus: et, quia pondus própriae actionis gravat, beáti Ignátii Martyris tui atque Pontificis intercéssio gloriosa nos prótegat. Per Dominum nostrum Jesum Christum, Filium tuum, qui tecum vivit et regnat in unitate Spiritus Sancti Deus, per omnia saecula saeculorum. Amen.

Preghiamo.
Riguarda, o Signore onnipotente, alla nostra debolezza: ci protegga la gloriosa intercessione del beato Ignazio tuo Martire e Pontefice giacché grava su di noi il peso dei nostri peccati. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, in unità con lo Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. Amen.

LECTIO
Léctio Epistolae Beáti Pauli Apóstoli ad Romános.
Rom 8:35-39.
Fratres: Quis nos separábit a caritáte Christi: tribulátio, an angustia, an fames, an núditas, an perículum, an persecútio, an gládius? (sicut scriptum est: Quia propter te mortificámur tota die: aestimáti sumus sicut oves occisiónis). Sed in his ómnibus superámus propter eum, qui diléxit nos. Certus sum enim, quia neque mors, neque vita, neque ángeli, neque principátus, neque virtútes, neque instántia, neque futúra, neque fortitúdo, neque altitúdo, neque profúndum, neque creatúra alia poterit nos separáre a caritáte Dei, quae est in Christo Jesu, Dómino nostro.

Lettura dell'Epistola del Beato Paolo Apostolo ai Romani.
Rom 8:35-39.
Fratelli, chi potrà separarci dall'amore di Cristo? La tribolazione forse, o l'angoscia, o la fame, o la nudità, o il pericolo, o la persecuzione, o la spada? (Come sta scritto: Per te noi siamo tutto il giorno messi a morte, siamo considerati come pecore da macello). Ma in queste cose noi stravinciamo in virtù di Colui che ci ha amati. Poiché io sono sicuro che né la morte, né la vita, né gli Angeli, né i Principati, né le Virtù, né le cose presenti, né le future, né la potenza (della natura), né l'altezza, né l'abisso, né altra cosa creata potrà separarci dalla carità di Dio, che è in Gesù Cristo Signore nostro.

GRADUALE
Eccli 44:16. Ecce sacérdos magnus, qui in diébus suis plácuit Deo. Eccli 44:20. . Non est invéntus símilis illi, qui conserváret legem Excélsi.

Eccli 44:16. Ecco il grande sacerdote, che nella sua vita piacque a Dio. Eccli 44:20. . Non si trovò alcuno simile a lui nell'osservare la legge dell'Eccelso.

ALLELUJA
Alleluja, alleluja. Gal 2:19-20. . Christo confixus sum Cruci: vivo ego, jam non ego, vivit vero in me Christus. Alleluja.

Alleluia, alleluia. Gal 2:19-20. . Io sono stato crocifisso con Cristo: non sono più io che vivo, ma è invero Cristo che vive in me. Alleluia.

Dopo Settuagesima, omessi l'Alleluia e il suo Versetto, si dice:

TRACTUS
Ps 20:3-4. Desidérium ánimae ejus tribuísti ei: et voluntáte labiórum ejus non fraudásti eum. . Quóniam praevenísti eum in benedictiónibus dulcédinis. . Posuísti in cápite ejus corónam de lápide pretióso.

Ps 20:3-4. Hai adempiuto il desiderio della sua anima e non hai insoddisfatto i voti delle sue labbra. . Infatti l'hai prevenuto con fauste benedizioni. . Gli hai posto in capo una corona di pietre preziose.

EVANGELIUM
Sequéntia sancti Evangélii secúndum Joánnem.
Joann 12:24-26.
In illo témpore: Dixit Jesus discípulis suis: Amen, amen, dico vobis, nisi granum fruménti cadens in terram, mórtuum fúerit, ipsum solum manet: si autem mórtuum fúerit, multum fructum affért. Qui amat ánimam suam, perdet eam: et qui odit ánimam suam in hoc mundo, in vitam aetérnam custódit eam. Si quis mihi mínistrat, me sequátur: et ubi sum ego, illic et miníster meus erit. Si quis mihi ministráverit, honorificábit eum Pater meus.

Seguito del santo Vangelo secondo Giovanni.
Joann 12:24-26.
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: In verità, in verità vi dico: se il chicco di frumento gettato in terra non muore, rimane infecondo; se invece muore, produce molto frutto. Chi ama la sua vita la perderà, e chi odia la sua vita in questo mondo, la salverà per la vita eterna. Se uno mi vuol servire mi segua; e dove sono io, ci sarà pure il mio servo. Se uno mi servirà, lo onorerà il Padre mio.

Omelia di Sant'Agostino, Vescovo.
Trattato 51 su Giovanni, verso la metà.
Lo stesso Signore Gesù era il chicco che doveva morire e moltiplicarsi: morire per l'infedeltà dei Giudei, moltiplicarsi per la fede dei popoli. Ora, esortando già a seguire le orme della sua passione: Chi ama, dice, la sua vita, la perderà (Joann 12:25). Il che si può intendere in due maniere. Chi ama, la perderà: cioè se l'ami, la perderai. Se brami conservare la vita in Cristo, non voler temere di morire per Cristo. Oppure in altro modo: Chi ama la sua vita, la perderà: non amarla, per non perderla; non amarla in questa vita, per non perderla nella vita eterna.
Ma la seconda spiegazione che ho dato, sembra essere più vicina al senso del Vangelo; infatti soggiunge: E chi odia la propria vita in questo mondo, la conserverà per la vita eterna (Joann 12:25). Dunque, quando sopra fu detto: Chi l'ama, bisogna sottintendere in questo mondo, costui certo la perderà; ma chi l'odia, pure in questo mondo, costui la conserverà per la vita eterna. Grande e mirabile sentenza da cui risulta, che c'è nell'uomo un amore che fa perire l'anima sua, e un odio che impedisce di perire. Se l'ami male, allora la odi; se la odi bene, allora l'ami. Felici coloro che la odiano per conservarla, per non perderla amandola.
Ma bada che non ti venga in mente di volerti suicidare, intendendo così di dover odiare la tua vita in questo mondo. Come fanno appunto certi uomini maligni e perversi, crudeli ed empi, omicidi di se stessi, i quali si gettano nelle fiamme, si affogano, si buttano dai precipizi e periscono. Cristo non ha insegnato questo; anzi al diavolo che gli suggeriva di precipitarsi dal tempio, egli rispose: Va' via, satana: perché sta scritto: Non tentare il Signore Dio tuo (Matt 4:10). A Pietro poi disse, indicando con qual morte avrebbe glorificato Dio: Quando eri più giovane, ti cingevi da te, e andavi dove volevi; ma quando sarai vecchio, ti cingerà un altro, e ti menerà dove tu non vorresti (Joann 21:19). Con ciò espresse abbastanza, che chi segue le vestigia di Cristo, non deve darsi la morte da sé, ma riceverla da un altro.

OFFERTORIUM
Ps 8:6-7. Glória et honore coronásti eum: et constituísti eum super ópera mánuum tuárum, Dómine.

Ps 8:6-7. Lo hai coronato di gloria e di onore: e lo hai costituito sopra le opere delle tue mani, o Signore.

SECRETA
Hóstias tibi, Dómine, beáti Ignátii Martyris tui atque Pontíficis dicatas méritis, benígnus assúme: et ad perpétuum nobis tríbue proveníre subsídium. Per Dominum nostrum Jesum Christum, Filium tuum, qui tecum vivit et regnat in unitate Spiritus Sancti Deus, per omnia saecula saeculorum. Amen.

Accetta, o Signore, per la tua bontà queste offerte, che ti presentiamo in onore dei meriti del beato Ignazio martire tuo e vescovo; e fa' che esse ci meritino una continua protezione. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, in unità con lo Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. Amen.

PRAEFATIO COMMUNIS
Vere dignum et justum est, aequum et salutáre, nos tibi semper et ubíque grátias agere: Dómine sancte, Pater omnípotens, aetérne Deus: per Christum, Dóminum nostrum. Per quem majestátem tuam laudant Angeli, adórant Dominatiónes, tremunt Potestátes. Coeli coelorúmque Virtútes ac beáta Séraphim sócia exsultatióne concélebrant. Cum quibus et nostras voces ut admitti jubeas, deprecámur, súpplici confessione dicéntes: Sanctus, Sanctus, Sanctus Dóminus, Deus Sábaoth. Pleni sunt coeli et terra glória tua. Hosánna in excélsis. Benedíctus, qui venit in nómine Dómini. Hosánna in excélsis.

È veramente cosa buona e giusta, nostro dovere e fonte di salvezza, rendere grazie sempre e dovunque a Te, Signore, Padre santo, Dio onnipotente ed eterno, per Cristo nostro Signore. Per mezzo di lui gli Angeli lodano la tua gloria, le Dominazioni Ti adorano, le Potenze Ti venerano con tremore. A Te inneggiano i Cieli, gli Spiriti celesti e i Serafini, uniti in eterna esultanza. Al loro canto concedi, o Signore, che si uniscano le nostre umili voci nell'inno di lode: Santo, Santo, Santo il Signore Dio degli eserciti. I cieli e la terra sono pieni della tua gloria. Osanna nell'alto dei cieli. Benedetto colui che viene nel nome del Signore. Osanna nell'alto dei cieli.

COMMUNIO
Fruméntum Christi sum: déntibus bestiárum molar, ut panis mundus invéniar.

Sono frumento di Cristo: che io sia maciullato dalle zanne delle belve, affinché diventi un pane mondo.

POSTCOMMUNIO
Orémus.
Refécti participatióne múneris sacri, quaesumus, Dómine, Deus noster: ut, cujus exséquimur cultum, intercedénte beáto Ignátio Mártyre tuo atque Pontífice, sentiámus efféctum. Per Dominum nostrum Jesum Christum, Filium tuum, qui tecum vivit et regnat in unitate Spiritus Sancti Deus, per omnia saecula saeculorum. Amen.

Preghiamo.
Ristorati dalla partecipazione a questo sacramento, ti preghiamo, o Signore nostro Dio, affinché per l'intercessione del beato Ignazio martire tuo e vescovo, sentiamo l'effetto duraturo del sacrificio celebrato. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, in unità con lo Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. Amen.

giovedì 31 gennaio 2019

San Giovanni Bosco, Confessore

Doppio.
Paramenti bianchi.

Mario Caffaro Rore, Ritratto di Don Bosco, Torino, 1941.
Giovanni Melchiorre Bosco nacque il 16 agosto 1815 in una modesta cascina nella frazione collinare “I Becchi” di Castelnuovo d'Asti (ora Castelnuovo Don Bosco): era figlio degli umili contadini Francesco Bosco e Margherita Occhiena. Perso il padre a causa di una polmonite che lo condusse alla morte (12 maggio 1817) ed educato dalla madre, mostrò meraviglie di sé fin dalla prima età. Infatti di indole mite ed incline alla pietà, si comportava con singolare autorità tra i suoi pari, dei quali cominciò a dividere le risse, comporre le facili risa, fermare in tempo le parole turpi e gli scherzi lascivi. Allora si diede da fare per chiamarli a sé con parole gioiose, per inserire preghiere nei giochi, per riferire con stupenda abbondanza e dolcezza i discorsi sacri che aveva udito in chiesa, per portare i fanciulli a ricevere convenientemente quanto prima e quanto più frequentemente i sacramenti della Penitenza e della Eucaristia. Anche la bellezza modesta del volto, la dolcezza dei costumi e il candore di una vita innocentissima attraevano a lui gli animi di tutti. Benché, oppresso dalla povertà della famiglia, avesse speso l'adolescenza piena di travagli e fatiche, in ciò solo gioioso e fiducioso in Dio desiderò di essere investito del sacerdozio.
Finalmente esaudito nei desideri, entrò nel seminario della città di Chieri (30 ottobre 1835), ove più alacremente, sotto il maestro don Giuseppe Cafasso, sia avanzò nella scienza dei santi sia si dedicò allo studio della sacra dottrina dei costumi. Il 29 marzo 1841 ricevette l'ordine del diaconato, il 26 maggio incominciò gli esercizi spirituali di preparazione al sacerdozio che ricevette il 5 giugno 1841 nella Cappella dell'Arcivescovado di Torino (Chiesa dell'Immacolata Concezione). Ma lì da una parte incitato dall'inclinazione della volontà, dall'altra da un istinto superiore, il novello sacerdote don Giovanni Bosco convertì il suo animo ai giovanissimi, per trasmetter loro le fondamenta della sapienza cristiana. Siccome che il loro numero cresceva di giorno in giorno, non senza ispirazione celeste, e superate aspre e lunghe difficoltà, collocò una sede stabile e duratura per radunarli in quella parte della città che è nota come Valdocco, e si dedicò totalmente a quella cosa.
Poco dopo invero, con l'aiuto della Beata Vergine Maria e Madre di Dio, che a lui da bambino nei sogni faceva intravedere il futuro, don Giovanni Bosco decretò di fondare la Società dei Salesiani (1854), il cui compito doveva essere sopratutto guadagnare per Cristo le anime dei giovani. Allo stesso modo si incaricò di costituire una nuova famiglia di sacre vergini, cioè le Figlie di Maria Ausiliatrice (1872), che preso appunto il nome dalla Madre di Dio Ausiliatrice dirigessero le giovanissime nelle vie del Signore. Infine, a queste due fondazioni aggiunse un pio gruppo di ausiliari per favorire le opere dei Salesiani con l'impegno e la preghiera. Pertanto in breve accadde che conferisse grandissima utilità sia alla società cristiana sia a quella civile.
Infiammato infatti di zelo per le anime, non risparmiò nessun lavoro e nessuna spesa, per far scaturire, in lungo ed in largo per il mondo, luoghi di ricreazione dei giorni di festa per i giovanissimi, ospizi per gli orfani, scuole per i giovani operai, luoghi per allevare ed educare i bambini e chiese. Parimenti non cessò di tutelare la fede nei luoghi subalpini con la parola e l'esempio, di dedicarsi alla scrittura, all'edizione e alla divulgazione di ottimi libri per tutta l'Italia, e, più spesso mandandoli alle genti infedeli, di propagare gli annunci del Vangelo. Semplice e retto uomo di Dio, pronto ad ogni opera buona, fiorì di ogni tipo di virtù, che nutriva un ardore di carità accesissimo. Con la mente sempre rivolta a Dio e pieno di carismi superiori, il santissimo uomo non sembrava né farsi spaventare dalle minacce, né farsi stancare dalle fatiche, né farsi schiacciare dalle preoccupazioni, né turbarsi nelle avversità. Raccomandò ai suoi soprattutto tre opere di pietà: che frequentassero il più possibile la sacra Confessione e la santa Comunione, che fossero devoti con grandissimo amore a Maria Ausiliatrice, che fossero ossequiosi al Sommo Pontefice come figli devotissimi. E non va trascurato di dire che in circostanze difficilissime, più di una volta fu accanto al Romano Pontefice, per temperare i mali derivati dalle leggi create in quel tempo contro la Chiesa.
Completò il corso della vita, colmo di tali e tante opere e fatiche, a Torino, il 31 gennaio nell'anno della salute 1888, a 73 anni. Illustre per molti miracoli, il Pontefice massimo Pio XI lo inseriva nell'ordine dei Beati, il 2 giugno 1929; cinque anni dopo, nella solennità della Santa Pasqua (1° aprile 1934), nel diciannovesimo secolo dal completamento della Redenzione del genere umano, mentre i popoli confluivano a Roma da tutto il mondo, lo inseriva negli ordini dei Santi.

IL SOGNO DELLE DUE COLONNE IN MEZZO AL MARE
Don Bosco il 26 maggio (1862) aveva promesso ai giovani di raccontar loro qualche bella cosa nell'ultimo o nel penultimo giorno del mese. Il 30 maggio dunque raccontò alla sera una parabola o similitudine come egli volle appellarla.

«Vi voglio raccontare un sogno. È vero che chi sogna non ragiona, tuttavia io, che a voi racconterei persino i miei peccati, se non avessi paura di farvi scappar tutti e far cadere la casa, ve lo racconto per vostra utilità spirituale. Il sogno l'ho fatto solo alcuni giorni fa.
Sogno delle due colonne, Basilica-Santuario Maria Ausiliatrice,
rione Valdocco, Torino (Piemonte), XIX sec.
Figuratevi di essere con me sulla spiaggia del mare, o meglio, sopra uno scoglio isolato e di non vedere altro spazio di terra, se non quello che vi sta sotto i piedi. In tutta quella vasta superficie delle acque si vede una moltitudine innumerevole di navi ordinate a battaglia, le prore delle quali sono terminate da un rostro di ferro acuto a mo' di strale, che ove è spinto ferisce e trapassa ogni cosa. Queste navi sono armate di cannoni, cariche di fucili, di altre armi di ogni genere, di materie incendiarie, e anche di libri, e si avanzano contro una nave molto più grossa e più alta di tutte loro, tentando di urtarla col rostro, di incendiarla o altrimenti di farle ogni guasto possibile.
A quella maestosa nave arredata di tutto punto, fanno scorta molte navicelle, che da lei ricevono i segnali di comando ed eseguiscono evoluzioni per difendersi dalle flotte avversarie. Il vento è loro contrario e il mare agitato sembra favorire i nemici.
In mezzo all'immensa distesa del mare si elevano dalle onde due robuste colonne, altissime, poco distanti l'una dall'altra. Sovra di una vi è la statua della Vergine Immacolata, a' cui piedi pende un largo cartello con questa iscrizione: - Auxilium Christianorum; - sull'altra, che è molto più alta e grossa, sta un'Ostia di grandezza proporzionata alla colonna e sotto un altro cartello colle parole: Salus credentium. Il comandante supremo sulla gran nave, che è il Romano Pontefice, vedendo il furore dei nemici e il mal partito nel quale si trovano i suoi fedeli, pensa di convocare intorno a sé i piloti delle navi secondarie per tener consiglio e decidere sul da farsi. Tutti i piloti salgono e si adunano intorno al Papa. Tengono consesso, ma infuriando il vento sempre più e la tempesta, sono rimandati a governare le proprie navi. Fattasi un po' di bonaccia, il Papa raduna per la seconda volta intorno a sé i piloti, mentre la nave capitana segue il suo corso. Ma la burrasca ritorna spaventosa.
Il Papa sta al timone e tutti i suoi sforzi sono diretti a portar la nave in mezzo a quelle due colonne, dalla sommità delle quali tutto intorno pendono molte ancore e grossi ganci attaccati a catene. Le navi nemiche si muovono tutte ad assalirla e tentano ogni modo per arrestarla e farla sommergere. Le une cogli scritti, coi libri, con materie incendiarie di cui sono ripiene e che cercano di gettarle a bordo; le altre coi cannoni, coi fucili e coi rostri: il combattimento si fa sempre più accanito. Le prore nemiche l'urtano violentemente, ma inutili riescono i loro sforzi e il loro impeto. Invano ritentano la prova e sciupano ogni loro fatica e munizione: la gran nave procede sicura e franca nel suo cammino. Avviene talvolta che, percossa da formidabili colpi, riporta ne' suoi fianchi larga e profonda fessura, ma non appena è fatto il guasto spira un soffio dalle due colonne e le falle si richiudono e i fori si otturano.
E scoppiano intanto i cannoni degli assalitori, si spezzano i fucili, ogni altra arma ed i rostri; si sconquassan molte navi e si sprofondano nel mare. Allora i nemici furibondi prendono a combattere ad armi corte; e colle mani, coi pugni, colle bestemmie e colle maledizioni.
Quand'ecco che il Papa, colpito gravemente, cade. Subito coloro, che stanno insieme con lui, corrono ad aiutarlo e lo rialzano. Il Papa è colpito la seconda volta, cade di nuovo e muore. Un grido di vittoria e di gioia risuona tra i nemici; sulle loro navi si scorge un indicibile tripudio. Sennonché appena morto il Pontefice un altro Papa sottentra al suo posto. I Piloti radunati lo hanno eletto così subitamente, che la notizia della morte del Papa giunge colla notizia dell'elezione del successore. Gli avversari incominciano a perdersi di coraggio. Il nuovo Papa sbaragliando e superando ogni ostacolo, guida la nave sino alle due colonne e giunto in mezzo ad esse, la lega con una catenella che pendeva dalla prora ad un'ancora della colonna su cui stava l'Ostia; e con un'altra catenella che pendeva a poppa la lega dalla parte opposta ad un'altra ancora appesa alla colonna su cui è collocata la Vergine Immacolata.
Allora succede un gran rivolgimento. Tutte le navi che fino a quel punto avevano combattuto quella su cui sedeva il Papa, fuggono, si disperdono, si urtano e si fracassano a vicenda. Le une si affondano e cercano di affondare le altre. Alcune navicelle che hanno combattuto valorosamente col Papa vengono per le prime a legarsi a quelle colonne.
Molte altre navi che, ritiratesi per timore della battaglia si trovano in gran lontananza, stanno prudentemente osservando, finché dileguati nei gorghi del mare i rottami di tutte le navi disfatte, a gran lena vogano alla volta di quelle due colonne, ove arrivate si attaccano ai ganci pendenti dalle medesime, ed ivi rimangono tranquille e sicure, insieme colla nave principale su cui sta il Papa. Nel mare regna una gran calma».

Don Bosco a questo punto interrogò Don Rua: - Che cosa pensi tu di questo racconto?
Don Rua rispose: - Mi pare che la nave del Papa sia la Chiesa, di cui esso è il Capo: le navi gli uomini, il mare questo mondo. Quei che difendono la grossa nave sono i buoni affezionati alla santa Sede, gli altri i suoi nemici, che con ogni sorta di armi tentano di annientarla. Le due colonne di salute mi sembra che siano la divozione a Maria SS. ed al SS. Sacramento dell'Eucarestia.
Don Rua non parlò del Papa caduto e morto e Don Bosco tacque pure su di ciò. Solo soggiunse: - Dicesti bene. Bisogna soltanto correggere un'espressione. Le navi dei nemici sono le persecuzioni. Si preparano gravissimi travagli per la Chiesa. Quello che finora fu, è quasi nulla a petto di ciò che deve accadere. I suoi nemici sono raffigurati nelle navi che tentano di affondare, se loro riuscisse, la nave principale. Due soli mezzi restano per salvarsi fra tanto scompiglio! - Divozione a Maria SS. - Frequenza alla Comunione, adoperando ogni modo e facendo del nostro meglio per praticarli e farli praticare dovunque e da tutti. Buona notte!

Le congetture che fecero i giovani intorno a questo sogno furono moltissime, specialmente riguardo al Papa; ma Don Bosco non aggiunse altre spiegazioni.
Intanto i chierici Boggero, Ruffino, Merlone e il signor Chiala Cesare descrissero questo sogno e ci rimangono i loro manoscritti. Due furono compilati il giorno dopo la narrazione di Don Bosco, e gli altri due trascorso maggior tempo: ma vanno perfettamente d'accordo e variano solamente per qualche circostanza, che l'uno omette e l'altro nota.
(Memorie biografiche di San Giovanni Bosco, Vol. VII, Capitolo 18, pp. 169-172)




Il testo biblico dell'Introitus, che si riferisce al re Salomone, è qui applicato al Santo che oggi celebriamo. Nel medesimo testo la vastità del cuore significa la vastità d'intelligenza.

INTROITUS
3Reg 4:29. Dedit illi Deus sapiéntiam, et prudéntiam multam nimis, et latitúdinem cordis, quasi arénam quae est in líttore maris. Ps 112:1. Laudáte, pueri, Dóminum, laudáte nomen Dómini. ℣. Glória Patri, et Fílio, et Spirítui Sancto. ℞. Sicut erat in princípio, et nunc, et semper, et in saecula saeculórum. Amen. Dedit illi Deus sapiéntiam, et prudéntiam multam nimis, et latitúdinem cordis, quasi arénam quae est in líttore maris.

3Reg 4:29. Dio gli diede sapienza, grandissima prudenza ed un cuore vasto come la spiaggia del mare. Ps 112:1. Lodate, o servi di Dio, il Signore; benedite il suo nome. ℣. Gloria al Padre e al Figlio e allo Spirito Santo. ℞. Come era nel principio e ora e sempre nei secoli dei secoli. Amen. Dio gli diede sapienza, grandissima prudenza ed un cuore vasto come la spiaggia del mare.

Gloria

ORATIO
Orémus.
Deus, qui sanctum Joánnem Confessórem tuum adolescentium patrem et magístrum excitásti, ac per eum, auxiliatríce Vírgine María, novas in Ecclésia tua famílias floréscere voluísti: concéde, quaesumus; ut eódem caritátis igne succénsi, ánimas quaerere, tibíque soli servíre valeámus. Per Dominum nostrum Jesum Christum, Filium tuum, qui tecum vivit et regnat in unitate Spiritus Sancti Deus, per omnia saecula saeculorum. Amen.

Preghiamo.
O Dio, che in san Giovanni, tuo confessore, hai suscitato un padre e un maestro dei giovani, e per mezzo di lui, ausiliatrice la Vergine Maria, hai fatto fiorire nella tua Chiesa nuove famiglie religiose: fa', te ne preghiamo, che con lo stesso spirito di carità zeliamo la salvezza delle anime e a te solo serviamo. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, in unità con lo Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. Amen.

LECTIO
Léctio Epístolae Beáti Pauli Apóstoli ad Philippénses.
Philipp 4:4-9.
Fratres: Gaudéte in Dómino semper: íterum dico, gaudéte. Modéstia vestra nota sit ómnibus homínibus: Dóminus prope est. Nihil sollíciti sitis; sed in omni oratióne et obsecratióne, cum gratiárum actióne, petitiónes vestrae innotéscant apud Deum. Et pax Dei quae exsúperat omnem sensum, custódiat corda vestra et intelligéntias vestras, in Christo Jesu. De cétero, fratres, quaecúmque sunt vera, quaecúmque púdica, quaecúmque justa, quaecúmque sancta, quaecúmque amabília, quaecúmque bonae famae, si qua virtus, si qua laus disciplínae, haec cogitáte. Quae et didicístis, et accepístis, et audístis, et vidístis in me, haec agite: et Deus pacis erit vobíscum.

Lettura dell'Epistola del Beato Paolo Apostolo ai Filippesi.
Philipp 4:4-9.
Fratelli, rallegratevi sempre nel Signore; lo ripeto, rallegratevi. La vostra dolcezza sia nota a tutti: il Signore è vicino. Non vi affannate per niente, ma in ogni cosa manifestate a Dio i vostri bisogni con preghiere e suppliche, unite a rendimento di grazie. E la pace di Dio, che sorpassa ogni immaginazione, custodisca i vostri cuori e le vostre menti in Cristo Gesù. Del resto, o fratelli, tutto quello che è vero, che è puro, che è giusto, che è santo, che è amabile, tutto quello che dà buona fama, che è virtuoso, che è degno di lode, sia oggetto dei vostri pensieri. Quello che da me avete imparato e ricevuto e udito, e in me avete veduto, fatelo. Allora il Dio della pace sarà con voi.

GRADUALE
Ps 36:3-5. Spera in Dómino, et fac bonitátem, et inhábita terram, et pascéris in divítiis ejus. ℣. Delectáre in Dómino, et dabit tibi petitiónes cordis tui; revéla Dómino viam tuam et spera in eum, et ipse fáciet.

Ps 36:3-5. Spera in Dio e pratica il bene, dimora nella terra e cibati delle sue ricchezze. ℣. Deliziati nel Signore, ed Egli ti darà quanto brami; raccomanda a Dio il tuo procedere; affidati a Lui ed Egli agirà.

ALLELUJA
Alleluija, alleluja. Ps 73:21. ℣. Pauper et inops laudabunt nomen tuum. Alleluja.

Alleluia, alleluia. Ps 73:21. ℣. Il povero e il bisognoso loderanno il tuo nome. Alleluia.

Dopo Settuagesima, omessi l'Alleluia e il suo Versetto, si dice:

TRACTUS
Ps 60:4-6. Factus es spes mea, Dómine: turris fortitúdinis a fácie inimíci. ℣. Inhabitábo in tabernáculo tuo in saecula: prótegar in velaménto alárum tuárum. ℣. Quóniam tu, Deus, exaudísti oratiónem meam: dedísti hereditátem timéntibus nomen tuum.

Ps 60:4-6. Mia speranza sei stato, o Signore: torre fortissima davanti all'avversario. ℣. Per i secoli abiterò, o Dio, nella tua tenda: troverò riparo all'ombra delle tue ali. ℣. Poiché tu, o Dio, hai esaudito la mia preghiera: a coloro che temono il tuo nome hai concesso un'eredità.

EVANGELIUM
Sequéntia sancti Evangélii secúndum Matthaeum.
Matt 18:1-5.
In illo témpore: Accessérunt discípuli ad Jesum dicéntes: Quis, putas, major est in regno coelórum? Et advocans Jesus párvulum, státuit eum in médio eórum, et dixit: Amen dico vobis, nisi convérsi fuéritis, et efficiámini sicut párvuli, non intrábitis in regnum coelórum. Quicúmque ergo humiliáverit se sicut párvulus iste, hic est major in regno coelórum. Et qui suscéperit unum párvulum talem in nómine meo, me súscipit.

Seguito del santo Vangelo secondo Matteo.
Matt 18:1-5.
In quel tempo, i discepoli si avvicinarono a Gesù e gli chiesero: Chi è dunque il più grande nel regno dei cieli? E Gesù, chiamato a sé un fanciullo, lo pose in mezzo a loro e disse: In verità vi dico: se non vi convertirete e non diventerete come fanciulli, non entrerete nel regno dei cieli. Chi dunque si farà piccolo come questo fanciullo, costui è il più grande nel regno dei cieli. E chi accoglierà nel mio nome un fanciullo come questo, accoglie me.

Omelia di San Giovanni Crisostomo.
Omelia 60 sul cap. 18 di Matteo.
Vedi in quanti modi ci induce il Signore alla cura altresì dei fratelli minori? Pertanto non dirai: quello è un fabbro, o un calzolaio, un agricoltore, un ignorante, tanto da disprezzarlo. Infatti, affinché tu non cada in tale esempio di male, valuta attentamente in quanti modi ti induce, perché tu ti comporti modestamente e abbia cura di loro. Mise un fanciullo in mezzo e disse: Diventate come fanciulli; e: Chiunque avrà accolto un tale piccolo, accoglie me; e: Chi lo avrà scandalizzato, patirà massime pene. Se dunque Dio tanto gode del piccolo che è stato trovato, perché tu disprezzi quelli che Dio cura con tanta sollecitudine, mentre bisognerebbe dare la propria anima per uno di questi piccoli? Anzi tanta è la cura che Dio ha dell'anima, da non risparmiare nemmeno suo Figlio. Perciò, vi prego, che dal primo mattino quando usciremo di casa, abbiamo questo solo scopo e questa sollecitudine prima di tutto, che salviamo chi sta per cadere. Non parlo qui del pericolo visibile: infatti, questo non è nemmeno un pericolo; ma del pericolo dell'anima, che il diavolo prepara per gli uomini.
Il vizioso, mi dici, si tollera a fatica. E dunque devi congiungerti con l'amore a lui, per toglierlo dal vizio, per convertirlo e condurlo alla virtù. Ma non dà ascolto, dici, né accetta consigli. Ma da dove lo sai? L'hai esortato e ti sei dato da fare per correggerlo? L'ho spesso esortato, dirai. Quante volte? Più spesso: una volta e di nuovo. E ciò chiami più spesso? Anche se l'avessi fatto per tutta la vita, non bisognava né smettere né disperare. Non vedi in qual modo Dio ci esorta sempre tramite i Profeti, gli Apostoli, gli Evangelisti? E allora? Forse che adesso facciamo tutto bene? Forse siamo perfetti in tutto? Niente affatto. Forse allora che ha smesso di ammonirci?
Nulla certo è tanto prezioso quanto l'anima: cosa infatti giova all'uomo, se avrà guadagnato il mondo intero, ma avrà subito danno invero alla sua anima? Davvero l'amore delle ricchezze perverte e distrugge ogni cosa, e toglie il timore di Dio, occupando le anime come un tiranno la rocca. Pertanto trascuriamo la salvezza nostra e dei nostri figli. Da questo una grande stupidità; da questo i figli diventano più vili dei servi. E perché parlo dei servi? Se uno ha un mulo, ha molta cura di fornirsi di un ottimo cocchiere, non vizioso, non dedito ai furti e al bere, non ignorante del suo mestiere; ma se sia il caso di dare un precettore a un figlio, scegliamo il primo che capita a caso e senza discernimento, benché di questa arte non ce ne sia una maggiore. Cosa è pari a quell'arte che si dedica a dirigere l'anima e a formare la mente e l'indole del giovane? Chi è fornito di tale facoltà, è bene che mostri più diligenza, che un qualsiasi pittore o scultore.

OFFERTORIUM
Ps 33:12. Veníte, fílii, audíte me: timórem Dómini docébo vos.

Ps 33:12. Venite, figliuoli, ascoltatemi: vi insegnerò il timor di Dio.

SECRETA
Súscipe, Dómine, oblatiónem mundam salutáris Hóstiae, et praesta: ut, te in ómnibus et super ómnia diligéntes, in glóriae tuae laudem vívere mereámur. Per Dominum nostrum Jesum Christum, Filium tuum, qui tecum vivit et regnat in unitate Spiritus Sancti Deus, per omnia saecula saeculorum. Amen.

Accetta, o Signore, questa offerta pura, che sarà Ostia salutare; e concedici che, amandoti in tutto e sopra tutto, viviamo a lode della tua gloria. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, in unità con lo Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. Amen.

PRAEFATIO COMMUNIS
Vere dignum et justum est, aequum et salutáre, nos tibi semper et ubíque grátias agere: Dómine sancte, Pater omnípotens, aetérne Deus: per Christum, Dóminum nostrum. Per quem majestátem tuam laudant Angeli, adórant Dominatiónes, tremunt Potestátes. Coeli coelorúmque Virtútes ac beáta Séraphim sócia exsultatióne concélebrant. Cum quibus et nostras voces ut admitti jubeas, deprecámur, súpplici confessione dicéntes: Sanctus, Sanctus, Sanctus Dóminus, Deus Sábaoth. Pleni sunt coeli et terra glória tua. Hosánna in excélsis. Benedíctus, qui venit in nómine Dómini. Hosánna in excélsis.

È veramente cosa buona e giusta, nostro dovere e fonte di salvezza, rendere grazie sempre e dovunque a Te, Signore, Padre santo, Dio onnipotente ed eterno, per Cristo nostro Signore. Per mezzo di lui gli Angeli lodano la tua gloria, le Dominazioni Ti adorano, le Potenze Ti venerano con tremore. A Te inneggiano i Cieli, gli Spiriti celesti e i Serafini, uniti in eterna esultanza. Al loro canto concedi, o Signore, che si uniscano le nostre umili voci nell'inno di lode: Santo, Santo, Santo il Signore Dio degli eserciti. I cieli e la terra sono pieni della tua gloria. Osanna nell'alto dei cieli. Benedetto colui che viene nel nome del Signore. Osanna nell'alto dei cieli.

COMMUNIO
Rom 4:18. Contra spem in spem crédidit, ut fíeret pater multárum géntium, secúndum quod dictum est ei.

Rom 4:18. Ebbe fede, sperando contro ogni speranza; perciò divenne padre di molte genti, secondo la promessa avuta.

POSTCOMMUNIO
Orémus.
Córporis et Sánguinis tui, Dómine, mystério satiátis, concéde, quaesumus; ut, intercedénte sancto Joánne Confessóre tuo, in gratiárum semper actióne maneámus: Qui vivis et regnas cum Deo Patre, in unitate Spiritus Sancti, Deus, per omnia saecula saeculorum. Amen.

Preghiamo.
Nutriti del tuo Corpo e del tuo Sangue, ti preghiamo, o Signore, che per intercessione di san Giovanni, confessore tuo, possiamo vivere in un atto di perpetuo ringraziamento: Tu che sei Dio, e vivi e regni con Dio Padre in unità con lo Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. Amen.